Po’ quand’i’ fu’ cresciuto, mi fu dato - per mia ristorazion moglie che garre - da anzi dì ’nfin al ciel stellato; - e ’l su’ garrir paion mille chitarre: - a cu’ la moglie muor, ben è lavato - se la ripiglia, più che non è ’l Farre.
Con queste due terzine Cecco Angiolieri conclude il sonetto “La stremità mi richer per figliuolo”.
Sonetto nel quale ripercorre con tonalità cupe e tetre la sua vita, dalla nascita al matrimonio.
Matrimonio che gli regala una moglie che si lamentava da mattina a sera più di mille chitarre, sempre pronta a imprecare, inveire contro il povero, disgraziatissimo marito. E come chiosa una considerazione di carattere universale verso agli uomini vedovi, reputati assai più sciocchi del farro se riprendono moglie. Chissà cosa ne direbbe il grande poeta toscano se sapesse che studi recenti hanno dimostrato che la vita coniugale fa decisamente bene alla salute. Certo essendo egli un ribelle e bastiancontrario di natura, contesterebbe in radice queste asserzioni, così come contestò fino allo stremo ogni carattere proprio dello Stilnovo. In primis naturalmente il concetto di donna angelicata. E Socrate invece? Se leggesse le conclusioni di tali studi, si ricrederebbe o meno sulla nefasta opinione che si era fatto della moglie, dopo una vita intera passata al suo fianco? Probabilmente no, anche perché fonti non confermate sostengono che il disgraziato, in luogo dell’ergastolo ai domiciliari - ovvero fine pena mai, chiuso in casa con quella rompicoglioni della moglie - abbia preferito un biberone di cicuta.
Hendrik Schmitz, docente della Germany’s Ruhr Graduate School in Economics, commentando la ricerca (condotta da un’équipe neozelandese in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Università americana di Harvard), sostiene che gli uomini sposati fanno più controlli medici ed esercizio fisico, rispetto ai single. E il motivo risiederebbe nel fatto che questi ultimi non hanno una moglie che ricorda loro insistentemente di fare check-up medici, di seguire uno stile di vita più sano e di praticare attività per tenersi in forma. Certo qualcuno potrebbe chiedersi cosa significa esattamente quell’"insistentemente": anche Santippe rompeva insistentemente i coglioni al povero Socrate. Ma Schmitz va oltre e aggiunge: “…il matrimonio allontana le forme depressive, l’ansia e la possibile dipendenza da alcool, psicofarmaci e stupefacenti”. E per converso una separazione o un divorzio costituiscono un grave danno per la salute mentale dei coniugi. Altre ricerche poi affermano che il matrimonio abbassa la pressione arteriosa e protegge il cuore, allontana il pericolo del tumore e dell’Alzheimer, ha un’azione antidepressiva, preserva dall’influenza e rimargina le ferite. E già qui, non so voi, ma io comincio ad avvertire un intenso puzzo di zolfo e magia. Ma proseguiamo: le persone sposate inoltre sarebbero più gentili, socievoli rispetto a chi è single; e i tratti negativi della personalità, come aggressività, tendenza a mentire e anche a commettere delitti, risulterebbero meno marcati. Che ci siano poi coniugi come Olindo e Rosa, aggiungerei io, è appunto l’eccezione che conferma la regola. E per concludere le persone sposate hanno un tasso di mortalità del 10-15 per cento più basso rispetto alla media (studio dell’Università di Cardiff pubblicato sul British Medical Journal a firma di David e John Gallacher). L’unico neo del matrimonio, rilevano i ricercatori, non senza una punta d’ironia, sta nel fatto che una volta sposati si tende ad ingrassare di circa due chili e mezzo. Nel Mezzogiorno si direbbe “tendenza a inquartarsi”. E quindi che dire? Sposiamoci tutti, che aspettiamo: finalmente abbiamo trovato la panacea di tutti i mali. A questo punto però, stante che la vita matrimoniale è così benefica e portatrice di serenità, perché le separazione e i divorzi in Italia sono in crescita continua. Nell’arco di quindici anni - rileva infatti l’Istat - sono quasi raddoppiati sia il numero delle separazioni, che dei divorzi: nel 1995 ogni 1.000 matrimoni si registravano 158 separazioni e 80 i divorzi; nel 2010 si arriva a 307 separazioni e 182 divorzi. Anche volendo considerare le più svariate ragioni che stanno alla base di un fallimento coniugale, c’è qualcosa che non mi torna. Ad ogni modo, e indubbiamente, l’amore è una forza vitale, fa ribollire il sangue nelle vene, dà intensità e sostanza all’esistenza. "Move il sole e l'altre stelle" dice Dante. E certamente sentirsi amati ci fa amare. Nel film Qualcosa è cambiato, Jack Nicolson è una specie di matto da manicomio senza speranza, ma l’incontro con la bella cameriera Helen Hunt, instilla in lui la voglia di vivere. “Mi hai ferito - dice lei durante una cena turbolenta - , voglio un complimento da te, lo voglio ora. Ma che sia sincero, che sia sentito”. E il vecchio Jack cosa s’inventa? “Allora, stammi bene a sentire, il mio complimento per te è che da quando ti ho conosciuta ho ricominciato a prendere le medicine”. Helen non capisce e quasi si irrita. E lui continua: “Mi fai venire voglia di essere un uomo migliore”. Ma questo è un film, finzione per definizione. De Filippo in Natale in casa Cupiello fa dire al protagonista, seduto accanto alla moglie svenuta: “Qua siamo rimasti solo io e te: Concetta, se tu muori, muoio pure io”. Ma questo è teatro, finzione pure questa. Almeno così pensavo, fino all’alba di stamattina, allorché non sono stato chiamato con altri colleghi a soccorrere una donna anziana, colpita da un malore. Accanto a lei c’era il marito, disperato e gravemente malato anch’egli. L’immagine di due persone che hanno vissuto tutta l’esistenza insieme, e che il destino potrebbe da un momento all’altro separare. “Angela…, Angela rispondi…! Ha le mani fredde…, le mani fredde!”. Così grida ancora nelle mie orecchie quell’uomo. Quanta forza c’è in quell’urlo, quanta passione, quanto amore.
A conti fatti dunque, forse davvero il matrimonio ha la sua convenienza. Anche nel caso non si chiami propriamente matrimonio. Perché vivere insieme ad un’altra persona significa, tra le altre cose, anche avere un testimone della propria esistenza.
Nell'immagine "Socrate e Santippe" - Reyer Van Blommendal 1655
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