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Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

martedì 21 maggio 2013

I dieci tipi umani che non vorresti incontrare al volante

Stamattina ho accompagnato in automobile i miei alla stazione di Lodi. Il fratello di mia madre è stato operato ad una spalla e dunque la visita si è resa necessaria. Anzi, obbligatoria. Durante il tragitto un traffico indiavolato, causato oltretutto dai lavori per il rifacimento del manto stradale. Rimandarli ad agosto, no vero? Associati ai rallentamenti, naturalmente, strombazzate di clacson. E pensare che molti anni fa un alto dirigente della Fiat ebbe il coraggio di dire: “Ma sì, infondo la coda in automobile è un modo come un altro di trascorrere un po’ di tempo con la propria famiglia”. A cui seguì la risposta di Grillo, quando ancora era un comico: “Ma c’è gente che la stermina la famiglia, quand’è in coda…”. E così, tra un discorso e l’altro l’attenzione si è soffermata su quei clacson e la memoria è andata ad un paio di giorni prima, quando il figlio di mio fratello, due anni a febbraio, giocando nell’abitacolo della macchina del nonno (ferma e a motore spento), inavvertitamente ha suonato il clacson. Spaventandosi e spaventando i presenti. E la faccenda, a sua volta, come una corda che fa riemergere un secchio dal fondo del pozzo, ha richiamato un altro episodio. Questa volta di molti anni fa. Mio padre quando prese la patente aveva ormai superato la trentina e, come si sa, più sei in là con l’età e più riesce difficile imparare qualcosa. E infatti, uno dei primi ricordi della mia vita è legato ad una Fiat 500 rossa, un’auto che si muoveva sobbalzando, che proseguiva a strappi e a scatti violenti. Effetto della non perfetta padronanza del concetto frizione-acceleratore. Ebbene un giorno di molti anni dopo mio padre se ne andava tranquillamente per la sua strada a bordo dell’auto di mio fratello (la sua era a fare il tagliando). Giungendo in prossimità di uno Stop si fermò correttamente e cominciò ad osservare a destra e a manca che non vi fosse nessuno in arrivo. Ma facendo ciò, inavvertitamente, appoggiò i gomiti sul voltante, provocando una clacsonata. La cosa lo irritò non poco e cominciò a guardare nello specchietto retrovisore: in coda c’era una macchina guidata da un giovane. Si affacciò nuovamente ed ecco un’altra clacsonata. A quel punto si voltò di scatto ed apostrofò di mala grazia il poveretto alle sue spalle: “Che c…o vai trovando? Non lo vedi lo Stop?”. Ma questi, incredulo, faceva degli strani movimenti con le mani, come a dire che lui non c’entrava nulla con quelle emittenze. E solo allora, nella foga dei movimenti dettati dall’astio e dal rancore, che mio padre si avvide che quel fottuto clacson, quello dell’auto del figlio, aveva i sensori anche ai lati delle razze del volante, e non solo al centro come del resto tutte quelle che aveva guidato fino ad allora. E che dunque era stato egli stesso a clacsonare. Ingranò la marcia e sobbalzando, si dileguò.
Certo quando si viaggia sulle strade ne capitano di tutti i colori, ma un episodio simile, a distanza di tanti anni, ancora fa sorridere. Anzi ridere proprio. Perfino mio padre che pure ne era il protagonista. Qualche mese fa l’azienda produttrice del navigatore Tomtom, ha commissionato un sondaggio veramente curioso: “I dieci tipi umani che non vorresti incontrare al volante”. E in effetti, nell’epoca feroce in cui viviamo, le possibilità di incrociare autisti che fanno perdere la pazienza è altissima, soprattutto quando hai fretta e sembra che proprio in quel momento tutti sentano la necessità irresistibile di mettersi al volante. È la triste sorte dell’uomo automunito, uno dei soggetti più stressati della storia dell’Umanità. Non per nulla Gioele Dix diceva: “Io sono un autista, ed essendo un autista, sono sempre, costantemente incazzato come una bestia…”. Dal sondaggio è emersa una lista di dieci “tipi umani” che fa paura solo a leggerla. Partendo dal fondo troviamo “il (o peggio ancora la) manager”, ovvero l’esemplare che non perde tempo neanche durante la guida: lettura di quotidiani, navigazione sull’I-Pad, scrittura veloce di sms, conversazioni telefoniche. Se vi capita di trovarvi in coda alle spalle di uno di questi soggetti, mettetevi l’animo in pace e rassegnatevi: arrabbiarsi non serve. Un gradino sopra troviamo il cosiddetto “avvoltoio dei parcheggi”. In questo caso si tratta di un vero e proprio caso umano, un malato di mente cui il nostro attuale modello di sviluppo ha sfigurato l’intelletto. L’avvoltoio è riconoscibilissimo dall’andatura estremamente rallentata e dai continui movimenti a scatto del capo, in una direzione e nell’altra. Tipo galletto amburghese Vallespluga. Una volta ero a Roma in macchina con uno di questi esemplari: cercavamo posto nei pressi della sua abitazione. Erano le tre di notte e non so quanti giri concentrici, a raggi sempre più ampi, fu necessario fare pur di mollare in un qualche dove la fottuta carretta. E il bello era che per lui la cosa era del tutto normale, ordinaria amministrazione: svuotare ogni notte il serbatoio in cerca di un pertugio era diventata cosa abituale. Questi sì che sono drammi. Ma tiriamo innanzi: all’ottavo posto troviamo “l’imbranato”. Questo soggetto è davvero una comparsa da film comico: fa spegnere il motore in partenza, traccheggia indeciso nel mezzo della carreggiata, imbocca le rotatorie in senso opposto, invece di segnalare la svolta aziona i tergicristalli, si volta per far retromarcia, ma tampona il tizio che gli sta davanti. Se non fossimo alle prese con una tragedia ci sarebbe davvero da ridere. E proseguiamo con il settimo posto: “il neopatentato”, ovvero colui che si muove per le vie cittadine con la stessa prudenza di un agente del Mossad nel suk di Damasco. Impedito tra l’altro da quell’enorme “P” di principiante sul lunotto posteriore che gli impedisce quasi completamente la visuale. Ma peggio di questi c’è “l’auto della scuola guida”. In questi casi si è disposti a concedere trenta secondi, non di più, di indulgenza. Dopo di che scatta la furia ceca che alberga in ogni autista: “Eh levati dai coglioni… incapace…”. A metà classifica troviamo “la donna che si trucca in auto”. Una sciagura che non necessita di commenti. Ad un soffio dal podio ecco “l’indeciso”, colui che trova assai opportuno riflettere sulle diverse scelte che gli offre la vita in prossimità di incroci, svolte, rotonde, immissioni autostradali. Il suo pezzo forte tuttavia resta l’uso delle frecce: al culmine dell’indecisione costui è capace di cambiare idea, e dunque segnalazione, anche quattro volte in un secondo e mezzo. Sulla piazza d’onore poi troviamo “il camion della nettezza urbana”. Trattasi in questo caso di un vero e proprio tappo a tenuta stagna, un ostacolo insormontabile che scandisce la sua lenta marcia con soste continue e rapidissime in prossimità di cassonetti e montarozzi di monnezza. Qui la rassegnazione si mischia alle aulenti fragranze provenienti dal triste carico, e lo sconforto può raggiungere vette inviolate. Spesso la disperazione è tale che gli autisti sono disposti a tentare il tutto per tutto, anche al costo di rischiare graffi e ammaccature oscene sulla propria carrozzeria nel tentativo di superare l’ostacolo. Ma peggio della nettezza urbana c’è “la mamma con il suv”, colei che va a prelevare la figlia a scuola con un arnese da due tonnellate e mezzo. Anche se la scuola dista duecento metri da casa. Costei si muove con grande sprezzo del pericolo in mezzo ai pargoli, e in caso di pioggia si posiziona davanti all’ingresso del fabbricato, impedendo quasi fisicamente il transito ai pedoni. E a nulla valgono le proteste delle altre mamme o gli ammonimenti dei vigili. E per finire, in vetta alla classifica di coloro che non vorreste mai incontrare al volante, ecco il principe delle tenebre degli automobilisti, il più temuto, il più angosciante, il più spaventoso di tutti gli incubi: “l’anziano con il cappello”. Ultimamente se ne erano quasi perse le tracce, tanto che qualcuno aveva parlato di estinzione improvvisa della specie. Ad una più attenta analisi viceversa, è emerso che questo soggetto è vivo e vegeto ed imperversa più che mai per le strade delle nostre città. Eccone il profilo tratteggiato da Paolo Villaggio in un suo recente libro: “Il 90 per cento degli incidenti stradali non è dovuto a stramaledetti giovani ubriachi, pieni di ecstasy o di cocaina che tornano all’alba a casa dopo la discoteca, ma a stramaledetti vecchi che verso le tre del pomeriggio escono dai loro garage e fanno una prudentissima sortita in centro. Sono irritati, quasi ciechi, sordi e con riflessi da galline livornesi. Morale: fanno delle stragi”.
Ecco, se vi capita di incrociare qualcuno di costoro, cambiate strada: vi conviene.

Fonte: http://www.oggi.it/attualita/personaggi/2012/04/05/i-dieci-tipi-umani-che-non-corresti-incontrare-al-volante-e-anche-i-vip/

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