Dopo esserci rimessi in ghingheri raggiungiamo il ristorante consigliatoci dal responsabile dell’ostello, e qui diamo sfogo a tutta la fame chimica accumulata durante la giornata. Dominique si fa servire ben due piatti di pasta: un’amatriciana e una carbonara. E ancora non gli basta. Gli altri non sono da meno. L’unico a limitarsi, ovviamente, è Lorenzo: per lui solo un tristissimo piatto di riso in bianco.
Per digerire il tutto si fanno due passi in centro. Jesi, come gran parte delle cittadine che abbiamo incontrato finora, si erge su di un colle circondato da mura, e per raggiungere il centro occorre salire una serie di scalinate. Da Porta Garibaldi raggiungiamo Piazza Federico II, il luogo dove il 26 dicembre del 1194 Costanza d’Altavilla, in viaggio per raggiungere il marito Enrico IV in Sicilia, partorì Federico Hohenstaufen, detto “Stupor Mundi”. Un obelisco eretto al centro di una fontana circondata da leoni, e delle iscrizioni in più lingue, accompagnate da un disegno raffigurante una tenda imperiale, segnano il luogo esatto dell’evento. In questa piazza si ergeva l’antico foro romano e ogni 4 di maggio qui si celebra il Palio di San Floriano, con grandi festeggiamenti, giochi e gare tra cavalieri e arcieri. Ancora due passi per le strade del centro e poi tutti a nanna.
Sveglia al mattino, preparativi e ricerca di un bar in centro, dato che l’ostello non ci fa la colazione. Ne troviamo uno sotto i portici di via Matteotti, fornito di ottimi croissant appena sfornati. Ne facciamo incetta. Certo la nostra colazione base prevede anche pane e marmellata, yogurt, cereali, frutta, succo d’arancia. A buona ragione si può infatti sostenere che la colazione così acconciata è il pasto più importante della giornata in bicicletta. In mancanza di tutto ciò abbiamo pur sempre i nostri beneamati amminoacidi ramificati in comode compresse. A dire il vero, fino ad ora solo io ne ho fatto uso. Mi sono costicchiati un po’ (26 euro un barattolo da 120 pezzi), ma l’effetto è portentoso. Nessun affaticamento muscolare, nessuna stanchezza, nessun dolorino. Nulla di nulla. E non si tratta che di integratori alimentari…! Il che ha davvero del prodigioso, considerato quel che s’è fatto. La cosa che mi infastidisce però, in questi momenti, è sentire che anche i miei compagni di viaggio stanno benone. E non fraintendetemi, vi prego. Non è che desideri che stiamo male o che si sentano stanchi, ma una piccola confessione in tal senso avvalorerebbe la mia idea che le pastiglie che prendo siano effettivamente miracolose. In mancanza di un riscontro pieno e completo mi sorge il sospetto che la spesa sia stata totalmente inutile. Non so se mi seguite… Ad ogni modo, pur nel dubbio, continuerò ad assumere “l’aiutino”, fiducioso che prima o poi, gli altri dichiarino: “Sono finito…! Non ne ho più…”, mentre io, fresco come una rosa di maggio, potrò affermare: “Ve l’avevo pur detto che qui c’è il rimedio a tutto…”. E tanta e tale è la fiducia nel sopradetto aiutino che più di una notte, nel corso del tour, mi alzerò angosciato e furtivo come Arsenio Lupin, avendo dimenticato di calarmi i due postiglioni bed-time.
Ad ogni modo la colazione di Jesi si svolge assai velocemente, anche perché Dominique ha una fretta del diavolo di partire. In effetti il nostro amico, che pure fino ad oggi si è dimostrato all’altezza del compito, forse ha un certo qual timore di non riuscire ad arrivare fino in fondo. La bicicletta e lo sforzo prolungato per diversi giorni non appartengono al suo modo di fare sport. Egli è più mezzofondista e solo recentemente si è fatto travolgere dalla passione per le due ruote. E questo suo essere neofita si vede anche da come pedala: busto troppo eretto, ginocchia larghe e sempre senza maglietta…! Ma si può…? Che poi anche Alfio gli va dietro e tutti insieme si fa la figura dei cioccolatai. Con tutto il rispetto che si deve alla categoria, naturalmente.
Lorenzo questa mattina sembra essersi rimesso completamente. Mangia con voluttà e appare di buon umore. Buon segno. Scesi dal centro di Jesi raggiungiamo la piana. Ma è solo un breve tratto. La salita comincia dopo qualche chilometro e si fa subito dura. Con lo spegnersi delle voci, divenute mute per via dello sforzo, si fanno largo il frullio delle catene delle biciclette, e gli scatti dei cambi che scalano in sequenza i rapporti, a seconda dell’intensità dello sforzo. Ed il sonoro parte all’unisono, regalando un po’ di conforto ad ognuno: perché se tutti “smanettano”, significa che tutti faticano. E si sa, mal comune è pur sempre mezzo gaudio. A Santa Maria Nuova siamo già a quota 250 metri e la città di Federico è ormai lontanissima nella piana. Breve sosta per l’acquisto di frutta e biscotti (oltreché per l’espletazione di elementari bisogni fisiologici) e si riparte. Si segue la provinciale: l’imperativo è evitare il traffico delle auto. Anche se, a dire la verità, da queste parti ce n’è veramente poco. Giunti a Osimo, ecco la notizia che non ci saremmo mai aspettati. Lorenzo non ce la fa. Sembrava che si fosse ripreso dalla “cotta” di ieri, ma purtroppo ci siamo ingannati. Ha le gambe pesanti e si sente sfinito. Non c’è verso di convincerlo a proseguire. Neanche prospettandogli la via più diretta per arrivare al Conero, la destinazione di oggi. Ci stringiamo tutti intorno a lui, ognuno sente di dovergli dire qualcosa, un suggerimento, una parola di conforto. Ma egli è già lontano, proiettato verso il ritorno: il più rapido e indolore possibile. È talmente sfinito che non trova di meglio che sedersi nel gabbiotto d’attesa della corriera. Con le pareti in plexiglass. E dato che c’è un caldo infernale, l’ambiente è pressoché una serra. Lo portiamo via d’urgenza e raggiungiamo un bar-pasticceria all’ombra. Nel frattempo riusciamo a informarci sugli orari delle corriere. A mezzogiorno ne partirà una con destinazione Marcelli di Numana. Proprio dove siamo diretti noi. Una fortuna incredibile. Nell’attesa dell’autobus, ci concediamo una lunga pausa ristoratrice. Lorenzo lentamente si riprende, riacquista colore. Ed anche un pizzico di buon umore. Si sente così bene che c’invita a ripartire subito. Ma a noi non pare affatto opportuno lasciarlo lì da solo. Ed infatti, solo dopo averlo visto salire sulla corriera ed avergli caricato la bici e le borse a bordo, riprendiamo la nostra pedalata. Non c’è più tempo da perdere. E neanche Osimo, che pure meriterebbe uno sguardo, può più rallentarci. Si risale verso nord, Camerano, Aspio Terme, Varano, località bellissime e sconosciute, eppure ad un passo dai luoghi presi d’assalto durante le ferie d’agosto. Siamo a corto d’acqua e così, mentre gli altri s’inerpicano lungo una stradina che si lascia alle spalle la statale, Alfio ed io andiamo in cerca di una fontana. C’imbattiamo in una stazione di servizio in allestimento. Con i cessi vista strada. Alfio pretende una foto seduto sulla tazza. E ne ride sgangheratamente. Sic transit gloria mundi. Ricongiuntici con gli altri riprendiamo la salita verso il promontorio del Conero. Ad un tratto, tra le fronde degli alberi di un boschetto, ecco apparire il mare. Improvviso e azzurrissimo. Quella visione arriva dritta al cuore, come il bacio di una bella donna. Spuntiamo sulla statale, all’altezza del Monte dei Corvi. Ora non ci resta che seguire il mare e giungeremo al termine della tappa. Le nostre bici filano via veloci lasciandosi alle spalle Portonovo, aggirano il Monte Conero, oltrepassano Massignano, San Lorenzo. In località La Madonnina ci fermiamo su uno spiazzo, all’ombra di un camper. Da qui lo sguardo spazia dalla punta di Sirolo fino a Porto Recanati. A bordo del camper c’è un tizio che sta aspettando l’ora giusta per andare a prendere la moglie che lavora giù al mare. Il mezzo non può sostare in centro e dunque è costretto ad attendere fuori. Di sicuro ha scelto il posto migliore per passare una mezzoretta. Ed è in questi momenti che penso a quanto sia bello andare in bicicletta: niente restrizioni, nessun divieto, possibilità di arrivare dove si vuole e quando si vuole.
Il gusto della libertà più totale. Una lunga discesa ci porta alle porte di Sirolo ed in breve siamo in Piazza Vittorio Veneto, il belvedere del Conero. Tutto intorno la montagna che precipita a mare, scogliere che ad un tratto diventano spoglie e candide e si immergono in acque azzurre e cristalline. Uno spettacolo che lascia senza fiato. Lungo le ringhiere e all’ombra degli alberi, i turisti ci osservano con un misto di stupore e ammirazione. E forse di invidia. Anche perché il nostro umore denota un’euforia quasi incontrollabile. A questo punto però la voglia di togliere il culo dalla sella e concedersi un bel bagno rinfrescante è incontenibile, e così si riparte alla svelta in direzione Numana. Che sembra tutta in discesa all’apparenza, ma così non è. Ed infatti, ciliegina sulla torta, ci si para davanti un’altra bella salitella prima del gran finale. Poca cosa, s’intende, ma comunque fastidiosa a fine giornata.
A Marcelli di Numana troviamo facilmente il nostro posto tappa. Lorenzo è giunto qui da un paio d’ore e sta riposando. Lo tiriamo giù dal letto telefonandogli ed egli ci viene incontro con la padrona del “Mariolino”, un bellissimo albergo-ristorante sul mare.
Senza perder tempo ci togliamo gli abiti da ciclisti, indossiamo il costume da bagno e in un attimo siamo in spiaggia per uno dei bagni più rilassanti e rigeneranti che io ricordi.
A seguire doccia e aperitivo sul corso. Ovviamente a base di spritz-aperol. Col bere ci arriva una quantità industriale di “cosette” sfiziose: dai sandwich ai wusterini, dalle olivette ascolane ai tramezzini. Incredibilmente apprezzate a causa della fame chimica provata in questi momenti (tant’è che familiarmente ci autodefiniamo “le locuste”), ma tremendamente pericolose in ottica cena. È un attimo infatti a rovinarsi l’appetito. Lorenzo, tra il rusco e il brusco, caccia fuori l’asso dalla manica: «Ho trovato un ristorantino a base di pesce poco lontano da qui…». In coro le locuste chiedono maggiori informazioni. Ed egli: «Bisogna addentrarsi all’interno per un chilometro circa. Si trova alle spalle di un parcheggio per le automobili». Detta così non è che la proposta appaia oltremodo accattivante, è ovvio. Peraltro per Alessandra ed altri il massimo che si possa auspicare è un ristorante dove sì si mangi bene, ma che abbia altresì vista mare. E così si fanno due passi sul corso e si trova ciò che fa per noi. Alfio si fa sotto, come al solito, a chiedere se hanno un tavolo per sei. Niente da fare: tutto prenotato. E così, a malincuore, ci mettiamo sulle tracce di Lorenzo e ci dirigiamo verso la sua prima scelta. Che a dispetto di tutto si rivelerà il posto in cui mangeremo meglio in assoluto.
A tavola, tra una portata e l’altra si comincia a discutere della tappa del giorno dopo. Lorenzo pare intenzionato a mollare il colpo e a raggiungere Ascoli in treno. Qui poi attenderà il nostro arrivo tra due giorni. Gli altri accendono le micce sui possibili itinerari. È da settimane che se ne discute. Per me è più che scontato il fatto che, trovandoci nelle Marche, si debba passare da Recanati e dunque dai luoghi leopardiani. E già che ci siamo, dato che è sulla strada, anche da Loreto, con il Santuario in cui è conservata la Santa Casa di Maria, in cui visse Gesù fino ai trent’anni. Per Alfio e Alessandra, al contrario, tale tragitto comporta troppo dislivello e dunque meglio sarebbe, anche in previsione delle difficili tappe a venire, passare oltre. La discussione s’accende ed anche Dominique sente il bisogno di dare il suo contributo, a favore di Alessandra. Facendomi letteralmente incazzare (e di questo me ne scuso). Ad ogni modo non si arriva ad una conclusione e così si rimanda il tutto al mattino successivo.
Levatici da tavola torniamo sul lungo mare, dove una folla spaventevole invade il corso costellato di bancarelle di venditori ambulanti: ci sono dolciumi di ogni genere, liquirizie, salumi, formaggi, oggetti di piccolo artigianato. Di tutto un po’, per la gioia dei vacanzieri da mare. Fuggiamo subito lontano, ovvero in spiaggia. C’è una stellata magnifica, e di tanto in tanto qualcuno avvista una stella cadente. Io ovviamente non vedo nulla. Ci si allunga sulle sdraio per un ultimo momento di pace prima di ritirarci. L’aria è fresca e carica di fragranze marine e se in noi ci fosse ancora un pizzico di sana follia adolescenziale, ci sarebbe non solo da dormire in spiaggia, ma anche da fare il bagno di mezzanotte. Ma ormai abbiamo tutti l’età del raziocinio, purtroppo, e dunque tutti a nanna nei nostri bei lettucci [continua...].
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