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Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

lunedì 28 gennaio 2013

Ancora sui benefici del matrimonio

A fine novembre avevamo affrontato il tema degli effetti benefici del matrimonio sulla salute (Del come e del perché conviene sposarsi. Forse). Uno studio dell’Università di Cardiff sosteneva che le persone sposate hanno un tasso di mortalità del 10-15 per cento più basso rispetto alla media; altri ricercatori aggiungevano che la vita coniugale, oltre a rendere più gentili e socievoli, allontana la depressione, l’alcolismo, la dipendenza da psicofarmaci; altri ancora affermavano che la presenza del coniuge è garanzia di assiduità nei check-up medici, di uno stile di vita più sano e di attività fisica per tenersi in forma.

Uno spot in piena regola a favore della vita di coppia. Talmente tanta era l’enfasi e la portata di questi risultati che mi era sorto il dubbio che tali ricerche fossero state commissionate direttamente dalla Santa Sede.
Ora un nuovo studio, condotta della Duke University Medical Center in Usa, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Annals of Behavioral Medicine, sostiene che il matrimonio riduce la mortalità negli adulti di mezza età: i single – o coloro che non sono più sposati – hanno un rischio doppio di morire precocemente senza raggiungere la vecchiaia. Non so perché la scienza si occupi così insistentemente di questo argomento, perché tante risorse ed energie vengano impiegate su questa tematica. Oltretutto ricerche che, al contrario di ciò che avviene solitamente nella scienza, si avvalorano le une con le altre. Che discussione ci può mai essere tra studiosi che sono d’accordo tra di loro? Nessuna si direbbe. E invece, a cadenza bimestrale, un nuovo studio conferma vecchie e consolidate teorie, aggiungendo, caso mai, qualche elemento in più, così tanto per avere la parvenza della novità. Alle volte basta alzare una percentuale, o aggiungere un piccolo particolare insignificante, per ottenere la prima pagina dei giornali. Soprattutto se si sparano titoloni accattivanti. La realtà è che dal mare magnum della ricerca saltano fuori quasi ogni giorno notizie di questo genere, a getto continuo. Con quanta valenza scientifica, proprio non saprei. Si dà il caso oltretutto che spesso questi studi sono finanziati da aziende che producono beni e servizi, e che hanno come finalità scopi molto poco filantropici: vendere, proporre modelli che invoglino all’acquisto, plasmare le menti dei consumatori. Il giornale – dietro imbeccata di qualche potente ufficio stampa – scrive del nuovo avveniristico cellulare (o shampoo, o automobile, o pomata per le emorroidi…) di ultima generazione, ne magnifica le qualità, la multimedialità, la connettività, e tutti i lettori si scaraventano nei negozi, facendo spesso file interminabili, fin dalle prime ore della notte. Perché aspettare uno o due giorni non si può: trattasi di vita o di morte, ovviamente. Poi, come per magia, dal giorno successivo sul giornale medesimo, compare una pubblicità a tutta pagina, del suddetto cellulare (o shampoo, o automobile ecc…). Combinazioni, naturalmente.
Ma tornando alla nostra ricerca sul matrimonio, non credo ci voglia una grande capacità scientifica per intuire che la morte di un coniuge, soprattutto se il legame data decenni, possa avere effetti negativi sul superstite. È del tutto naturale direi. Certo ci sono anche quelli che invece stappano una magnum di Moët & Chandon, ci mancherebbe. Ma direi che trattasi di una minoranza infima.
Leggendo questi dati, mi è venuta in mente una vecchia storiella. Tempo fa in Puglia viveva una coppia di anziani coniugi. Sposati giovanissimi, avevano vissuto tutta la vita insieme. Lei godeva di un’ottima salute, mai un colpo di tosse, mai un raffreddore; lui invece era cardiopatico, iperteso, con un principio di diabete e una valanga di pillole colorate da assumere tutti i giorni. Durante una visita medica di routine, un grosso luminare aveva detto a quest’ultimo: «Mi raccomando Lorenzo, nel suo attuale stato, non può permettersi alcun tipo di stress emotivo, nessuno spavento, nessuna afflizione. Glielo dico per il suo bene: ne va non solo della sua salute, ma addirittura della sua vita».
Lorenzo uscì da quella seduta molto turbato e a nulla valsero le rassicuranti e quasi irridenti parole della moglie, tutte tese a sminuire quelle raccomandazioni angoscianti.
E così da quel giorno, Lorenzo, che pure era da sempre un uomo emotivo e sanguigno, cominciò a manifestare un atteggiamento estremamente distaccato nei confronti delle cose della vita. Non trascorsero pochi mesi, tuttavia, che la sua esistenza fu travolta da un evento gravissimo e inaspettato: un infarto fulminante le portò via la donna della sua vita, quella moglie che da sempre era parte di se stesso. Tutti i parenti si precipitarono in soccorso, pronti a dare la loro solidarietà a quest’uomo che immaginavano affranto e distrutto dal dolore. Davanti ai loro occhi, al contrario, trovarono un vedovo sereno, compassato, controllato in ogni gesto o parola, e a tratti quasi seccato da tanto clamore. Mentre la defunta era ancora in casa, i figli e i nipoti sciolti in pianti sfrenati, Lorenzo appariva impassibile, imperturbabile, senza una traccia di emozione sul viso.
Quando giunse il momento si fecero vivi gli affossatori. Tutti i parenti più stretti, intuendo che si avvicinava l’attimo fugace dell’addio, l’ultimo estremo saluto all’amatissima scomparsa, ancor di più levarono urla strazianti e pianti al cielo. Lorenzo invece sempre tetragono. Ed anzi, ad un certo punto chiamò con un cenno imperioso gli affossatori attorno a se, si qualificò come marito della defunta e disse loro con tono fermo e deciso: «Oh, mi raccomando a voi giovanotti…, abbiamo da poco tinteggiato i muri…! Quando portate via la cassa vi prego di fare molta attenzione…».
I quattro si guardarono esterrefatti tra di loro: era la prima volta che udivano una raccomandazione del genere. Ad ogni modo si impegnarono solennemente e cominciarono le operazioni.
Venne chiusa la cassa, tolti i fiori e le corone e fatto spazio per il passaggio del corteo. Tutto intorno si raccolse l’umanità dolente. Gli affossatori, malfermi sotto il peso della cassa, cominciarono a ondeggiare paurosamente lungo il corridoio. Lorenzo seguiva ogni movimento con grande scrupolo. Ad un tratto, in prossimità di un restringimento causato dalla presenza di un comodino, si udì un rumore acuto, come di uno stridio leggerissimo. E sul muro comparve subito un’oscena strisciata scura. «Il muro…, attenti al muro…» fece piano Lorenzo, coperto da pianti e lamenti. Ancora qualche metro e di nuovo una violenta grattata. «Ma insomma…, fate attenzione al muro…» insistette Lorenzo, pacatamente. Altra sbandata e altro sfrego: «Allora, non ci siamo capiti…, vi ho detto di fare piano, porca di quella grandissima putt…» urlacchiò Lorenzo tappandosi la bocca all’ultimo istante. I presenti smisero di piangere e cominciarono a fissarlo con diffidenza. Giunti infine in prossimità della porta d’ingresso, gli affossatori esausti ebbero un'ultima grossa indecisione, le gambe cedettero e la cassa sbandò paurosamente tra lo spavento generale. Si udì nuovamente un rumore stridulo e sulla parete laterale comparve un sfregio imbarazzante di quindici centimetri buoni. «Il murooooo - fece Lorenzo, definitivamente incazzato - mo’ mi sfasciate il muroooo…!».
La donna della sua vita, la madre dei suoi figli se ne andava per sempre ed egli pensava al muro: la scena era talmente tragicomica che a qualcuno scappò da ridere.
Non appena però ebbe terminato lo sfogo, gli sovvennero alla mente le parole del medico: “… non può permettersi alcun tipo di stress emotivo, ne va della sua stessa vita…”. Ripiombò così all’istante nell’atarassia più totale: peggio di un bonzo tibetano completamente fatto di hashish.
Trascorsa non più di una settimana di lutto moderato, la cittadinanza rivide Lorenzo a spasso per il corso principale, quello dello struscio serale. Era vestito di gran gala e lasciava alle sue spalle una scia di Acqua di Colonia chilometrica. Qualcuno sentenziò malignamente che il vecchio fosse di “punta”. E forse effettivamente era così.
Ma d’altra parte, come dargli torto? In fin dei conti, star da soli non conviene: lo dice anche la scienza.

(Foto di Walter Degli Effetti, 2013 Roma)

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