Qualche giorno fa ad un’asta di Sotheby’s, New York, è stata venduta per 75,1 milioni di dollari (equivalenti a 59 milioni di euro) un’opera di Mark Rathko, un pittore americano di origine lettone. Il titolo dell’opera? Royal Red and Blue. Ed in effetti trattasi proprio di tre colori sovrapposti su di una tela color rosa. “L’opera - riporta la stampa - è considerata dai critici come una delle più rappresentative dello stile di Rothko, con il suo accostamento semplice, ma sorprendente di blocchi di colore […] il capolavoro di grande respiro e precursore dello stile dell’artista”. Allora, devo essere sincero e ammettere tutta la mia ignoranza in materia: a me sto quadro fa letteralmente schifo. Guardandolo e riguardandolo non riuscivo a credere che qualcuno avesse potuto sborsare veramente quella somma iperbolica per appendersi in casa quell’affare (e parlo da incompetente, naturalmente). Per un attimo mi sono immedesimato completamente nei panni di Alberto Sordi, in visita alla Biennale di Venezia: "Sedia con corpo adagiato...". "Aho, ma chi so questi, me stanno a fotografà...!". "Scusino, ma che vogliono..., questa è la mia signora..."(Vacanze intelligenti, 1978). E dunque tanta e tale era la mia indignazione che ne ho parlato con una mia amica, una grande esperta di arte, anche per cercare di capirci qualcosa:
«Che ne dici di sto quadro? Io non ci capisco più niente, in questo mondo non mi ci raccapezzo più…! Un mio amico per esempio, ha speso una fortuna per un quadro di tale Sbirlotti da Buccinasco, artista post-moderno. Hai presente? Una tela di juta…, mezza bruciacchiata…, appesa ad un quadraccio fatto con le cassette della frutta. Piena di acari per giunta…, che poi tra l’altro lui è pure allergico alla polvere. Qualche giorno vado di nascosto a casa sua… e gli passo il pulivapor sul capolavoro…!».
«Per prima cosa nell’arte post moderna è necessario ficcarsi in testa due cose: non è l’aspetto del “disegnino” che conta, ma il fatto di essere il primo a cui viene in mente una certa idea. Cosa significa, nella zucca dell’autore quella roba lì; e poi c’è il corollario: cosa suscita in te che guardi. E poi c’è il desiderio di stupire, che spesso sfocia nella volontà di “scandalizzare”».
«E a te cosa suscita quella robaccia?».
«Dipende dalla robaccia: per esempio quello che mi hai girato prima, quello giallo e arancione, per me è un’alba apocalittica su un mondo trasformato…».
«Dio mio…, Cristina…, tutto bene? Un’alba apocalittica…? Ma a questo qua avanzava un po’ di tempera dalla ritinteggiatura del sottoscala e l’ha sparata col rullo sulla tela…! Almeno i contorni, che diamine, li poteva rifinire meglio…».
«Guardando queste opere si corre il rischio di liquidarle con un “eh bravo, ma così cono capace anche io…”. A parte il fatto che chi fa quadri di questo genere solitamente non ha problemi a realizzare copie del tutto identiche a quadri famosi di grandi artisti, e non credo che il fruitore medio di esposizioni artistiche sia in grado di fare lo stesso; senza poi contare che sì, forse sarebbero capaci tutti, ma solo a uno è venuta l’idea e l’ha realizzata: in questo si trova l’arte».
«Tipo la “merda d’artista”?»
«Esatto».
«È un impazzimento…, ecco come la penso. E noi gli andiamo pure dietro…! Per me la merda è merda. Anche se la fa Michelangelo».
«Al di là dei contenuti simbolici che credo ti sfuggano…, come sempre parli senza sapere».
«Ebbene si, lo ammetto: sono un ignorante. A me sta roba fa schifo. E vorrei vedere tra duecento anni cosa diranno i nostri posteri di queste tele multicolor».
«Se sapessi ti toglieresti il cappello».
«No, non voglio sapere. E anzi, sai cosa ti dico: la merda d’artista la butto nel cesso e tiro anche lo sciacquone».
«La merda d’artista è stata creata apposta come reazione al business che l’arte crea: siccome l’arte vende qualunque zozzeria e il mercato si impenna per qualunque porcata, allora ciò significa che l’artista può fare qualunque cosa e il mercato la valuta e la compra? Benissimo allora io vendo “merda d’artista”.
Un’opera d’arte di contestazione, di aperta contestazione. Non un’opera fine a se stessa, ma qualcosa che esprime potentemente e immediatamente un concetto altrimenti più lungo e contorto…».
«… scusa Cri…, mi sono perso: potresti ripetermi il concetto…?».
ammetto che anch'io sono ignorante in materia e la penso come Yanez, ma leggete cosa riporta wikipedia sulla merda d'artista
RispondiEliminahttp://it.wikipedia.org/wiki/Merda_d'artista
Il valore di un barattolo è stimato a 70.000€ .... lascio a voi i commenti!
See vabbè, su 'sta storia dell'artista che ha avuto per primo l'idea e produce una boiata qualunque che i critici in coro definiscono arte si sta speculando un pò troppo. Non condivido affatto questo modo di pensare, anche se è ormai il leitmotiv sempre più frequentemente utilizzato per sdoganare "opere" che altrimenti verrebbero valutate per le croste che sono. Le tele di Rothko per essere prodotte non implicano nessuna dote e nessuna capacità artistica, ma sono portatrici del messaggio, ormai abusato, legato all'unicità dell'idea che le ha prodotte. L'arte contemporanea è libera da schemi, non risponde ad alcun principio di natura "professionale", non implica specifiche conoscenze o competenze di settore e ognuno può giudicarla a piacimento senza riferimenti, ma è anche vero che non è portatrice di valori positivi afferenti a bellezza, equilibrio e armonia e le "opere" hanno un valore meramente astratto rispetto all'uso che può esserne fatto: pochi se le metterebbero in casa e solo per poter dire "Questo è un Rothko!!" e non per il valore aggiunto di carattere estetico (che non hanno) con il quale invece un bel dipinto arricchirebbe un ambiente. Il re è nudo e Rothko mi fa schifo, con tutto il rispetto per chi lo ama e ci butta 75 milioni di dollari (ahahahaha). ;-)
RispondiEliminaDa perfetto ignorante, ciò che ho letto rispecchia a pieno il mio pensiero.
RispondiEliminaL'esempio del dipinto tricolore è quanto di più azzeccato per esprimere il concetto: il marketing basato su abilissimi influencer occulti porta a risultati strabilianti e del tutto ingiustificati.
Sai cosa penso davvero?
Sono convinto che quel quadro sia stato venduto "sulla carta" e la diffusione della notizia faccia essa stessa parte dell'esperimento.
La distanza che intercorre tra "opere" simili e la vera arte è la stessa che passa tra economia e finanza.
Sarà un caso?