È da un po’ di tempo che mi accorgo di dimenticare quasi tutto: vado in una stanza bello convinto e carico di entusiasmo, mi avvicino ad un mobile e tutto d’un tratto mi pianto: “Cosa diavolo sono venuto a fare qua…? Boh…”. E me ne torno da dove son venuto con le classiche pive nel sacco. Oppure scendo velocemente dal primo piano per andare in cucina, giungo davanti al frigorifero, ne apro lo sportello e… resto per un tempo indefinito a rimirar alimenti e bevande varie con un’espressione a metà tra il dubbioso e lo sconcertato. E intanto il mento si allunga e simultaneamente comincio a ondeggiare la mano destra, con le dita riunite a pera: “E quindi…?”. E così me ne risalgo su a scrivere, mentre la lasagna surgelata rimane ben conservata nel congelatore, tanto che poi a ora di pranzo, come di consueto, mi trovo costretto a darmi del “coglione”. E ancora, mi vesto velocemente, scendo in strada, salgo in macchina, allaccio la cintura, avvio il motore e… rimango con lo sguardo puntato sul parabrezza e perso nel vuoto: “Dov’è che dovevo andare…? Boh. Compleanni? Neanche a parlarne. Ricorrenze? Peggio che andar di notte. Una tragedia. Una volta addirittura mi persi il libretto di circolazione dell’automobile. Evidentemente, in un eccesso di zelo, avevo reputato necessario dare una pulita all’abitacolo e una riordinata ai documenti: mai dare retta alle manie per le pulizie. Da tutto questo fervore ne discese che il libretto scomparve. Dovetti andare all’Aci, fare denuncia di smarrimento, reimmatricolare il veicolo: una rottura di palle mai vista. Dopo un paio di mesi il maledetto saltò fuori da un anfratto del ripostiglio: come ci fosse finito là dentro è un mistero…! Ne feci un falò a fuoco molto lento.
Nella mia vita ho conosciuto persone assai più distratte di me: il mio amico Stefano per esempio non riusciva a tenere a mente nulla di nulla, e come giustificazione a tale sua mancanza sosteneva, non senza una punta di orgoglio, che in famiglia tutti erano distratti: come se si trattasse di un blasone dinastico. C’era poi un collega di nome Lorenzo, che ogni mattina doveva percorrere una trentina di chilometri per giungere da casa al posto di lavoro. E ogni santo giorno dimenticava qualcosa d’importante a casa: era un continuo su e giù lungo le strade della Brianza. Una mattina raggiunse il colmo: nel silenzio sonnacchioso delle prime ore della giornata, un urlo squarciò l’atmosfera soporosa: “Porca puttanaccia vacca…”. Gli chiese cosa fosse accaduto ed egli: “Ho dimenticato di nuovo gli occhiali da vista a casa…”. Al che qualcuno lasciò cadere una frase incredula: “Ma guarda che ce l’hai sul naso…”. In effetti era molto distratto anch’egli.
Ma tornando a me devo dire che non sono mai stato un fenomeno nel campo del ricordo a breve termine e questo mi ha sempre causato qualche problema. Ecco perché, ad esempio, quando viaggio tendo a prendere appunti. Sul lungo periodo, viceversa, ho una memoria prodigiosa. Tanto che coloro che mi conoscono solo parzialmente si sorprendono non poco di tale capacità. Alle volte, per esempio, mi capita di ricordare non solo pensieri e opinioni di una data persona, ma intere frasi pronunciate dalla stessa in un determinato contesto. E così, nell’ambito di un ragionamento, spesso mi diverto a ripetere parola per parola ciò che l’interlocutore ha detto tempo addietro, e di cui al momento non ha alcun ricordo. E l’effetto è sorprendente, quasi un naufragio sensoriale: lo sguardo manifesta sorpresa immediata e stupore totale, e la frase classica che vi si accompagna è quasi sempre la stessa: “Stavo per dire la stessa identica cosa…”. Ovvio che sì, sono parole tue.
Stando ad un recente sondaggio condotto dalla 3 M Company, azienda produttrice del “post-it” e riportato da La Stampa di oggi, pare che le persone in media tendano a scordarsi almeno quattro cose al giorno. Il che, tradotto equivale a dire che ognuno di noi si scorda almeno 1460 cose nell’arco dell’anno. Grave? Bah, dipende da cosa ci si dimentica: certo se si lascia il gas aperto e si accende una sigaretta potrebbe essere un problema. Ad ogni modo, sottolineano gli esperti, tali mancanze non equivalgono necessariamente ad un declino cognitivo. Possiamo tirare un sospiro di sollievo.
Ma quali sono le dimenticanze più ricorrenti? Stando al sondaggio al primo posto si classifica “il non sapere dove si sono messe le chiavi”. In effetti o si dispone di una rastrelliera, dove d’abitudine si collocano i mazzi di chiavi, o l’eventualità che esse vengano smarrite è assai alta: svuota-tatasche, ripiani, comodini, cassetti, tavolini, ogni dove potrebbe essere il luogo adatto su cui lasciar cadere distrattamente questo fardello divenuto inutile una volta usato. Per le donne poi, esiste un’insidia ancora maggiore: la borsetta. All’interno di questo inseparabile accessorio femminile, si aprono sempre praterie sterminate in cui è quasi impossibile rintracciare alcunché: un enorme buco nero che divora tutto e tutti e lascia sgomenti ed esterrefatti. Un non luogo metafisico in cui pare esserci caoticamente tutto e invece non c’è nulla. Al secondo posto della classifica uno dei misteri più insondabili del creato: “non ricordare il perché si è andati proprio in quella stanza”. Come spiegato più sopra, tale situazione fa precipitare l’individuo in un drammatico stato confusionale che fa nascere spontaneamente domande come “Chi sono?”; “Da dove vengo?”; “Dove vado?”. Se l’individuo è fortunato troverà qualcuno che gli risponderà: “A Foggia…”.
Scorrendo poi l’elenco delle dimenticanze troviamo: “uscire di casa senza telefonino”. Poco male se non fossimo ridotti allo stato in cui siamo. Pare infatti che un individuo di normali facoltà psichiche, di fronte ad un altro individuo che armeggia con il proprio telefonino, provi una spinta inarrestabile a mettere mano a sua volta al telefonino che conserva più o meno distrattamente da qualche parte. Recenti studi hanno quantificato in termini temporali la possibilità di resistere a tale impulso: dieci secondi netti. Non di più. Trascorso tale tempo, o il soggetto afferra il proprio telefonino o si scatena in lui un istinto feroce, incontrollabile e potenzialmente clamoroso. Ecco perché è meglio stare alla larga dalle persone che dichiarano di aver dimenticato il telefonino da qualche parte.
Ci sono a seguire quelli che “dimenticano a casa il portafogli”. Anche in questo caso è meglio tenersene alla larga: come hanno dimenticato il portafogli, così dimenticheranno di restituire il denaro chiestovi in prestito. Spesso fingendo biecamente la dimenticanza.
Vi sono poi coloro che “dimenticano di scongelare l’alimento che s’intendeva cucinare”. Io sono uno di questi disperati.
Il sondaggio peraltro ha rivelato anche una differenza di genere nell’ambito delle dimenticanze più ricorrenti: dai dati pare infatti che gli uomini abbiano il doppio delle probabilità di scordarsi anniversari di nozze e date di compleanno della propria partner. Vecchio stereotipo da sempre oggetto di sghignazzo e sberleffo. Da che mondo è mondo, l’uomo si è sempre scordato di queste ricorrenze, ed anzi la donna attuale, così bene abituata fino ai nostri giorni, pretende che il suo partner giunga a casa la sera del compleanno e dell’anniversario di nozze completamente dimentico. Segue scenata di collera – anch’essa artefatta – e a seguire riappacificazione. Fa parte del copione ormai e l’uomo che vuol bene alla sua donna, in queste occasioni deve cadere letteralmente dalle nuvole, o meglio ancora scendere dal pero: la parte però dev’essere completa e ben recitata. Sennò non vale.
Tra le note finali del sondaggio si legge che mentre le donne tendono a soffrire e provare frustrazione per le proprie dimenticanze, tra gli uomini prevale un maggior sentimento d’indifferenza: “Ah già…! Ma sì, chi se ne frega…”. O qualcosa del genere.
E per chiudere la chicca: tra i duemila intervistati, venti uomini hanno confessato di essersi dimenticati di un funerale. Poco male, finché non si tratta del proprio…!
Fonte: http://www.lastampa.it/2013/09/24/scienza/benessere/quante-cose-dimentichiamo-ogni-giorno-quattro-nceYiKsxKZBkX5LRlDtn5L/pagina.html
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