Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

martedì 19 marzo 2013

Quella nevicata del ’85… e non solo

Questa mattina la mia attenzione è stata attratta da una notizia comparsa sul Corriere della Sera: “Total cede a Mitsui il 25 per cento del pozzo di Tempa Rossa”. Tempa Rossa è un pozzo petrolifero sito nel Comune di Guardia Perticara (in provincia di Potenza), ed è in regime di concessione per il 50 per cento ai francesi di Total, per il 25 per cento all’anglo-olandese Shell, e per il restante 25 per cento appunto alla nipponica Mitsui. In questo progetto i francesi hanno investito la bellezza di 1,6 miliardi di euro, e quando il campo di Tempa Rossa entrerà a regime farà aumentare la produzione italiana di greggio del 40 per cento. Cosa c’è di particolare in questa notizia, vi chiederete. Ebbene, in un lontanissimo giorno di maggio del 1985 avevo tredici anni e mi trovano in seconda media. Dopo l’intervallo – o meglio la ricreazione – entrò in classe la professoressa d’inglese, colma di entusiasmo e rivolgendosi a tutti, disse: «Ragazzi, devo darvi una notizia sensazionale… in Basilicata hanno trovato il petrolio». Rimanemmo attoniti, come se non afferrassimo fino in fondo cosa volesse significare quell’informazione. L’unico che reagì d’impulso – e la cosa fu sommamente comica – fu il mio amico Davide: «Ma non ci credete a quello che dice questa qua…! Sono tutte sciocchezze…». La professoressa divenne paonazza di rabbia ed esplose in una serie di contumelie all’indirizzo del povero Davide, che probabilmente non si rese neanche pienamente conto di quale grave affronto si era macchiato. Non so per quale motivo egli se ne uscì con quella frase sconsiderata. Forse perché aveva in antipatia la professoressa, o forse perché odiava l’inglese. Fatto sta che quella gag riscosse uno effetto straordinariamente esilarante. Tanto che ancora oggi se ne parla con i vecchi compagni di scuola: «Chi di voi si ricorda di quella volta che la Levati entrando in classe disse: “Ragazzi, ho una bellissima notizia. Hanno scoperto il petrolio in Basilicata”. E Davide rispose: “Ma non ci credete…, sono tutte cavolate…!”. E lei s’incazzò come una mina…».
«Qualche tempo fa ho ricordato a Davide questo episodio e lui sapete cosa mi ha risposto? “E allora? Stronza era e stronza é rimasta”. Quanto ridere…».
«Parole sagge…»
«A no, non toccatemi la Levati».
«Fiorella, hai ragione! Ho imparato più con lei in tre anni che nei cinque delle superiori».
«Pure io, e ho fatto il linguistico soprattutto grazie a lei».
«Io invece proprio non la digerivo…»
«A me ha dato dei votacci per due anni e la odiavo. Poi le cose sono cambiate e ho cominciato ad apprezzarla. Il giudizio che abbiamo di qualcuno è sempre molto soggettivo. Purtroppo o per fortuna».
«Già, mi sa che hai ragione Lu».
Ad ogni modo, dopo quattro anni di studi geologici e rilievi sismici, l’Agip ritenne antieconomica l’impresa e per decenni abbandonò l’idea di estrarre greggio da quei pozzi (a quell’epoca il petrolio andava a 48 dollari al barile). Da quella data in poi tuttavia, l’offerta di petrolio cominciò a diminuire e la domanda schizzò alle stelle, trascinando al rialzo i prezzi. Parallelamente si affinarono le tecniche di ricerca e di sfruttamento dei giacimenti e così anche il petrolio della Basilicata divenne appetibile. Dunque, per tirare le conclusioni, nel breve periodo aveva ragione Davide, nel lungo la professoressa.
Tutto ciò mi ha fatto riflettere su quanto tempo sia passato da allora, quanta strada abbia fatto l’umanità in trent’anni. Mi fa uno strano effetto parlare alle volte con dei ragazzi e scoprire che per loro, per esempio, i nomi di Gullit e Van Basten sono pressoché sconosciuti. Poi rifletto e mi rendo conto che quando il Milan di Sacchi vinceva la Coppa dei Campioni gli attuali ventenni non erano neanche nati. Questo sì che è un portentoso strumento di misurazione del tempo. In quel lontano 1985 Cossiga veniva eletto Presidente della Repubblica (“Il Picconatore”); nell’allora U.R.S.S. Gorbaciov veniva nominato segretario del Pcus e avviava la perestrojka; Jacques Delors presiedeva la commissione esecutiva della Cee; a Los Angeles veniva pubblicata We Are the World (M.Jackson/L. Richie); allo stadio Heysel di Bruxelles 39 persone morivano durante la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool; in Sud Africa scoppiava la rivolta contro l’apartheid; Falcone e Borsellino chiudevano l’ordinanza di rinvio a giudizio contro 707 persone sospettate di appartenere a Cosa Nostra. E ancora: il biglietto del tram costava 500 lire, il pane 1.200 al chilogrammo, la carne di manzo 11 mila, la benzina 1.329 al litro. E poi il caffè al bar costava 400 lire, il latte 780 al litro, il vino 900 e il dollaro vale 2.200 lire. E lo stipendio di un operaio era 600 mila lire. Un’era geologica fa.
Ma quel 1985 rimase famoso per un evento in particolare: la “Nevicata del secolo”. A Milano, dopo quattro giorni e tre notti di nevicata ininterrotta (dal 13 al 17 gennaio), il manto nevoso arrivò fino a 70 centimetri (nell’hinterland superò il metro). Assolutamente impreparato ad un evento di tale portata, tutto il Nord Italia piombò nel caos. Ci volle l’intervento dell’Esercito per sgombrare le strade. Sotto il peso della neve crollò il tetto del velodromo Vigorelli. E non fu mai più ricostruito. Scuole e uffici restarono chiusi e tutte le vie cittadine vennero invase dall’allegria dei bambini. Me la ricordo bene quella nevicata, e mi ricordo la gioia che provavo a giocare con gli amici. C’era un silenzio ovattato, irreale, le automobili non circolavano e tutto era candido come panna montata. Ogni tanto, a squarciare quella quiete, sopraggiungeva un boato spaventoso e inatteso: erano gli accumuli di neve sui tetti dei palazzi che precipitavano fragorosamente al suolo. Spaventandoci a morte. In quella settimana di vacanza insperata e inaspettata si svolsero avvincenti battaglie a palle di neve, vennero costruiti monumentali pupazzi di neve, spuntarono bob di plastica rossa, slittini di legno e perfino alcuni sci. Si giocava in cortile senza doposci o giacconi da montagna: i bambini avevano il cappotto, gli scarponcini, e i guanti di lana (quando andava bene). E tornando a casa fradici sapevano di andare incontro alle rampogne della mamma. Un pomeriggio ricordo che scesi in strada e vidi un ragazzino, che abitava nel mio caseggiato, intento ad accumulare una palla di neve mostruosa sulla capote dell’automobile di mio padre. Ne seguì una delle prime scazzottate della mia vita.
«E vi ricordate quando la professoressa di matematica ci diede per punizione una marea di espressioni da fare a casa per compiti?».
«Ecco questo me lo ricordo anche io…».
«È da li che mi sono piaciuti i numeri…».
«Accidenti, questa me la sono persa…! E la professoressa di arte? Ma lei c’ha mai insegnato qualcosa? Comunque a me piaceva di più il professore di tecnica. Anche lei però aveva il suo perché…»
«La prof di arte, a voi maschietti, vi ha fatto scoprire il magico mondo degli ormoni».
«Si, in effetti era una gran bella fantasia…!».
«E chi si ricorda dell’altra, la supplente d’arte con i capelli corti? Camicetta perennemente sbottonata…».
«Luigi, un sussulto di memoria: il primo capezzolo live…».
«Esatto… ho ancora impressa la faccia di Braconi quando le si metteva di fianco e sbirciava…».
«Mi sto commuovendo…! Voglio tornare bambino…».

Grazie ragazzi.

Nessun commento:

Posta un commento