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Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

mercoledì 24 luglio 2013

Il decalogo della distrazione di massa

Nel panorama dell’informazione globale spesso passano notizie talmente insulse che per forza di cose ci si lascia andare a commenti tutt’altro che oxfordiani: “I principini mostrano felici il futuro erede al trono”. Commento: e chi se ne fotte…! “Antonella Bricoli ha dato alle stampe il suo ultimo libro di ricette: sarà di certo il successo editoriale dell’anno”. Commento: ma sti cazzi…! “Il ritorno delle espadrillas”. Mej cojoni…! “In Germania la spesa è gratis per i clienti nudi”. Cosa non si farebbe per battere la crisi. “Tartaruga alligatore trovata nelle risaie lombarde”. Fantastico: speriamo che il primo ad essere morso sia l’autore dello scoop.
Tutto sommato però qui si tratta di notizie di alleggerimento, ovvero articoli e servizi che solitamente chiudono i telegiornali e che si collocano nella categoria “costume e società”, tanto amata da lettori e spettatori. E fin qui tutto normale, a patto che ciò occupi uno spazio minimo rispetto a tutto il resto dell’offerta informativa. I problemi veri, in realtà sono altri. Una società complessa come la nostra per essere guidata “a dovere” necessita di meccanismi, tattiche e strategie comunicative assai raffinate. Gustave Le Bon, antropologo, psicologo e sociologo francese, sosteneva che: “Nell’anima collettiva, le attitudini intellettuali degli uomini, e di conseguenza le loro individualità, si annullano. L’eterogeneo si dissolve nell’omogeneo e i caratteri inconsci predominano”. Assunto preso alla lettera dai “padroni del vapore” di ogni epoca e latitudine. In effetti governare un popolo strutturato su di un modello unico di pensiero e di sviluppo, uno stile unico di vita (il famigerato “way of life”), una comune appartenenza di culture, costumi, abitudini, tradizioni, è molto più semplice che non tenere sotto controllo una massa di persone libere di abbeverarsi alle fonti che più gradiscono. Non per nulla l’intellettuale non irreggimentato è da sempre il nemico numero uno delle dittature. In altre parole, il tutto sta nell’omologare: poi il resto viene da se. E che ciò avvenga attraverso una subdola manipolazione delle opinioni e delle abitudini delle masse, poco conta: l’importante è che prevalga il bene collettivo. Già, ma chi stabilisce cos’è bene e cos’è male? La crescita economica esponenziale è un bene o un male? I consumi sono un bene in se o sono indispensabili perché altrimenti il sistema produttivo così impostato crollerebbe? Produciamo per consumare, o consumiamo per produrre? Domande che, in un sistema di valori perfettamente chiuso, non troverebbero neanche asilo. Noam Chomsky, filosofo e teorico della comunicazione statunitense, nonché professore emerito di linguistica al MIT (Massachusetts Institute of Technology), servendosi di dieci regole ha spiegato in che maniera i cosiddetti “poteri forti” riescono a manipolare le menti delle masse. Andiamo a dare un’occhiata:
1) Per ottenere un efficace controllo sociale prima di tutto occorre mettere in atto la strategia della distrazione: si allontana il pubblico dai problemi importanti annegando la sua attenzione sotto un’ondata di informazioni inutili. Così facendo è più semplice far passare provvedimenti e decisioni sgradite a tutti tranne che alle elite dominanti.
2) In secondo luogo è assai utile attivare la catena “problema- reazione- soluzione”. Si crea volutamente un problema (sicurezza, epidemie etc…) con lo scopo di provocare una reazione delle masse, tale che la situazione evolva nella maniera desiderata da coloro che tirano le fila. Ad esempio, restringimento delle libertà personali, acquisti esorbitanti di farmaci (con relativi profitti per le lobby…). Alcuni arrivano a sostenere che la crisi economica sia tutta una montatura al fine di far accettare come indispensabili i tagli al welfare.
3) Altra grande trovata è la strategia della gradualità. Se si diluisce nel tempo un provvedimento inaccettabile né ora né mai, è più facile che ci si faccia l’abitudine.
4) Vi è poi la strategia del differimento, ovvero presentare una decisione impopolare come “dolorosa e necessaria”, procrastinandone l’applicazione in futura. Futuro che prima o poi arriverà però. Il cittadino medio spesso a questo non ci pensa. E comunque può sempre sperare che le cose migliorino col tempo.
5) Occorre inoltre rivolgersi al pubblico come se si parlasse a dei bambini. Secondo il principio della suggestionabilità, infatti, se qualcuno si rivolge a noi con atteggiamento infantile, tenderemo a regolarci sulla sua stessa lunghezza d’onda. Facendo crollare il nostro senso critico. Questo è il classico sistema usato in pubblicità.
6) Bisogna poi spingere sull’aspetto emotivo piuttosto che sul ragionamento e la riflessione. Un individuo preda delle emozioni, sarà più facilmente influenzabile. Di solito in politica si usa l’espressione: “Occorre parlare alla pancia del paese”.
7) Per tenere le masse sotto controllo inoltre è necessario far dilagare ignoranza e mediocrità.
8) E come conseguenza è cosa “buona e giusta” stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità, la volgarità, la stupidità, abituarlo al peggio e non al meglio.
9) Rafforzare l’auto-colpevolezza. Più si farà credere alle masse che la triste condizione in cui versano è colpa loro e non di altri, e più si spanderà un clima di rassegnazione sulle fasce sociali. E come conseguenza non vi saranno ribellioni, manifestazioni, né rivendicazioni di alcun genere.
10) L’ultima regola poi, la più bieca di tutte, consiste nel conoscere gli individui meglio e di più di quanto essi stessi si conoscano. E a ciò vengono in aiuto tutti i più avanzati sistemi di monitoraggio di massa sulle mode, sulle tendenze, sui gusti e sulle opinioni. Quando decidiamo che qualcosa ci piace, 99 su 100 è perché qualcuno ha già deciso per noi.
E noi saremmo quelli che vogliono esportare democrazia e libertà in giro per il mondo? Ma fatemi il piacere…!

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