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Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

sabato 8 dicembre 2012

Una qualsiasi giornata di carità

Oggi il blog pubblica una lettera intensa del nostro carissimo amico Salvo: si tratta di uno splendido resoconto di una qualsiasi giornata da volontario della Caritas.

«Ciao Luì, ti mando due righe su una giornata passata in mensa, per spiegare un pò il mondo del volontariato; se ti va buttala dentro!
Oggi mi hanno messo al bancone degli ingressi in mensa, con l'incarico di controllare le tessere degli ospiti, farli firmare nel registro delle presenze e consegnare loro il buono-pasto.
E' un punto di osservazione privilegiato (per chi come me è curioso degli altri) davanti al quale scorre un’umanità che non t’aspetti, che ti sorprende: tanti italiani - forse la maggioranza, i nuovi poveri di queste crisi - tanti giovani, tante nazionalità che nemmeno te le immagini. E per tutti la dignità nei vestiti, modesti e curati, e dell’aspetto, e la pulizia - per quanto possibile - delle mani che tracciano la firma. E questa è la cosa che mi ha colpito di più, tanta è la cura che mettono - tutti - nello scrivere nome e cognome nella casella del giorno; così confronto la loro attenzione, e il tempo che ci impiegano, alla mia fretta usuale, allo scarabocchio veloce con cui scrivo il mio nome, quasi un fastidio, una formalità, mentre ho l'impressione che forse per loro è un'occasione per tracciare una presenza.. Scorrono nomi importanti: Vissani, Staiano, Di Pietro.. e luoghi di nascita che mi fanno riflettere: Giovanni, nato a Milano, Anna, nata a Pavia... cosa mai li avrà spinti a lasciare le loro città per finire la loro esistenza alla Caritas di Roma? Tanti Mohamed, tanti uomini ben messi, come quel ragazzo nero alto e sorridente con le cuffie sulle orecchie (mica gli auricolari!) e il giaccone The North Face, o quell'altro col cappellino di pajettes oro e rosse luccicanti... o quella signora coi capelli sciolti, lucidi e lunghissimi (più di un metro, mai visti così) tanto che Paola, la mia "collega", non può fare a meno di chiederle: "ma come fai a tenerli puliti?".. Poi ne arriva una vestita di nero, una col cappellino nero che sembra un uccellino e Paola - che la conosce - le porge il registro e le fa: "come mai così tardi oggi?" e lei: "sono passata da mia figlia, a vedere il mio nipotino... poi ci torno!".. Ma come - penso io - ha una figlia e viene qui a mangiare? Ma come si fa a mandare la propria madre alla mensa dei poveri? Boh. All’una e mezza si chiudono le porte (oggi ne sono entrati 506) e mentre loro finiscono di mangiare per noi è tempo di cominciare le pulizie: i pavimenti, le sedie e i tavoli, i vassoi e le brocche dell'acqua - che oggi la lavatrice è rotta - veloci che sta venendo fame anche a noi e non ci dispiace mangiare, insieme, quello che è rimasto in cucina alle tre di pomeriggio: minestra un po’ scotta, purèe e due mandarini. E due chiacchiere fra noi, che cominciamo a conoscerci».

2 commenti:

  1. Bellissima la riflessione sulla firma degli ospiti: un segno per tracciare una presenza...! Un segno per riaffermare la propria dignità di uomo, la propria essenza di individuo, con una storia, una vita vissuta e, nonostante tutto, un futuro.

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  2. La crisi economica ha colpito la società trasversalmente, ma c’è chi ne sta scontando gli effetti in maniera più evidente: sono i ‘vecchi poveri‘, coloro che già versavano in condizioni economiche difficili e che non riescono più a rialzarsi. Il Rapporto sulle povertà stilato dalla Caritas Milano parla chiaro: negli ultimi dieci anni i cosiddetti ‘poveri cronici’, anche in una delle aree più ricche del Paese (i dati sono riferiti alla diocesi del capoluogo lombardo), sono quadruplicati. Si tratta di chi si rivolge all’assistenza per almeno due anni consecutivi, non trovando risposte definitive dal mondo del lavoro. Nel 2002 i vecchi assisititi rappresentavano il 16% sul totale, oggi costituiscono il 40% di chi chiede aiuto. Nei primi anni del nuovo millennio, i centri di assistenza incontravano soprattutto ‘facce nuove’, poi la crisi economica ha stravolto lo scenario. L’inversione di tendenza nel 2010, quando il numero di vecchi assistiti è aumentato in solo un anno di circa il 20%, a fronte di un numero totale di utenti stabile. A rivolgersi all’assistenza sono soprattutto le donne, che costituiscono i due terzi del totale. Gli stranieri sono il 73,5%: quasi tutti (l’80%) sono in Italia da almeno 3 anni e un quarto vive nel nostro paese da almeno 20. Prevalgono le persone in età lavorativa: tre quarti del campione è compresa tra i 25 e i 54 anni e più della metà non è andata oltre la scuola dell’obbligo.

    Chi scivola nel vortice della povertà, ci rimane più a lungo. E a volte non basta trovare un impiego per rialzarsi. Spesso neanche due occupazioni garantiscono un salario sufficiente e anche chi già lavora stabilmente deve ricorrere all’assistenza. Il problema del lavoro è particolarmente sentito dagli stranieri comunitari: riguarda quasi tre quarti del totale. Per gli italiani la principale causa di povertà è invece l’assenza di un reddito adeguato: quasi la metà degli utenti (il 47,8%) lo individua come il bisogno più rilevante. Particolarmente grave risulta la situazione degli immigrati che rappresentano il 75% degli utenti. Tra costoro quasi un quarto vive nel nostro paese da almeno 20 anni e nonostante ciò ha ancora bisogno di ricevere aiuto per provvedere alle proprie necessità materiali. Segno di un’integrazione che a distanza di molto tempo è tutt’altro che compiuta. A rivolgersi all’assistenza non sono più solo gli stranieri privi di permesso di soggiorno che, anzi, sono diminuiti di due punti percentuali nell’ultimo anno. Ad aumentare è il numero di immigrati regolari (passati dal 37,3 degli utenti totali nel 2010 al 40,5% nel 2011): anche chi riesce a regolarizzare la proprio posizione e magari trovare un lavoro, non riesce comunque a raggiungere l’autosufficienza economica, vedendosi costretto a chiedere aiuto.

    Il rapporto Caritas, condotto su 16.751 utenti intercettati dai tre servizi centrali di Milano – Sai (Servizio accoglienza immigrati), Sam (Servizio accoglienza milanese), Siloe (Servizi integrati lavoro, orientamento, educazione) – e dai 59 centri di ascolto scelti a rappresentare i 324 centri diffusi nel territorio della diocesi, regala un quadro tutt’altro che incoraggiante. Nella regione dove si concentra il maggior numero di attività produttive d’Italia, la povertà continua ad essere una piaga difficile da debellare. Il direttore di Caritas Ambrosiana, don Roberto Davanzo, mostro ugualmente segnali di ottimismo: “Ci rincuora vedere che sul territorio stanno già nascendo proposte di aiuto e sostegno incentrate sulla gratuità e la solidarietà. Sono i mattoni di un nuovo tipo di welfare. Ci auguriamo che le pubbliche amministrazioni se ne rendano conto”.
    (Il Fatto Quotidiano, 20 novembre 2012)

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