La mancia, è una certa somma di denaro che viene elargita, oltre al dovuto, come ricompensa per il servizio prestato. Questa è la definizione classica che si trova sui dizionari. In subordine si parla di dono, regalo, ricompensa. Nell’antica Roma, a Ferragosto (feriae Augusti - riposo di Augusto) non solo non si lavorava, ma si svolgevano anche festeggiamenti e corse di cavalli alle quali partecipavano i rappresentanti delle classi più agiate. In tali circostanze i lavoratori facevano i loro auguri ai padroni e in cambio ricevevano dei quattrini, ovvero una mancia. La storia è una grande maestra di vita, e qua e là ricompare sempre una qualche traccia del passato. Fino ai primi decenni del ‘900, ad esempio in Lombardia e Piemonte esisteva l’usanza denominata “dà el faravóst” (dare il ferragosto), ovvero si elargiva una mancia (in denaro o generi alimentari) alle maestranze, da parte dei datori di lavoro, cosicché anche le famiglie dei lavoratori potessero trascorrere lietamente il giorno di Ferragosto.
Molti tuttavia, ritengono che la mancia derivi da un’abitudine in voga nei tornei cavallereschi medievali: le dame che desideravano manifestare la propria predilezione per le gesta eroiche di un cavaliere, gli donavano le maniche del loro abito (manche, in francese). Pare che a quel tempo fossero staccabili.
Come che sia, oggi la mancia è una presenza costante del nostro vivere quotidiano e, volenti o (più spesso) nolenti, con essa siamo costretti a fare i conti. Soprattutto se varchiamo i confini della nostra bella Nazione. E già perché finché siamo sul suolo patrio, possiamo anche far finta di niente e fregarcene di far la bella figura lasciando qualche spicciolo, ma se ci comportiamo alla stessa maniera all’estero, corriamo il rischio di far davvero una brutta figura. Per evitare tutto ciò ecco correrci in aiuto l’apposita ricerca della Fipe “La mancia nei pubblici esercizi”, ovvero una sorta di prontuario circa gli usi e le consuetudini presenti nei diversi paesi del Mondo. E così, tra le pagine della ricerca si legge per esempio che in Germania e Svezia (e in generale in tutti i paesi nordici) è prassi che i clienti lascino la mancia. Senza stabilire tuttavia alcun parametro. Al contrario della Francia, dove al di sotto di una certa cifra si corre il rischio di vedersi tirare in faccia le monetine. In Spagna invece l’importo della mancia deve essere in proporzione al conto finale (5-10 per cento). In Inghilterra poi è consuetudine lasciarla a meno che il conto non segnali il servizio incluso. Spostandoci verso est, se uscite da un ristorante polacco senza lasciare qualcosa per i camerieri sarete considerati dei gran cialtroni; viceversa, in Giappone non vi azzardate a fare il bel gesto: le katane sono affilatissime e l’onore viene prima di ogni cosa. Negli Stati Uniti, al contrario, la mancia è obbligatoria (15 per cento), anche perché il costo del servizio è quasi sempre escluso dal conto finale. La gran parte dello stipendio dei camerieri dunque, dipende proprio dalla quantità di mance che riescono a racimolare. Ecco perché, la prima volta che lavorai come tour-leader per una società americana, mi ritrovai a contare più quattrini raccolti con le mance che non con la paga fissa. Decisamente una gradita sorpresa.
Da noi in Italia, la mancia è ancora una sorta di animale mitologico. C’è chi è disposto a sganciare con gran magnanimità (quasi esclusivamente in presenza di una dolce pulzella da conquistare) e chi è pronto a fare il diavolo a quattro perché “è già tutto compreso”.
Una volta assistetti ad una scena veramente raccapricciante: mi trovavo in un rifugio alpino auto-gestito. Tra le varie figure presenti in quella circostanza c’era anche una ragazza “alla pari”, che in cambio di vitto e alloggio, dava una mano in cucina. Si chiamava Barbara ed il mio caro amico Davide la ribattezzò immediatamente “Barba-cuoca”. Al termine del lungo fine settimana un tizio di Roma, spinto da un refolo di altruismo umanitario, propose al gruppo di raccogliere una mancia per la ragazza. Fecero tutti finta di non sentire. «Un euro, un euro a testa - insistette - Cosa volete che sia? Siamo venti: viene fuori una bella cifretta…!». Non ci fu verso di far scucire a quelle iene nemmeno un centesimo. A quel punto proposi al romano di metterceli noi due quei quattrini: «Eh no, che c’entra? - rispose feroce - Un conto è se ce li mettevano tutti…, equamente divisi…! Altra storia e cacciarli io e te: e che so’ cojone…». Giustamente.
Un’altra volta mi trovavo con amici in Liguria, zona Cinque Terre. Dopo una lunga giornata di trekking finimmo in un meraviglioso ristorante con specialità marinare. E questo è ciò che seguì al termine della serata:
«Era stata una delle migliori cene degli ultimi anni e l’avremmo ricordata a lungo. Quando il ristoratore portò il conto - una vera mazzata per i nostri budget risicati - facemmo tutti finta di niente. Enrico si incaricò dei conteggi e ci disse quanto avremmo dovuto mettere a testa. Purtroppo però, vuoi per l’alcol tracannato, vuoi per la stanchezza, il “Silenzioso”, così come era familiarmente soprannominato, fece un tragico errore senza accorgersene: la cifra raccolta infatti era di quasi dieci euro inferiore a quanto dovuto.
“Beh io direi di lasciare come mancia il resto, dai: abbiamo proprio mangiato bene. Cosa ne dite?”.
“Bravo Enrico - rispose Robertino in un insolito slancio di generosità - , sono d’accordo con te per una volta”.
“Allora senta, questi sono i suoi - fece Enrico al gestore, con la stessa solennità di un imperatore romano che concede la grazia al condannato a morte - E visto che qui siamo proprio stati bene - tra l’altro le faremo pubblicità… - tenga pure il resto e lo dia al ragazzo come mancia. Va bene?”.
Il gestore contò le banconote ed accorgendosi dell’ammanco esclamò: “Beh, a dire il vero sono io che vi lascio la mancia. Ad ogni modo va bene così”.
Enrico diventò di colpo color porpora: “Come sarebbe, non sono giusti?”.
“Ma Enrico, che figure ci fai fare?” - fece Federica.
“Mancano circa dieci euro: ma comunque non vi preoccupate, siamo a posto così”.
Ringraziammo ed uscimmo profondamente umiliati. Per superare lo smacco, ci aiutammo col bere».
(Sulle orme di Francesco, 2011)
Fonte: http://www.fipe.it/comunicazione/la-voce-di-fipe/note-per-la-stampa/2423-fipe-paese-che-vai-mancia-che-trovi-.html
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