“Vai a capire le donne…! ” Quante volte ho sentito questa frase, quante volte mi è capitato di passare ore e ore ad ascoltare gli sfoghi di amici e conoscenti in difficoltà con le rispettive partner. Tremendissime lamentazioni, condite con un misto di autoflagellazione, autocommiserazione e depressione cosmica. Seguite immancabilmente da desiderio di rivalsa, rancore feroce, aggressività esplosiva.
Sentimenti incongruenti, fluttuanti, contrastanti e configgenti gli uni con gli altri. Spiegabili solo con l’enorme stato di confusione e sbandamento psichico che può provocare la fine di una relazione a cui si tiene molto.
In queste circostanze ti senti obbligato moralmente a intervenire, a dire qualcosa di sensato, di utile per la triste condizione del disgraziato, a fare la parte dello psicologo emotivamente coinvolto. Ma immancabilmente ti trovi di fronte al muro del “nessuno mi capisce, nessuno mi potrà mai capire”. Al che tu provi a ribattere, a inserirti nelle disperate lamentazioni del poveretto senza apparire troppo ipocrita, ma non c’è nulla da fare. Questi non ti ascolta neanche: il suo unico intento è quello di sfogarsi, di urlare al mondo intero tutto il suo infinito dolore. E così, avendo preso coscienza della cosa, ti adegui al ruolo che la circostanza ha ritagliato per te, vale a dire quella del figurante che ascolta, che porge la spalla al pianto e atteggia faccia sofferente ed empatia al massimo livello possibile. Anche se onestamente non te ne frega un bel niente, e anzi ti verrebbe da dire: “La sai una cosa, bello? Ha fatto bene a lasciarti…, ha fatto proprio bene: non ho mai visto un rompicoglioni come te…”.
Una volta mi capitò un collega che, per sua (e mia) somma disgrazia, era stato lasciato dalla fidanzata. In uno sprazzo di onestà mi aveva confessato che, in fin dei conti, la colpa di quella rottura era stata la sua: prima ancora che ella gli desse il benservito infatti, era stato lui a lasciarla per mettersi con un’altra. Poi però, resosi conto di aver fatto, con rispetto parlando, una grande stronzata, aveva cercato di rimediare, di riallacciare i rapporti. Ma era troppo tardi: la sua ex non aveva perso tempo e aveva trovato un altro bel grullo con il quale spassarsela. E il mio collega si affliggeva, si straziava l’animo in pianti a tutte le ore del giorno e della notte. E come non bastasse tutto il tempo che gli dedicavo al lavoro, trascurando peraltro le mie incombenze – ma di questo francamente mi fregava men che meno – , prese a chiamarmi anche sul cellulare, ad orari improbabili. Ed era sempre la stessa solfa deprimente e indigeribile. Che poi, quando finiva il credito, prendeva a farmi degli squilli rapidissimi, ed io, citrullo fino in fondo, lo richiamavo anche: mi asciugava ogni volta non meno di una decina di euro buoni. Poi, tutto d’un tratto, prese a fare discorsi strani: “Io non so se devo uccidere, o se mi devo uccidere…”. Al che capii subito che la tragedia si stava trasformando in farsa, e come conseguenza smisi di stargli dietro. Nel giro di qualche settimana, si fidanzò felicemente con una giovane ragazza rumena. E finalmente smise di frantumarmi le palle.
Facile parlare così, mi ribatterete: prova un po’ tu a trovarti in una situazione analoga. In effetti, devo ammettere che le prospettive cambiano “leggermente” quando siamo noi al centro di una tale tempesta. D’altra parte, nonostante l’essere umano sia un animale empatico, portato cioè a immedesimarsi nel prossimo e provare le sue stesse emozioni, non riusciremo mai – per fortuna verrebbe da dire – a vivere con la stessa intensità le sensazioni delle persone che ci stanno di fronte. Ovviamente anch’io ho provato delusioni sentimentali, anch’io ho sofferto per amore. Come tutti del resto. Le mie reazioni però, sono sempre state estremamente contenute e limitate nel tempo – forse anche perché raramente sono stato coinvolto in maniera totale – . E soprattutto non mi è mai passato per la mente di ammorbare neanche il mio miglio amico con simili faccende. Un po’ per pudore, un po’ perché so quanto sia pesante star dietro ad un deluso d’amore. Solo recentemente mi sono aperto con qualcuno, ma solo e soltanto perché dall’altra parte sentivo un interesse vero per la vicenda. E la cosa mi ha dato molto piacere, perché è utile e confortante poter ascoltare il parere di persone per noi preziose.
L’altro giorno leggevo un’intervista a Marco Rossi, psichiatra e sessuologo: il titolo dell’articolo recitava “Capire gli uomini in dodici lezioni”. Nella sostanza si affrontava il complicato argomento del diverso modo di relazionarsi tra uomini e donne, e pur con tutte le cautele del caso – “le persone sono diverse l’una dall’altra pertanto è difficile e non sempre corretto generalizzare…” - , l’esperto dichiarava “ci sono affinità nei comportamenti maschili (come in quelli femminili) e diventa interessante pensare a qualche regola generale che aiuti a capire chi si ha di fronte”.
A cosa ci porta tutto questo? Per esempio a darmi delle spiegazioni all’accusa che spesso ho sentito rivolgermi da alcune partner: “Sei stato poco chiaro con me…”. E dunque, tenendo conto come regola generale, che l’universo femminile e maschile sono fatti per non comprendersi reciprocamente (a Roma si direbbe: “Famo a non capisse…”), ecco alcune considerazioni di pratica utilità:
“Gli uomini tendono a non esprimere i loro sentimenti con le parole, ma con i gesti, con le cose concrete”. Ovvio, è rarissimo trovare un uomo che si lanci in frasi sentimentali, proclami di passione e amore. Per nostra natura, salvo i poeti che pure devono fare il loro mestiere, ogni concessione all’affettuosità manifesta ci appare come qualcosa di insopportabilmente sdolcinato, languido, lezioso, mellifluo. Non sentito, e dunque falso oltreché lesivo del pudore proprio del maschio.
“Il modo di ascoltare degli uomini è diverso da quello delle donne”. Mentre queste ultime interagiscono di più durante il dialogo, i primi tendono ad immergersi nella riflessione, senza dare a volte segni di vita. E simile atteggiamento, naturalmente, fa pensare a distrazione, disinteresse, svogliatezza e quant’altro. Ma non è così, garantiscono gli esperti, anche se in determinate circostanze il dubbio che l’uomo stia pensando alla partitella di calcetto con gli amici, resta.
“L’uomo rafforza il rapporto condividendo qualcosa di molto personale (passioni, interessi)”, mentre per le donne contano di più i pensieri e i sentimenti. Quante volte, ad esempio, ci si presenta entusiasti dalla fidanzata con due biglietti per andare a San Siro e ci si ritrova invece all’incontro settimanale degli amici del libro? Roba da suicidio…!
“L’uomo ha bisogno di spazi tutti suoi”. E qui veniamo ad uno degli argomenti più problematici in fatto di coppia. Chi di noi non ha mai sentito frasi del tipo: «Tu non mi coinvolgi nella tua vita, nelle tue scelte, nei tuoi viaggi…». Fino a che la donna non riuscirà a capire che per l’uomo la libertà (sia pure vigilata, condizionata o provvisoria) è essenziale come l’aria che respira, non comprenderà la natura del partner. E farà del male al rapporto.
“L’uomo dimentica in fretta”. Mentre le donne, a seguito di eventi spiacevoli e difficoltà, sono portate anche per lunghi periodi a manifestare ansia, stress e depressione, l’uomo tende a sorvolare e dimenticare in fretta. Ecco perché spesso, all’uomo ignaro, si ripropongono situazioni che sembravano risolte e invece erano semplicemente sottaciute. E sono le più terribili, perché oltretutto si passa per esseri spregevoli e insensibili.
“L’uomo ha bisogno di indizi chiari e diretti”. In altre parole, se una donna vuole qualcosa da un uomo, glielo deve mettere quasi per iscritto, e nella forma più trasparente possibile, data l’assodata incapacità di cogliere al volo del maschio. Tristezza, scontentezza, ma anche desiderio, bramosia d’amore: niente di niente, l’uomo per sua natura non percepisce quasi nulla. Sottoscrivo totalmente questa considerazione, ed anzi aggiungerei, per restare sul personale, che le storie sentimentali più belle le ho vissute proprio grazie all’insistenza e abnegazione di alcune partner nel fare in modo che io capissi: fosse stato per me, potevano passare i secoli.
“L’uomo ama essere apprezzato per quello che fa”. In altre parole, più questi avverte un incoraggiamento in relazione ai propri atteggiamenti o comportamenti, più si sentirà spinto a fare sempre meglio. Ecco perché ad esempio, se mia madre diceva a mio padre di piantarla con i suoi inconcludenti lavoretti in casa, egli rispondeva: «Tu sei una donna castrante…».
“L’uomo pensa al sesso più della donna”. Le statistiche dicono che la maggioranza dei maschi pensano al sesso minimo una volta al giorno; tra le donne invece la percentuale si riduce ad un quarto. Gli uomini inoltre hanno fantasie erotiche due volte più frequenti, oltre che più varie, e pensano molto più spesso anche a rapporti sessuali occasionali. E tutto ciò per le donne si racchiude in un’unica espressione: «Porco».
“L’uomo vorrebbe che la donna prendesse più spesso l’iniziativa nel sesso”. E tutto ciò per gli uomini si racchiude in un’unica espressione: «Porca».
“Ci sono volte che anche all’uomo non va di fare sesso”. Lo stress da lavoro, i problemi economici, le preoccupazioni quotidiane, possono influire negativamente anche sull’uomo, non solo sulla donna. Certo sentire «no, non mi va…, ho mal di testa» suona strano, siamo d’accordo. Ma è pur sempre una circostanza da tenere in considerazione. E che non significa mancanza d’interesse.
“Per l’uomo conta molto il piacere della partner”. Checché ne dicano e ne pensino tutte le donne del globo. Ecco perché, suggerisce il sessuologo, occorre sforzarsi di parlare, di spiegare ciò che si ama sotto le lenzuola.
Ecco, sì parliamoci. Forse questo è il suggerimento migliore. Evitiamo i sottintesi, non diamo mai niente per scontato, cerchiamo di essere i più trasparenti possibili nei nostri atteggiamenti. Occorre rendersi conto, e parlo per esperienza personale, che tutto ciò che viene sottaciuto, o anche solo sottinteso, può essere motivo di fraintendimento, di incomprensione, di malintesi. A maggior ragione se consideriamo che il 90% delle nostre comunicazioni avvengono attraverso il linguaggio non verbale. E tutti sanno quanto sia facile fraintendere una parola, figuriamoci un gesto.
A volte basta davvero poco per rafforzare un rapporto: un piccolo sacrificio, un gesto di buona volontà, qualche grammo di umiltà. Poca cosa, credetemi, rispetto al conto salato del rimpianto.
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