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Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

martedì 22 gennaio 2013

Quando il bue dà del cornuto all’asino

A poco più di un mese dalle elezioni politiche di febbraio finalmente una buona notizia: via gli impresentabili dalle liste. Applauso…! Non è nostra abitudine scrivere di politica, ma una notizia di questo genere non poteva non trovare posto sulle nostre pagine. D’altra parte ormai su tutti i giornali, su ogni canale televisivo e su qualunque sito d’informazione campeggiano titoloni cubitali sulla vera, unica novità di queste elezioni e dunque non potevamo esimerci dal trattare tale succoso argomento.

Per giorni e giorni si è discusso di tasse, di Imu sì – Imu no, di patrimoniale, di debito pubblico, di ricette per la crescita e quant’altro. Ma tutto ciò era inevitabilmente viziato da una domanda ingombrante: possono questi politici essere la risposta per tutti i nostri problemi? Possono coloro che hanno creato questa situazione, essere capaci di risolverla? Ascoltando i responsabili del disastro economico parlare di soluzioni per uscire dalla crisi, mi veniva in mente quella pubblicità dell’azienda che ripara vetri per auto: un tizio prende una grossa pietra, ti sfascia il vetro e poi sul lunotto posteriore ti lascia un volantino: “Hai trovato il vetro rotto? Passa da noi per un preventivo gratuito”. L’altro giorno per esempio un amico mi raccontava dei gravi problemi finanziari cui deve far fronte l’amministrazione pubblica locale per la quale lavora. Anni fa un promotore finanziario di chiara fama aveva convinto l’amministrazione ad acquistare un’ingente quantitativo di “derivati”, con la prospettiva di un grosso guadagno. Tutti sappiamo com’è finita questa faccenda: un colossale flop. Ebbene, dato che l’amministrazione ora versa in enormi difficoltà, ha pensato bene di “ristrutturare il debito”, che in altre parole significa indebitare ulteriormente le generazioni a venire. E a chi verrà affidata questa delicata ristrutturazione? Chi potrebbe mai risolvere questi drammatici e complicatissimi problemi? Ma lo stesso promotore finanziario, ovviamente. Ecco, l’Italia è un po’ questo.
Da oggi in poi però tutto ciò non sarà più un problema: la politica finalmente si rigenera, fuori i farabutti, allontanati i condannati, gli imputati, gli indagati e in generale tutti coloro che hanno pesanti ombre sul loro passato. Non saranno più ammessi candidati impresentabili, banditi tutti i personaggi chiacchierati, a torto o a ragione: perché come si diceva un tempo “non basta che la moglie di Cesare sia onesta, deve anche apparire tale”, essere cioè al di sopra di ogni sospetto.
Dopo un lunghissimo e straziante periodo di decadenza etica e civile, i cittadini italiani finalmente possono contare su di una nuova, ritrovata moralità della classe dirigente. Parola di politico!
No, la nostra non è ironia, ci mancherebbe altro. Chi mai potrebbe fare dell’ironia su una tale tragedia? I partiti, sull’onda del V-Day di Grillo (“Via i condannati dal Parlamento”), spinti dal disgusto della pubblica opinione sugli scandali scoppiati a ripetizione, spaventati dal calo di consensi registrato dai sondaggi, hanno pensato bene di dare una svolta copernicana al meccanismo di selezione dei candidati. In tutte le cancelleria di partito si sono riunite le cosiddette “Commissioni di Garanzia” – che qualcuno con grande sprezzo del ridicolo ha paragonato ai Tribunali dell’Inquisizione - , e dossier alla mano, sono state vagliate tutte le posizioni dei possibili candidati. Metro di giudizio? Opportunità e convenienza.
E già, perché stante che in Italia nessuno è colpevole fino a sentenza passata in giudicato, non si poteva certo pretendere che, per esempio, le Commissioni escludessero a ragione dalla competizione elettorale un condannato per mafia in primo grado. Giammai. D’altra parte la Costituzione parla chiaro. Mettiamo caso che in un eccesso di rabbia un tale sferri un calcio con rincorsa nelle palle ad un altro, aggiungiamoci una buona dozzina di testimoni, telecamere ad alta sensibilità che abbiano ripreso il tutto, e confessione piena e totale del reo, ebbene nessuno potrà dichiarare colpevole costui fino a che la sentenza non sarà definitiva. Ed infatti a lungo i partiti hanno puntato su questo argomento, appoggiandosi al principio del garantismo. E sì, perché l’errore giudiziario ci può sempre scappare, si può sempre incorrere in una toga rossa, azzurra o a pois che sia. Insomma, perché privarsi di un esimio galantuomo, per dei semplici sospetti? Pier Camillo Davigo, pubblico ministero ai tempi dell’inchiesta Mani Pulite, con due frasi smonta così questa posizione: “Se io invito a cena il mio vicino di casa e lo vedo uscire da casa mia con l’argenteria nelle tasche, non è che devo aspettare la sentenza della Corte di Cassazione per non invitarlo più a cena”. Questo modo di ragionare si chiama principio di precauzione: “Sarai anche innocente, non lo metto in dubbio, ma nell’attesa che si chiarisca la tua posizione, fai un passo indietro”.
E così anche la politica, dopo aver difeso strenuamente la posizione, si è piegata a questo temutissimo “giustizialismo”. E dai sondaggi pare che gli italiani apprezzino.
Stando alle cronache di oggi, tuttavia, pare che non tutto fili liscio nelle segrete stanze delle suddette cancellerie. E sì perché, a voler dare retta a qualche giornalista – sicuramente fazioso, ci mancherebbe – , parrebbe che tra i selezionatori dei candidati, non ci sarebbero poi tutti sti gigli di campo: “Da che pulpito viene la predica”, si potrebbe dire. In una regione del Meridione, tanto per restare sul concreto, ieri si è svolta una drammatica riunione nella quale è stato imposto lo stop ad alcuni esponenti politici di altissimo livello nazionale. L’obiezione è sempre la stessa: “Sei troppo chiacchierato…, meglio che a sto giro passi”. Di fronte a tale presa di posizione uno degli interessati, ha risposto piccato: «Come sarebbe a dire…, perché io fuori e quell’altro dentro? Indagato io, indagato lui…, e dunque perché io un passo indietro e lui un passo avanti?». Risposta: «Perché lui è lui, e tu non sei un cazzo» (per chiosare Il Marchese del Grillo, 1981). Al che il poveraccio ha cercato di buttarla sul patetico: «Che poi, parliamoci chiaro, senza l’immunità parlamentare…, finisco dritto in gattabuia”. Ma dalla segreteria, a breve giro di posta, è giunta una risposta di una logica cristallina: «Ed è proprio per questo che abbiamo parlato di grande sacrificio chiesto ai nostri esclusi…». A questo punto qualcuno sostiene che, dopo un violento alterco, l’illustre escluso sia fuggito verso le colline con i fascicoli di tutti gli altri candidati. Un po’ come quando il ragazzino espulso per un fallo di gioco, si porta via il pallone: “Non gioco io, allora non gioca nessuno”. Ecco a cosa siamo ridotti: poco più che una farsa.
Qualche osservatore malizioso ha bollato tutta questa operazione “liste pulite” come un’enorme speculazione mediatica, in cui non centrerebbe un bel nulla la moralità. Sondaggi alla mano, scartare alcuni impresentabili – si badi bene, solo alcuni – comporterebbe un guadagno di voti in termini assoluti. Per il resto tutto come prima. Vogliamo sperare che non sia così.
Ad ogni modo il suggerimento è sempre lo stesso: recarsi al seggio consapevoli. Essere coscienti di chi si vota, e votare non per fede, ma per convinzione. Se mettiamo caso il nostro partito, per il quale abbiamo sempre votato in passato, ci presenta in lista un personaggio osceno – uno dei pochissimi impresentabili scampato all’epurazione, chiaramente – , dovremo avere il coraggio di ribellarci e trovare alternative valide. In mancanza, e come estrema ipotesi, anche l'astensionismo non sarebbe da escludere.
In questo caso la ribellione non sarà atto di tradimento, ma obbligo morale ineludibile.
È finita l’epoca della delega in bianco.

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