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Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

mercoledì 23 gennaio 2013

L’invidia corre sul web...

Allora, parliamoci chiaro, i social network ormai sono entrati a tutti gli effetti a far parte della nostra vita: poche storie. E non c’è età che tenga. Si parte dall’età neonatale e si arriva all’ultimo stadio della senilità: dalla culla alla tomba. So di vecchie zie, ultranovantenni, che ogni sera scacciano a badilate teneri nipotini pur di sedersi davanti al computer e cominciare ricerche furiose sui loro antichi amori.

Che poi spiace dirlo, ma nella quasi totalità dei casi, tali ricerche danno esito tragicamente negativo, causa decessi risalenti a diversi decenni prima. D'altra parte le statistiche sull'aspettativa di vita uomo-donna parlano chiaro. E così alla donna anziana, per reggere la botta emotiva, non resta che affogare il dispiacere nel Fernet.
Oggi come oggi, se non sei su facebook o su twitter sei tagliato fuori dal mondo, vieni considerato al pari di una specie di animale in via d’estinzione. Nessuno ti dà due centesimi di stima se non hai un account su questi siti. Ci sono delle società di ricerca di personale che prima di prendere in considerazione la tua candidatura, pretendono di visionare il tuo profilo facebook, e se hai meno di duecento “amici”, cioè contatti stabili, sei considerato “non idoneo”.
D’altra parte però, occorre ammettere che questa tecnologia avanzatissima in pochissimi anni ha straordinariamente migliorato il nostro modo di relazionarci, di comunicare. Quando ero piccolo il metodo più efficace di comunicare a distanza tra i ragazzi era l’urlo con mani a megafono: “Simoncinoooo, sbrigati che stiamo facendo le squadre per la partita di calcio”. Era forse più poetico, siamo d’accordo, ma quanto fastidio arrecava a tutto il vicinato (soprattutto alle due del pomeriggio).
Oggi invece, in pochi istanti le notizie fanno il giro del pianeta, e ognuno potenzialmente può far conoscere al mondo intero il suo pensiero. È un po’ il concetto della teoria dei sei gradi di separazione: chiunque può essere collegato a qualunque altra persona attraverso una catena di conoscenze con non più di cinque intermediari. E sfruttando questo meccanismo, per esempio, i politici riescono a propinare i loro minestroni indigeribili a tutto l’Universo Mondo. Certo ci vuole comunque un gran bel palato di stagno per apprezzare questa cucina succulenta, ma la platea è talmente ampia che il ristorante non è mai vuoto.
E così tornando ai modestissimi cittadini comuni, come si usa dire di questi tempi – come se poi gli altri fossero cittadini speciali… – , ognuno condivide sui social network pensieri, parole, emozioni, immagini. E a seguire arrivano opinioni, pareri, commenti, risposte ai commenti. Insomma, tutto un fiorire di discussioni, confronti, dibattiti, a volte profondi e raffinati, più spesso frivoli e leggeri. Ed è talmente diffuso questo nuovo medium (singolare di media, ovviamente) che ormai si parla più facilmente attraverso questo canale che non faccia a faccia. Conosco coppie di amici che la sera, tornati a casa dopo una giornata di lavoro, si chiudono in stanze diverse e comunicano tra di loro via chat: sennò non sembra vero.
E poi veniamo al capitolo fotografie: là dove un tempo era il bar il luogo principe dove vantarsi – alla presenza costante di quattro amici perlopiù alcolizzati – ora invece c’è la bacheca di facebook. Gli utenti di questo sito pubblicano quasi esclusivamente immagini che li ritraggono in pose accattivanti, da set hollywoodiano, baciati dal sole e abbronzatissimi. Chi ha la pancia, la camuffa abilmente sotto larghissimi caffetani, i calvi portano sempre cappelli variopinti sulla testa, le bruttone appaiono riprese costantemente da lontano, i bassi nelle foto di gruppo sono sempre in ginocchio ecc…! Tutto un piccolo universo di accorgimenti patetici per apparire meglio di quello che in realtà si è.
E sì perché, dietro a tutta questa realtà virtuale, si agitano pur sempre vite vere, sentimenti, emozioni, aspirazioni. Per cercare di approfondire questo fenomeno, i ricercatori tedeschi del Dipartimento di Sistemi Informativi della Technische Universität Darmstadt, in collaborazione con l’Istituto dei Sistemi Informativi della Humboldt-Universität zu Berlin, hanno effettuato uno studio per valutare i sentimenti delle persone che utilizzano facebook. L’analisi dei dati raccolti ha fatto emergere che più di un terzo degli intervistati ha dichiarato di provare sentimenti perlopiù negativi, spesso di frustrazione. E tale malessere deriverebbe dall’invidia che gli utenti provano nei confronti dei loro “amici” del social. Secondo i ricercatori tedeschi, l’ostentazione del successo degli altri innescherebbe in maniera diretta e immediata il confronto sociale: confronto che nella maggior parte dei casi è causa di conflitto e invidia feroce.
Di fronte a tale tumulto di sentimenti ed emozioni, i disperati internauti hanno due possibilità di fronte a loro: o fingono clamorosamente di non provare invidia (ma in questo caso vanno incontro a terrificanti ulcere gastro-duodenali e devastanti extrasistole maligne), oppure innescano volontariamente la temibile “spirale invidia”, vale a dire un comportamento di natura compulsiva che porta il disgraziato a migliorare continuamente il proprio profilo, aggiungendo solo informazioni, notizie, foto che ne esaltano l’immagine. Ma così facendo si scatena l’invidia di un altro disperato come lui, il quale, a sua volta esalta ancor di più il proprio profilo. E così la spirale si avvita su se stessa senza fine, consumando tutti in una battaglia intestina, fatta di odio e rancore. Quando poi l’invidia si focalizza sulle vacanze, lo svago, l’amore e il tempo libero dell’altro, allora si corre il serio rischio che dall’odio virtuale, si passi alle feroci vie di fatto. E sì perché, sottolineano i ricercatori, frustrazione e invidia influiscono non solo nella vita “virtuale”, ma condizionano negativamente anche la vita di tutti i giorni.
Che fare dunque a questo punto? Respingiamo le novità, ci allontaniamo dal progresso tecnologico, prendiamo a martellate i computer? Niente di tutto ciò: i social network, come ogni altra invenvenzione fatta dall’uomo, sono pur sempre degli strumenti e vanno utilizzati con discernimento. È l’utilizzo che se ne fa a renderli “buoni” o “cattivi”. Possono aiutarci, semplificarci la vita, migliorare le nostre comunicazioni, ma non potranno mai sostituirsi alla vita reale. Occorre tenere ben chiaro nella nostra mente questo concetto, altrimenti corriamo il rischio di farci travolgere.
Parafrasando Olmi si potrebbe concludere dicendo: “Tutte le chat del mondo non valgono un caffè con un amico”.

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