Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

lunedì 25 marzo 2013

Che tormento sti occhiali...

Quando molti anni fa feci il concorso per entrare come sott’ufficiale nell’Arma dei Carabinieri, ero sicuro di me, fiero della mia giovinezza e della mia prestanza atletica. Da ragazzo ero stato un buon centometrista e lo sviluppo fisico piuttosto precoce mi aveva regalato la stima e l’invidia dei miei coetanei. Ricordo che una volta il mio professore di educazione fisica mi disse: “Se continui così, da grande sarai un toro”. Poi però, come spesso accade, le promesse non furono del tutto mantenute. Purtroppo. Se non fossi il cartesiano puro che sono, potrei dare la colpa a quelle parole avventate. Poco male però: l’importante è accontentarsi. E se l’accontentarsi è poca cosa, allora basta voltarsi e guardare quanti sono alle nostre spalle, quanti sono dietro di noi, in condizioni ben peggiori. L’arma tuttavia è pericolosamente infida. La consiglio esclusivamente a chi pensa di trovare effettivamente qualcuno nell’atto di voltarsi. In caso contrario, guardate ben davanti a voi e datevi all’immaginazione. E così quel giorno, dopo aver superato brillantemente le prove scritte, fui convocato per le visite mediche. E fu allora che mi venne riscontrato un leggero difetto di miopia. Poca cosa allora, eppure sufficiente a farmi dichiarare non idoneo. Fu una delle delusioni più grandi della mia vita e mi ci vollero molti mesi per superarla. È da allora che ho cominciato a portare gli occhiali. A dire la verità solo per guidare e per guardare la televisione. L’oculista mi aveva consigliato di tenerli su sempre, ma io mi sono sempre rifiutato. Un po’ perché, come si sa, “gli occhiali invecchiano”; un po’ perché li ho sempre vissuti come un handicap fisico, come una dimostrazione di debolezza. Lo so, è un ragionamento stupido, ma non è che per forza dobbiamo essere sempre razionali.
Ci sono persone invece che adorano portare gli occhiali, amano quell’aspetto da intellettuali illuminati di sinistra che le lenti conferiscono. Fa niente che poi bestemmiano come carrettieri. Per me invece è stata una tortura fin dall’inizio. Il primo paio me lo persi dopo una settimana. Il secondo finì tragicamente schiacciato dalle ruote della mia automobile. Il terzo cadde giù da una scarpata di montagna durante un’escursione. Il mio ottico in quel periodo fece affari d’oro e quando mi vide per l’ennesima volta varcare la soglia del suo negozio, mi fece un grosso complimento: “Se avessi tutti clienti come te, tempo due anni e mi ritirerei dagli affari…!”.
Gli occhiali da sempre sono stati associati all’idea dello studio, della cultura, della sapienza. Il “quattrocchi” a scuola era il secchione, il primo della classe, colui che, a fronte della sopportazione di quella tortura, godeva della nomea di genio. Non sempre, ovviamente. E infatti ricordo che tra i banchi vi era assai di frequente qualche occhialuto piuttosto scarso. Andrea Lolaico, per esempio, nonostante portasse due portentosi culi di bottiglia da miope sul naso, era di un’ignoranza mostruosa. E sono certo che non avesse mai aperto un libro in vita sua. E quindi centrava assai poco quel difetto visivo con l’affaticamento della vista da studio. Recentemente uno studio condotto su oltre 45 mila abitanti di Europa e Asia, e pubblicato sulla rivista Nature genetics, ha dimostrato che la miopia, sebbene influenzata dagli stili di vita (aumento di tempo trascorso dai bambini in spazi chiusi, studiando, giocando al pc o guardando la tv), ha anche una forte componente genetica. La patologia, che colpisce circa una persona su tre nel mondo occidentale e fino all’80 per cento in Asia, sarebbe legata dunque alla presenza di 26 particolari geni, responsabili della supercrescita del bulbo oculare, origine della miopia. In altre parole, chi è predisposto geneticamente alla miopia, potrebbe anche fare l’eremita su una montagna, potrebbe anche non leggere mai un solo rigo o guardare un film alla televisione, prima o poi comincerà a vederci male da lontano. Non c’è scampo. Quando molti anni fa, venne fuori la notizia che in Russia risolvevano la miopia con il laser, cominciai a sperare che prima o poi tale tecnica arrivasse anche in Italia. E infatti col tempo anche da noi cominciarono ad aprire centri oculistici di questo genere. M’informai immediatamente, ma fui subito bloccato dalla lettura di alcuni particolari operatori: “Assottigliamento della superficie della cornea per modificare la forma e lo spessore della lente corneale; un laser taglia un piccolo lembo di cornea creando una finestra al di sotto della quale l’oculista lavora per correggere il difetto”. Mi prese il panico e lasciai perdere. Poi un giorno un amico mi disse: “Ma scusa, perché non provi le lenti a contatto”. Già, le lenti a contatto, perché non c’avevo pensato prima? Tornai da quel farabutto del mio ottico e gli dissi che intendevo acquistare immediatamente due belle lenti a contatto. Questi mi fece capire che erano necessarie alcune prove e che non tutti erano predisposti per quel genere di lente. E così mi portò nel retrobottega per un primo tentativo. Osservando la facilità con la quale il mio amico metteva e toglieva le lenti, pensai che fosse una sciocchezza. E invece, già appena vidi l’ottico avvicinare le sue dita grassocce al mio occhio, cominciai a sudare come un maratoneta. “Stai fermo - diceva il poveretto - basta un secondo e te le metto su”. Ma le palpebre non ne volevano sapere, continuavano a sbattere furiosamente. Provai da me, ma non ottenni grossi risultati. Sentire un corpo estraneo a contatto con la superficie dell’occhio mi dava una sensazione terribilmente sgradevole angosciante. Ad un tratto l’ottico provò a forzare la cosa: non fu una grande idea. Mi alzai di scatto dalla sedia e, afferrandolo per il bavero, lo attaccai al muro. Ero sul punto di gonfiarlo di botte, ma mi trattenni. Da allora decisi di tenermi la mia stramaledetta miopia. Ora però salta fuori l’ennesima notizia sul laser per la correzione dei difetti visivi. Pare che sia in funzione presso il Centro oculistico dell’Istituto clinico Humanitas. Paolo Vinciguerra, a guida dell’équipe di ricerca, ha spiegato: “Con le tecniche laser utilizzate finora la superficie della cornea veniva scolpita e ne usciva sì modificata, ma stravolta. Oggi, la luce laser tamburella sulla cornea, modificandola con precisione sub-micrometrica e lasciandola identica a una forma fisiologica. Così si risparmia tessuto corneale e l’intervento dura meno di 60 secondi”.
Bah, chissà che non sia la volta buona.

http://www.tgcom24.mediaset.it/salute/articoli/1087627/super-laser-salva-la-vista-in-un-minuto.shtml
http://www.tgcom24.mediaset.it/salute/articoli/1081448/scoperti-26-geni-che-causano-la-miopia.shtml

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