Mi scrive un amico:
«Questa mattina, dopo aver seguito la messa - a proposito, non applaudire mai ai funerali: il mio parroco dice che la prossima volta ne prende qualcuno a calci… - ho fatto un giro in centro, e ho incrociato il Pasotti. Pare che intenda candidarsi come presidente di comitato. Tra un ragionamento e l’altro, ha cercato di offrirmi il caffè. Dispiace, se invece del caffè mi avesse offerto la sambuca, lo votavo».
«Eh, possibile? Ti vendi per così poco?».
«E lo so, sembra brutto detto così. Però devi capire che Farina già si è proposto di pagarmi il Fernet. Ora sono in attesa dell’ultima offerta: se Rapetti rilancia impegnandosi almeno per un Ramazzotti con ghiaccio, voto lui».
È strano questo dialogo, surreale, comico e tragico al contempo. Un'ironia amara che ci parla dei nostri tempi. Come dire che comunque sia, a dispetto di qualsiasi ragionamento, affinità, ideali ed altro, l’importante è guadagnarci il più possibile. Fosse anche soltanto una sambuca. Chiaramente è uno scambio di battute tra amici che scherzano, e non c’è nulla di reale in tutto ciò. Alle volte la malinconia che giunge la domenica sera ti costringe a cercare lidi di buonumore, soprattutto se dal cielo scende giù quella pioggerellina fine e fastidiosa, che porta l’umido nelle scarpe e nelle ossa, e ti fa sbattere gli occhi. E ieri sera era una di quelle sere e così sono uscito per una passeggiata, una passeggiata senza fretta lungo le stradine deserte di fine domenica. Mi piace camminare a fine giornata, mi aiuta a rilassarmi, a mettere in fila i pensieri, senza dover per forza trovarvi una soluzione. Il cammino aiuta a ragionare, a riflettere, dà il giusto ritmo al fluire delle idee e delle riflessioni. Non per nulla Aristotele teneva i suoi discorsi filosofici passeggiando. E mentre passeggiavo un’automobile mi si è affiancata e dall’abitacolo ne è uscita una ragazza molto agitata: «Scusa, sai per caso dove si può votare per le primarie? Pensavo che avessero allestito un seggio qui alla scuola, ma è tutto chiuso». A quel punto sono stato sradicato con violenza dai miei ragionamenti peripatetici e ho dovuto impegnarmi a fondo per dare una risposta utile e convincente. In effetti già la sera prima mi ero trovato in una situazione analoga, una di quelle situazioni in cui ti trovi a dare una risposta istantanea senza averla ponderata prima. Dovevo acquistare l’occorrente per la grigliata del giorno dopo ed ero assai di fretta. Entro trafelato nel supermercato e di fronte a me trovo quattro ragazzone “incelofanate” di giallo che mi sbarrano quasi fisicamente il passaggio: «Offre qualcosa per il banco alimentare?». Al che mi ritraggo leggermente intimorito, barcollo, lo sguardo perso di colui che ha or ora ricevuto una badilata nella schiena. Cerco nella mente una risposta per svicolare senza troppo sfigurare, non la trovo. Comincio a roteare gli occhi verso il soffitto e poi tutto intorno, le labbra semiaperte in attesa di parole che non arrivano. Le quattro volontarie continuano a fissarmi con sguardo severo: mi sento già in colpa perché non ho aderito immediatamente e con entusiasmo all’iniziativa, ma ora peggioro la situazione dato che sto palesemente cercando una scusa per non dare nulla. E lo sguardo severo che avverto intorno a me si tramuta lentamente in sguardo spietato e di leggero disprezzo. A quel punto qualcosa a fatica si fa largo tra le fauci, balbettante: «No scusate…, non…, ecco io…, mi piacerebbe moltissimo…, ma vedete…, non ho tempo…, anzi… non ho abbastanza soldi…!». A quel punto col fiatone mi dileguo nel dedalo delle corsie. Il carrello è strapieno, salamelle, bistecche con l’osso, spiedini; e poi vini doc, verdure, frutta in abbondanza. Alla cassa cerco di non sollevare lo sguardo per non incrociarlo con le quattro incelofanate. Non reggerei l’onta. Ma poi all’uscita me le ritrovo davanti, e con un sorrisino ironico mi aprono anche la porta. A quel punto blocco il carrello e dalla busta della verdura tiro fuori un bel mazzo di rapanelli rossi. L'espressione un po’ delusa delle ragazzotte mi spinge a praticare un’aggiunta al già dato, vale a dire un paio di banane. E così ho guadagnato la libertà: finalmente sereno e in pace con me stesso e con il mondo.
Ma tornando alla sera di domenica e alla ragazza delle primarie, mi sono concentrato più che potevo e ho risposto: «Ma, non credo che qui ci siano seggi aperti. Stamattina ho visto che in centro c’erano i banchetti per votare. Io ho votato lì. Se ti affretti fai ancora in tempo». In realtà non ho votato affatto, però mi piaceva l’idea di creare un’empatia con quella sconosciuta che mi appariva in difficoltà. Lei mi ha ringraziato, ha ingranato la marcia ed è sparita. Al che io sono rimasto nuovamente solo con i miei pensieri malati ed ho cominciato a riflettere su quell’ultimo episodio. Io non solo non avevo votato per le primarie del centrosinistra - di cui francamente non mi fregava nulla - , ma ero anche rimasto assai colpito dalla foga di quella ragazza, dalla volontà forte di cercare un luogo dove esprimere la sua preferenza, anche al costo di fare una corsa in centro alle otto di sera. E così pensavo tra me e me: “Ma tu guarda questa…, perché mai si dà tanto da fare? Cosa vuoi che cambi se vince l’uno o vince l’altro? Crede veramente che il suo voto servirà a qualcosa?”. Ma poi lentamente ho cominciato a provare una certa invidia per quella persona. Perché lei, a differenza mia, dimostrava di credere ancora in qualcosa, aveva ancora la forza di lottare e di sperare che con il suo voto il mondo sarebbe cambiato in meglio. Mentre io me ne stavo lì, qualunquista più che mai, a maledire il mio paese e a delegare il mio futuro ad altri. Proprio io che fin da giovane avevo fatto della politica una delle ragioni per cui valesse battersi sempre e in ogni caso, contro tutto e tutti. Soprattutto contro coloro che, come me ora, mi dicevano: “Ma pensa alla salute…”. Un tempo infatti pensavo che non solo “gli assenti hanno sempre torto”, ma consideravo gli stessi degli “idiotes”, come dicevano gli antichi greci, vale a dire degni di disprezzo perché si disinteressavano della cosa pubblica. E così passeggiando verso casa mi è parso di avvertire come una leggera inversione di rotta, come se mi fosse tornata un po’ di voglia di politica, di votazioni, di partecipazione. Una ventata di freschezza e di nuova fiducia. Del tutto inaspettata. Poi però ho avuto la sciagurata idea di accendere la tv..., e all’istante mi sono detto: “Ma pensa alla salute...”.
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