L'altro giorno ho accompagnato un amico ad una visita da un ortopedico. Sono ormai molti mesi che avverte un dolore al ginocchio sinistro e non può fare neanche dieci minuti di cammino che il fastidio si trasforma in dolore lancinante. E così, finalmente, si è deciso a consultare un esperto. Lo studio del luminare si trova nella bergamasca e la segretaria come riferimento stradale ci ha detto: "Siamo sopra al fioraio". Abbiamo girato a vuoto per un bel pezzo, anche perché l'unico negozio che si vedeva nella via era un gigantesco sexy shop a diciotto vetrine. A quel punto, dopo lungo tentennamento, abbiamo parcheggiato l'auto e siamo scesi con l'intenzione di chiedere informazioni. Ovviamente ci siamo prima guardati attorno: mica che c'era nei paraggi qualche conoscente che poi andava subito a riferire...! Ed è solo allora che ci siamo accorti della presenza di un minuscolo, discreto negozietto di fiori sul retro del caseggiato. Il mio amico mi ha fissato e con una smorfia sottile ha detto: «Certo non è bello dire "ho lo studio sopra al sexy shop". C'è da capirlo...».
E così siamo saliti al primo piano e ci siamo accomodati. Dopo una mezzoretta di attesa la porta del gabinetto medico si è aperta e ne è sortito un nano claudicante. Ci ha sorriso e noi di rimando. Al che, per rincuorare il mio amico ho detto: «Quelli sì che sono problemi seri...». Lui non l'ha presa molto bene e ha risposto: «Cosa intendi dire? Guarda che a me il ginocchio fa male davvero, sai…». Al che mi sono limitato a frullare una mano in aria...! Sempre con l'intento di sollevargli il morale.
Dopo qualche attimo siamo stati chiamati dal dottore e ci siamo accomodati su due splendide poltrone in sky-finta pelle.
«Chi è il paziente?».
«Sono io, dottore» - ha risposto il mio amico atteggiando una faccia molto sofferente.
«Bene, tolga i calzoni e si sdrai sul lettino».
«Fa male qui? Fa male qua? Se tocco qui, sente qualcosa?».
«No, no...! Ecco, un pochino lì, ma non troppo».
Finita la visita il mio amico si è rivestito e si è riseduto sulla poltrona.
A quel punto il medico gli ha chiesto: «Che lavoro fa lei?».
«L’autista, dottore».
«Autista di camion?».
«No, tassista».
«Ah, quindi non è che salta giù dalla cabina…?».
«No, assolutamente».
A quel punto ho voluto dare il mio prezioso contributo alla causa: «Qualche volta salta giù dal pero, ma non credo che centri col dolore…».
«No, direi proprio di no…».
All'uscita dallo studio il mio amico non sembrava molto soddifatto né della diagnosi né della cura. E in più ha aggiunto: «La prossima volta se eviti di parlare, magari è meglio. Grazie».
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