L’altra sera sono andato a letto tardi - come al solito - e ho cominciato a leggere il mio libro da comodino. Vecchia abitudine che chiude in bellezza la giornata e accompagna frase dopo frase verso il sonno ristoratore. Di solito mi accade che più mi addentro nella lettura, più la coscienza scade verso uno stato soporoso che sovrappone sensazioni reali ad altre oniriche, ed il tutto si confonde in una realtà nuova ed immaginifica, che prende vita propria e che, discostandosi dalla trama fino ad allora letta, crea nuove storie, prende altre direzioni, altri epiloghi. Capita spesso, ad esempio, che mi accorga di non essere più sveglio, ma al contempo mi pare che gli occhi ancora leggano dal libro. E quando ciò avviene, provo come un senso di rabbia, perché mi pare di essere vittima di un imbroglio perpetrato ai miei danni dall’inconscio. Inutile dire che poi, al mattino, non ricordo più nulla di quelle misteriose divagazioni. Alle volte invece mi capita di leggere dei libri talmente coinvolgenti che non riesco a staccarmene. E così pagina dopo pagina, tiro degli orari indecenti, perfino per un nottambulo come me. Ed è ciò che mi è capitato l’altra notte. Leggevo Il nome della rosa di Umberto Eco, e mi sono imbattuto in Guglielmo di Baskerville e Adso alle prese con la misteriosa biblioteca dell’abbazia. Ditemi voi, come si fa ad interrompere la lettura arrivati a questo punto? Impossibile. E dunque, quando ho spento la luce dell’abat-jour quasi albeggiava.
Per anni ho lasciato sonnecchiare questo volume nella libreria: non mi sembrava mai il momento giusto per leggerlo. In realtà non ho mai amato leggere libri spinto dall’onda emotiva e mediatica e se devo avvicinarmi ad un autore è perché lo decido io, non perché ne parlano riviste e televisioni. Mi direte, ma Il nome della rosa è stato scritto nel 1980, vale a dire più di trent’anni fa. Ottima obiezione. Allora diciamola tutta: Eco mi ha sempre fatto un po’ paura. Perché? Ma perché mi è sempre parso di essere inadeguato a quel mostro di cultura. E questo nonostante da anni veda gente di ogni strato sociale, di ogni fascia intellettuale e culturale, sfogliare i suoi volumi con grande nonchalance. Ricordo che quando uscì Il pendolo di Foucault non c’era amico, parente o conoscente che non l’avesse acquistato. Sui mezzi pubblici ci si metteva in posa a favore di copertina, per la strada non c’era passante che non impugnasse - oltre all’autoradio - il voluminoso tomo, sulle spiagge e sotto gli ombrelloni idem. Un vero e proprio status symbol. Quanti di questi lettori poi abbiano effettivamente letto il libro, non è dato sapere. Io ci provai anni e anni fa, ma vi rinunciai quasi subito. Ed è da qui che ho sempre provato un certo timore reverenziale verso Eco. Ora però, dopo che negli anni ho affrontato autori il cui solo nome fa tremare le vene dei polsi, mi è parso che fosse il momento giusto per leggere anche Il nome della rosa. E come avrete capito, la lettura mi sta molto piacendo. Che tipo di lettore sono io? In generale leggo molto: almeno due o tre libri al mese. Quando affronto un autore che mi ha colpito particolarmente tendo ad approfondire e spesso leggo tutto ciò che ha scritto. L’oggetto libro mi piace a prescindere, amo sfogliare le pagine, adoro il rumore rotondo della carta che si piega e si rilascia, perfino l’odore della carta mi delizia. E di conseguenza ogni libro viene trattato con molto rispetto, con delicatezza e riguardo: niente orecchie sulle pagine, niente sottolineature, il volume viene aperto senza che il dorso venga troppo sollecitato, etc…! Una specie di oggetto sacro da preservare nel tempo, come se si trattasse di un antico incunabolo medievale scritto su fogli di pergamena. Ci sono amici invece, che non provano soddisfazione se il libro non lo “vivono” molto materialmente. Ma in generale, quali sono i tipo di lettori in circolazione ai nostri tempi? Ce lo dice Libreriamo, il social book-magazine per la promozione dei libri e della lettura.
Si parte con il “divoratore”, ovvero il cosiddetto lettore forte, colui che mette la passione per i libri prima di ogni altra cosa. E che spesso, se non avvezzo all’utilizzo delle biblioteche pubbliche, corre il rischio di finire per stracci. Per un lungo periodo della mia vita ho fatto parte di questa categoria malata senza badare a spese. Quando però, preso dalla curiosità, ho fatto due conti e ho realizzato che viaggiavo sui 500/600 euro all’anno di spesa, ho cominciato a valorizzare con convinzione ciò che avevo in casa. Tipo appunto Il nome della rosa.
Il secondo fenotipo di lettore è il cosiddetto “piluccatore”. Costui è il classico personaggio che ama leggere lentamente, e poi rileggere. Ogni frase va assaporata senza fretta, va pronunciata a voce alta per sentire come suona. L’importante non è la quantità, ma la qualità della lettura.
A seguire c’è poi il lettore “so tutto io”, ovvero colui che legge tutto, capisce al volo e divulga erga omnes la sapienza così acquisita. Non senza una punta di presuntuosa arroganza. Con questo personaggio l’unica tattica possibile è fingersi completamente disinteressati a qualsiasi tipo di argomento culturale. Per fare ciò si consiglia di ricorrere ad una qualche becera barzelletta tipo quelle su Pierino. Passerete per ignorantoni matricolati, ma almeno porterete a casa la pelle.
Troviamo poi “il compratore compulsivo”, ovvero colui che acquista centinaia di libri perché innamorato dell’idea di essere un grande appassionato di lettura. In realtà, come spesso accade, questi soggetti non leggono affatto - se non in minima parte - ciò che acquistano, e si beano semplicemente di ammirare la magnificenza dalla propria libreria.
C’è a seguire “il lettore emotivo”, vale a dire colui che si cala completamente nella vicenda letteraria e ne rimane invischiato per giorni interi - ammorbando all’inverosimile parenti e amici; e poi c’è “il lettore impossibile da accontentare”, ovvero colui che disprezza qualsiasi autore e che quando parla di un libro appena letto sembra che sia sul punto di vomitare; e per finire “l’amante delle copertine”, cioè colui che acquista i libri a seconda del gradimento o meno della copertina. Che pure conta, non c’è che dire, ma che non dovrebbe mai essere l’unico motivo per il quale si decide di acquistare un volume.
Ma al di fuori di questa classificazione esistono tante altre categorie di lettori: tipo quelli che lasciano a metà un libro se non li soddisfa e quelli che invece - come me - si sfiancano per arrivare fino alla fine; quelli che leggono ovunque, persino camminando per strada, e quelli che se non c’è la poltrona preferita, la luce giusta e il silenzio totale non aprono neanche il libro; quelli che leggono solo in bagno per trovare l’ispirazione e altro ancora. E questi sono i lettori. E poi ci sono quelli come Camillo, il protagonista del film Le vie del Signore sono finite:
“Io pure so leggere, eh, vabbè, cioè leggere, insomma quasi, m’arrangio, diciamo, non è che so’ proprio bravo. Io non leggo mai, non leggo libri, cose… pecché che comincio a leggere mo’ che so’ grande? Che i libri so’ milioni, milioni, non li raggiungo mai, capito? Pecché io so’ uno a leggere, là so’ milioni a scrivere, cioè un milione di persone e io uno: mentre ne leggo uno… ma che m’emporta a me?”.
Fonte: http://www.libreriamo.it/a/5217/che-tipo-di-lettore-sei.aspx
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