Fino ad un paio d’anni fa il telefono di casa per me era un vero e proprio incubo: non c’era santissimo giorno che Iddio mandava in Terra che non ci fosse qualche fottuto call center aziendale che cercasse di vendermi con insistenza molesta un qualche dannatissimo prodotto o servizio: una seccatura senza limiti. Le chiamate arrivavano con precisione svizzera verso le otto di sera e si svolgevano sempre più o meno alla stessa maniera:
- «Pronto, parlo con il Signor Gennaro Scoccimarro?».
- «No, veramente sono Luigi d’Ausilio».
- «Ah va beh, non importa: senta la nostra compagnia telefonica, con la certezza di farle cosa gradita…».
- «Mi scusi se l’interrompo…, ma come sarebbe che non importa? Lei cercava Gennaro Scoccimarro e invece trova me…!».
- «Ma si, lei non si faccia troppe domande e mi stia a sentire…».
- «E se invece di me trovava Pasquale Tamurriello?».
- «Cambiava poco, mi creda: senta, la nostra azienda le offre la possibilità in esclusiva - pensi che lei è l’unico prescelto tra milioni di clienti - di usufruire di duecentocinquanta sms al costo di trenta euro al mese…».
- «Senta, lasci stare! Provi a chiedere a Tamurriello che sicuramente è più interessato di me».
Questo fino a che non ho raggiunto il livello di saturazione. Da qui in poi non ho avuto più remore e in più di un’occasione ho avuto reazioni degne del miglior cafone dell’agro pontino. Una volta addirittura ho rasentato la perfidia: «Come dice scusi…? Non la sento bene: un attimo che le passo sua Eccellenza il Prefetto…». Dall’altra parte hanno riattaccato subito.
Che poi, passata l’incazzatura, uno s’immedesima, prova un po’ di compassione e si pente di aver trattato male dei lavoratori che infondo cercano solo di guadagnare quattro soldi per tirare fine mese. Ma immancabile giunge una nuova telefonata e il buon proposito umanitario va a farsi friggere…!
Tale fu il grado di fastidio raggiunto in quel periodo che dovetti andare dal mio gestore telefonico per farmi assegnare un nuovo numero. E tale numero questa volta, per mia espressa richiesta, doveva essere totalmente criptato. Avrei dovuto avvisare parenti, amici e conoscenti di questa novità, ma la consapevolezza che non sarei più stato molestato mi metteva addosso una gran contentezza. E così tornai a casa carico di entusiasmo. Giunsero le otto di sera e tutto taceva: avevo ottenuto il mio scopo. Poi, all’improvviso uno squillo. “E chi cacchio è ora…? - pensai con grande sorpresa - Nessuno dovrebbe conoscere questo numero a parte me…”. Tirai su la cornetta: «Pronto, signora Pecorini?». Rimasi di sale: «Ha sbagliato numero» - risposi con voce tremolante per la rabbia. «Mi scusi, ma questo non è il numero 03[xxx]?». Era esattamente il mio nuovo numero. E come cavolo si spiegava quell’arcano. Nei giorni a seguire fu una valanga incontrollata di telefonate, tutte alla ricerca della signora Pecorini. Irritato fino allo sfinimento una sera esplosi con una frase di una volgarità ributtante: «Mi dispiace, ma qui non c’è nessuno… alla pecorina…!». Per farla breve, mi era stato assegnato un numero che precedentemente apparteneva ad una rappresentante di commercio al dettaglio: questa aveva smesso la sua attività e si era disfatta di quell’utenza; e il gestore astutamente, aveva pensato bene di ricollocarlo al primo che passava di là per caso. Ero passato dalla padella nella brace. Feci il diavolo a quattro e alla fine mi fu assegnato ancora un nuovo numero. Per ora sembra che vada bene, ma in questo campo non è mai detta l’ultima parola.
Di certo l’invadenza del mercato e della pubblicità ha raggiunto dei livelli insopportabili in questi ultimi tempi e il cittadino spesso si trova inerme di fronte a simili aggressioni. L’unico modo di sopravvivere e non sopportare l’insopportabile è ingegnarsi in qualche maniera. Sul Daily Mirror di fine agosto per esempio è apparsa una notizia assolutamente in tema. Il sagace Lee Beaumont, esasperato fino allo stremo per le infinite offerte commerciali telefoniche, ha pensato bene di trasformare questa immane seccatura, in un’occasione se non altro di guadagno. Sapete com’è…, data la crisi. E come ha fatto il buon Beamont per ottenere questo strepitoso risultato? Semplicissimo: ha convertito la sua utenza telefonica in un numero a pagamento. Con il costo di soli dieci sterline infatti, il suo numero di casa è divenuto per incanto un numero a pagamento: ovvero una fonte di guadagno. Pare che sul conto personale dell’astuto inglese siano già arrivate ben trecento ricche sterline; e sebbene negli ultimi tempi le telefonate siano diminuite, il business sembra destinato a sicuro successo. E per i suoi contatti personali? Pagano l’obolo anche parenti e amici quando chiamano? No, niente lucro nei confronti di costoro: per essi c’è un’altra linea, assolutamente riservata. Da quando il telefono squilla a pagamento, pare che Beamont risponda sempre con grande cordialità, e le conversazioni non termina mai in tempi brevi, ma anzi vanno avanti per mezzore intere. Beamont si fa spiegare tutto, ma proprio tutto per filo e per segno: fa domande, commenta, fornisce opinioni articolate, racconta aneddoti personali. Il tutto per tirarla il più a lungo possibile. Nell’ambiente dei call center ormai lo conoscono tutti. Imbattersi nel suo nome, scorrendo la lista giornaliere delle persone da chiamare, è sempre un’angoscia spaventevole: “Oddio no…, quel seccatore…”.
Bon, vi sta bene: pan per focaccia.
Fonte: http://www.mirror.co.uk/news/uk-news/cold-callers-lee-beaumont-turns-2234967
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