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“Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)
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lunedì 24 settembre 2012
Torniamo al Medioevo
Qualche tempo fa sono stato a Lodi alla presentazione del libro "Il Ribelle" di Massimo Fini. Fu una bella serata, trascorsa ascoltando discorsi e argomentazioni, mi verrebbe da dire, "sullo stato dell'Umanità". Il tema dell'incontro era "I sette peccati capitali". Ricordo che ad un certo momento tra il pubblico si alzò un signore di mezza età che, impugnando il microfono, fece una domanda lunghissima, articolatissima, con un'infinità di subordinate e premesse. Un minestrone indigesto e indigeribile. Gli altri spettatori a metà intervento cominciarono a mormorare colmi di livore e disapprovazione.
Fini, dopo che questi ebbe finito, si passò la mano sul volto, come a togliere stanchezza, e con un filo di voce disse: «Come direbbe Fantozzi..., non ho capito la domanda». Ci fu uno scoppio di riso spontaneo nella platea. Se c'è un autore che ha avuto influenza sulla mia formazione, sul mio modo di pensare, di vedere la vita questi è proprio Massimo Fini. E' un uomo controcorrente, fuori dagli schemi, un "cane sciolto", come ama egli stesso definirsi. Cosa che non dovrebbe essere un handicap per un giornalista, ma anzi un valore aggiunto. In fin dei conti compito degli intellettuali è proprio quello di far ragionare, di offrire nuove chiavi di lettura, di fornire spunti di riflessione. Non quello di intruppare le menti verso schemi univoci e totalizzanti. Due suoi saggi, per esempio, riabilitano completamente le figure di Nerone e Catilina, personaggi storici demonizzati da sempre. E tra i suoi ultimi libri c’è anche la biografia del Mullah Omar, che ha suscitato grandi critiche da parte dei “benpensanti”. Le sue pagine hanno una tale potenza logica, argomentativa e di buon senso aggiungerei, che difficilmente ci si trova in contrasto con quanto afferma. Almeno questo è ciò che accade a me quando leggo un suo articolo. Eppure questo giornalista non è amato né dalle grandi testate, né dalla televisione. L'unico che lo invitava in trasmissione di tanto in tanto era il compianto Gianfranco Funari. Massimo Fini da anni, dal lontanissimo '87 ("La ragione aveva torto?") ci avverte di quanto questo nostro modo di vivere sia destinato all'autodistruzione, all'annientamento delle nostre identità, all'anomia. E in ogni articolo vi si legge costantemente di quanto la saggezza, la dignità, l’onestà che allignava nei nostri antenati, ahimè, ci stia abbandonando. Sabato scorso su “Il Fatto Quotidiano” è apparso un suo articolo che condensa e riassume tutta la sua visione del mondo. Eccolo a voi, buona lettura.
«Nel Medioevo la Chiesa, attraverso le elaborazioni concettuali della Scolastica (Tommaso d’Aquino, Alberto Magno, Raymond de Pennafort, Enrico di Langstein, Buridano, Nicola Oresme, Duns Scoto), condusse una lunga, generosa, e per molto tempo vittoriosa, battaglia non solo contro l’usura ma anche, cosa che oggi si tende a dimenticare, contro l’interesse. E con argomenti più sottili e sofisticati di quelli di Aristotele che sosteneva che il denaro, essendo sterile, non può produrre altro denaro [...continua a leggere l’articolo]
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