Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

mercoledì 20 febbraio 2013

Aveva ragione Bracardi: l’uomo è una bestia

Da molti anni ormai anche in Italia sono arrivate fascinose discipline psico-motorie orientaleggianti tipo yoga, kendo, wushu, aikido. Le prime volte che si vedevano praticanti di tai chi nei parchi cittadini si restava assai sconcertati, come se si assistesse all’esibizione circense di un raro animale in via d’estinzione. Quei movimenti lenti, quelle posture strane, associate a dei volti serissimi e inespressivi, lasciavano assolutamente interdetti i curiosi. Qualcuno a dire il vero, non avendo alcuna cognizione di causa, era anche tentato di chiamare d’urgenza la neuro-deliri. Ora invece, che la moda è ampiamente diffusa, nessuno fa più quasi caso a costoro. Certo c’è ancora qualcuno che osserva con ammirazione questo spettacolo, soprattutto tra le categorie più stressate e paranoiche, quelle che tanto anelerebbero riacquisire un minimo di equilibrio mentale nel marasma che attanaglia le nostre vite agitate. E sì perché, osservando queste persone alle prese con i loro esercizi, ciò che si percepisce subito dai loro sguardi è un gran senso di rilassatezza, una pace interiore assoluta, una calma totale e quasi trascendentale. Eppure non è sempre stato così. All’inizio, come giustamente aveva già rilevato Terzani in Un altro giro di giostra, queste discipline erano state recepite in maniera forse distorta dal mondo occidentale. Mentre nei paesi dove queste filosofie erano sorte, i praticanti apparivano effettivamente in uno stato d’estasi, da noi, si potevano osservare dei volti serissimi, corrucciati, truci e per nulla rilassati. D’altra parte non è che si può acquisire una cultura millenaria in pochi giorni. Oggi per fortuna, pare che la faccenda abbia preso finalmente la piega giusta. Quante volte si sente dire: “Ah guarda, quel tizio non riuscirebbe a sconvolgerlo neanche lo tsunami di Giava. Lui si che è assolutamente zen”. Così dicendo si sottolinea lo stato di assoluta atarassia raggiunta da questi individui, tale appunto che qualunque cosa possa accadere loro, dai problemi sul lavoro, a quelli sentimentali, dalla rovina economica al cataclisma meteoritico (o anche meteorico e aerofageo) nulla intaccherebbe la loro tranquillità interiore. Perché in effetti questi fortunati, attraverso la pratica meditativa e la rinuncia alle distorsioni dell’ego (così dicono loro…), hanno raggiunto l’armonia perfetta, l’esperienza completa e profonda della vita, sono cioè diventati padroni assoluti della loro mente e dei loro sentimenti, unici detentori delle chiavi emozionale. Provate ad insultare uno di questi zen, schiacciategli un piede con molta violenza: tutto ciò che otterrete sarà uno sguardo serafico, imperturbabile, come colui che posa i suoi occhi su un malato di mente. Ciò non vuol dire che costoro siano dei masochisti, tutt’altro. Anzi, se davvero vi siete malauguratamente provati a schiacciare un piede ad un cultore dello Yin e dello Yang, cercate di scappare il più rapidamente possibile: avete presente il calcio rotante di Chuck Norris? Ecco, ciò che vi potrebbe capitare è infinitamente peggio. Ma sempre senza odio. Ad ogni modo ciò che si invidia di più a queste persone è proprio la calma, la tranquillità, la mancanza assoluta di aggressività (salvo, come abbiamo visto per autodifesa): tutto ciò viene identificato con il migliore dei modi possibili di vivere, vale a dire nessuna preoccupazione, nessuna angoscia, nessun rancore, solo una vita fatta di serenità, armonia e consapevolezza. Questo fino a ieri. Ora però d’oltre oceano giungono nuove ricerche scientifiche che tenderebbero a mettere in discussione tutto ciò: l’autocontrollo e la meditazione non sarebbero affatto la via giusta per raggiungere né una buona vita, né una salute di ferro. Tanto per cominciare pare che una sana arrabbiatura, con urla ed esplosioni di violenza, sia assai utile alla pressione sanguigna e consenta un minor accumulo di cortisolo, il pericolosissimo ormone dello stress, causa ogni anni di spaventevoli attacchi apoplettici fulminanti. A sostenere questa tesi sono i ricercatori della Carnegie Mellon University di Pittsburg (Usa), secondo i quali è infinitamente meglio dare sfogo alla propria rabbia, che soffocare l’aggressività, con il rischio concreto di scoppiare. E per quanto riguarda il turpiloquio? Difficilmente sentirete uno zen pronunciare parolacce o frasi poco eleganti, nemmeno nella più tragica delle situazioni. Eppure, stando a ciò che sostengono gli studiosi della Keele University, un linguaggio scurrile aiuterebbe a sopportare meglio il dolore. Vi è mai capitato di darvi una martellata sul pollice mentre piantate un picchetto da campeggio? Brutta faccenda, vero? Ecco, se per assurdo vi tappaste la bocca con lo scotch, o vi imponeste volontariamente di non emettere un solo fonema dalla bocca (tipo Fantozzi nel camping dei tedeschi), probabilmente sentireste un dolore infinitamente più atroce, rispetto allo sfogo della bestemmia libera. Un’altra cosa che uno zen non farebbe mai è il riposino pomeridiano. La prima regola è la disciplina, ovviamente: più si indulge in cattive abitudini, più ci si concede momenti di mollezza e pigrizia, più si corre il rischio di perdere il controllo della mente e del corpo. Eppure, direttamente dal Canada (University of British Columbia), giunge notizia che un pisolino dopo pranzo moltiplica le chance di arrivare felicemente alla vecchiaia. Dunque stendersi sul divano dopo un’abbondante mangiata, innaffiata da ottimo vino rosso e amaro della casa, non solo sarebbe un piacere, ma addirittura un toccasana per la salute. Ecco perché in alcune aziende avveniristiche sono state allestite stanzette per il riposino pomeridiano dei dipendenti. Questo sì che è vero umanesimo post-industriale.
E veniamo alla musica: avete mai visto un tipo zen che ascolta musica ad alto volume? Ma andiamo, al massimo qualche aggraziata nota di biwa e taiko, nell’incantata atmosfera del giardino dei fior di loto. Secondo una ricercata della Manchester University alzare al massimo il volume dello stereo o sottoporsi a estenuanti maratone musicali farebbe bene alla mente. La stimolazione dell’orecchio interno, provocata dalla musica ad alto volume, darebbe piacere al cervello e contribuirebbe a farci sentire bene. Unica avvertenza, usate delle cuffie, sennò al tipo zen saltano i nervi e viene giù a darvi un sacco di legnate.
E per concludere la passione per il gioco: cosa volete che possa importare del Bingo o della Lotteria, ad un soggetto che ha raggiunto la pace dei sensi? Nulla si direbbe. Eppure, al di là della possibilità di intascare qualche bella vincita (ipotesi improbabile, a dire il vero), dalle ultime ricerche condotte alla Yale University (Usa) sembrerebbe che coloro che si concedono di tanto in tanto qualche scommessina, siano più sani e felici dei coetanei non giocatori. E il motivo risiederebbe nel fatto che il gioco favorisce la socializzazione e la stimolazione cerebrale. A patto che non si ricada nel solipsismo del video-poker, naturalmente. Siamo di fronte all’ennesima dissacrazione: comportamenti apparentemente deplorevoli, contrari alla logica, al bon gusto, e alla decenza, sarebbero dunque alla base del buon vivere. Ma siamo per caso impazziti? Forse no. Da che l’uomo occidentale ha smesso di considerare la guerra una costante della sua esistenza, ci siamo illusi di poter imbrigliare l’aggressività, di poterla dichiarare reietta e fuori moda. Oggi le manifestazioni violente sono considerate fattispecie da manicomio psichiatrico, l’odio è bandito, il rancore vituperato. Impulsi e istinti naturali sono faccende che riguardano solo gli animali. A parole, salvo poi stupirci degli efferati episodi di cronaca nera. A questo punto sarebbe meglio smetterla di considerarci angioletti, cui ogni tanto salta il ghiribizzo della follia, e rassegnarci all'idea che la violenza ce l'abbiamo ben radicata nel profondo di noi stessi. Siamo parte del mondo animale, gli apparteniamo al pari di qualsiasi altra bestia del creato, ci piaccia o no. E l’aggressività è una delle componenti della vitalità, esattamente come ogni altra pulsione. Togliete l’una e avrete depresso anche l’altra. Occorre che ce ne rendiamo conto una volta per tutte. E non c’è rimedio zen che tenga.

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