Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

lunedì 30 settembre 2013

La modernità e la pasta fatta in casa

Il fine settimana appena passato l’abbiamo trascorso a Porlezza, sulle rive del lago di Lugano. Ospiti di Simona. Venerdì pomeriggio ci siamo trovati in Piazzale Lotto a Milano, e siamo partiti in automobile. Poco traffico, strada quasi del tutto sgombra. Alle volte basta veramente poco per evitare code infinite in uscita dalle grandi metropoli: in questo caso è bastata una semplice allerta meteo.
Giunti comunque tardi abbiamo pensato di andare in pizzeria. Anche se a Simona l’idea di restare a casa non dispiaceva: lei è un’un’amante della cucina e mettersi ai fornelli non le pesa mai. Il giorno successivo lunga escursione nel cuore della boscosa Valsolda: partiti da Darsio, a quota 500, siamo arrivati fino ai 1.800 di Cima Fiorina. Perdendoci chiaramente. E sì perché l’idea era di fare un giro ad anello e di tornare per altra via al punto di partenza, ma a causa della scarsa – anzi pressoché inesistente – segnaletica sui sentieri, ci siamo ritrovati sul confine Svizzero. Uno di quei molti transiti in cui un tempo gli spalloni, aggirando la dogana, portavano merci e persone da un paese all’altro. Completamente fuori zona, e lontanissimi da dove avevamo lasciato l’automobile, abbiamo deciso di puntare verso la Val di Rezzo, per poi scendere a Seghebbia, un paesino che dai suoi 1.100 metri di quota domina la piana di Porlezza. Da qui, per fortuna, un amico di Alessandra ci è venuto a prendere in auto: risparmiandoci una dozzina di chilometri su asfalto. Alla sera, dopo aver fatto una rapida spesa presso il vicino supermercato abbiamo messo le gambe sotto il tavolo e abbiamo onorato più che brillantemente la cucina di Simona. Ed in effetti la nostra amica ha fatto del suo meglio per deliziarci: gnocchi fatti a mano e portati in tavola con ben tre tipi di condimento (ragù di carne, pesto alla genovese, sugo di pomodoro e peperoni); pasta corta condita alla stessa maniera; pane fresco casereccio; salsine varie, dolci e piccanti; torta di fichi; marmellate di frutta di stagione. Un tripudio di sapori che ha fatto felici tutti i commensali. Già peraltro resi euforici dalla fiasca del Chianti. Le donne presenti non facevano che lodare la bravura di Simona, il gusto delle pietanze, i giusti abbinamenti di sapori; e anche gli uomini non potevano chiudere bocca. Anche se, come si sa, la cucina di mamma è sempre la migliore. Sono nati poi spontanei i consueti paragoni, dai quali è emerso purtroppo, come l’arte culinaria si stia perdendo quasi definitivamente nelle nostre case: “non abbiamo tempo”; “non c’è più la voglia di cucinare”; “ormai c’è già tutto pronto e basta scaldare nel forno a in micro-onde”; “non siamo più capaci di cucinare”; “nessuno più insegna (e nessuno più ha voglia di imparare)”. Fa tristezza ascoltare questi discorsi: è un mondo che lentamente sta scomparendo, una sapienza che, non essendo più tramandata di madre in figlia, si sta spegnendo e che è destinata a lasciare immense praterie alla cultura dell’appiattimento, dell’approssimativo, della cucina rapida e meno impegnativa possibile; o peggio ancora, di quella propinata in televisione da novelli apprendisti stregoni. Una grande perdita che già oggi stiamo piangendo. L’arte della cucina è cultura, è storia, tradizione; una conoscenza che non è solo finalizzata al sostentamento e alla buona alimentazione, ma è anche rito, convivialità, condivisione, atmosfera, alchimia che lega la terra e i suoi prodotti agli uomini. Padre Enzo Bianchi, Priore della Comunità Monastica di Bose, ha scritto pagine immortali su questo argomento.
E così, riflettendo su questo tema, mi sono imbattuto in un articolo che parlava di come la tecnologia stia cambiando le nostre esistenze. Un recente sondaggio condotto dal sito britannico kaz-type.com ha stilato la classifica delle 20 abilità di cui l’uomo odierno non ha più bisogno. Al primo posto troviamo “l’arte del rammendo”. Ecco, non è più necessario saper mettere due punti. E se calandomi per tirar su una penna caduta mi si aprono i calzoni? Niente di che preoccuparsi: si portano dalla sarta (ammesso che ne esista ancora qualcuna) o si buttano via…! Conseguentemente troviamo la seconda voce: “lavorare a maglia”. Ormai gli ultimi esseri umani che si impegnano in tale attività, a parte i carcerati, pare che siano gli allievi dei guru della meditazione: sembra infatti che intrecciare fili e ricavarne tessuti aiuti a rilassarsi e a ritrovare equilibrio interiore. Sul gradino più basso del podio troviamo “lucidare l’argenteria” (forse perché, data la crisi, ci si è venduto tutto, compreso gli argenti di famiglia). E a seguire si scopre “fare il pane in casa” (che a Simona invece piace tanto…), “montare una tenda”, “scrivere cartoline” (in Italia credo che siano rimasti due soli soggetti disposti a scrivere e spedire cartoline: Salvo ed io…), “conoscere a memoria i numeri di telefono degli amici”, “fare la manutenzione dell’auto da soli” etc…! Da segnalare che tra le abilità di cui l’uomo moderno necessita, non v’è quella di saper “montare mensole o scaffali”. Difficile capire la ragione di tale esclusione: forse perché si da per scontato che comprando una mensola venga a casa nostra anche l’operario che ce la monta. E ancora non c’è bisogno di “conoscere le capitali del Mondo”. Ma sì, che ci frega di sapere queste inutili nozioni? Viva l’ignoranza. E comunque basta un click sullo smartphone. Più comprensibile la voce “avere una calligrafia chiara ed ordinata”. In effetti con l’avvento dei computer non c’è quasi più nessuno che scriva a mano.
Quello che tuttavia mi ha stupito di più di questa classifica è il punto numero 11: “conoscere il galateo a tavola”. Ovvero, all’uomo moderno assiso a tavola non è fatto obbligo di conoscere le norme di buona creanza. E perché poi solo a tavola, aggiungerei: a cosa servono, e soprattutto chi pratica più le buone maniere e l’altruismo per strada, sui mezzi pubblici, al supermercato? Ma si, cosa volete che contino queste bazzecole nella nostra ipertecnologica società proiettata verso il futuro? Oggi tutti hanno fretta, non c’è tempo, nessuno ha più un attimo da perdere: ogni momento della nostra vita è programmato e scandito da tappe forzate. E la fretta è la più acerrima nemica dell’altruismo e della buona educazione. L’educazione ormai non è più un valore quasi per nessuno ed anzi, quanto più ci si dimostra gentili e di buone maniere, più si corre il rischio di passare per deboli, e dunque di essere ignorati o peggio ancora vilipesi. Non per nulla, gli esperti di comunicazione, consigliano di infarcire le nostre e-mail di toni gretti e aggressivi, piuttosto che di leziosità e cortesia: in questo mare di indifferenza e maleducazione solo le prima infatti avranno qualche chance di essere lette e di ricevere una risposta.
Ecco, pare che tutto questo sia molto moderno…! Che Iddio protegga ora e sempre la nostra cara Simona…!

Fonte: http://www.corriere.it/tecnologia/13_settembre_07/abilita-vita-moderna-marchetti_8b5cd984-17a9-11e3-8a00-11cf802b0067.shtml

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