Dagli Stati Uniti, a parte le sparatorie selvagge, i fallimenti di banche d’affari e i cicloni autunnali, arrivano sempre notizie di una straordinaria amenità. D’altra parte stiamo pur sempre parlando della Patria dei sogni, la Mecca delle opportunità, il Paradiso degli uomini di buona volontà. Già, di buona volontà, ma non degli uomini di buona volatilità (chimicamente parlando).
Questa volta l’attenzione dei media è stata calamitata dai problemi relazionali di un ufficio federale del Maryland. E già, perché come se non bastasse la tragica piaga delle differenze caratteriali, delle incompatibilità ambientali, dei superiori rompicoglioni e dei clienti fastidiosi più dei pidocchi inguinali, ora pare che sui disgraziatissimi impiegati incomba il temibile flagello del collega petomane. Dopo mesi e mesi di violente procelle intestinali, turbolenze agghiaccianti con produzioni di venti in grado di stravolgere le previsioni del tempo se solo i responsabili del servizio meteorologico ne fossero venuti a conoscenza, i lavoratori di questo disgraziatissimo ufficio federale, hanno deciso di rivolgersi ai superiori per far cessare le spaventevoli emissioni di cui era latore il loro esimio collega. Il capoufficio dirigente, uomo peraltro di una solerzia encomiabile, si è immediatamente attivato e, con la proverbiale efficienza che contraddistingue la burocrazia anglosassone, ha messo in piedi una commissione d’inchiesta tesa a valutare attentamente le ragioni e i torti di codesto singolare comportamento. Tutto ciò potrebbe suonare strano alle nostre orecchie, esagerato e risibile forse. D’altra parte da noi queste faccende si risolverebbero in ben altra maniera, forse ricorrendo a metodi meno ortodossi. Chi non ricorda la drammatica scena del film Il secondo tragico Fantozzi, in cui lo sventurato ragioniere viene allontanato con violenza dallo scompartimento del treno, per via dei suoi orrendi venti intestinali? Che poi non erano nemmeno suoi, ma del fetido geometra Calboni. Una sequenza davvero spaventevole e raccapricciante: d’altra parte si sa, da noi vale pur sempre il principio che “è meglio un innocente in galera che cento in libertà”.
E pur tuttavia c’è da tenere anche in considerazione il fatto che noi siamo un paese cattolico – non già puritano – e che dunque siano più propensi al perdono che non alla vendetta. E infatti, il tragico omino col basco verde e lo spigato siberiano, il giorno dopo viene riaccolto in comitiva, come nulla fosse mai accaduto. Unico ricordo della notte mefitica, le singolarissime meche color platino del perito Mughini.
Che poi, volendo proprio essere sinceri, ci si potrebbe rifare senza grossi bagni d’umiltà ad un altro passo evangelico, ben più appropriato: “Chi è senza peccati, scagli la prima pietra”. E sì perché, bando alle menzogne, negli uffici, nelle fabbriche, nelle aziende, e in ogni altro ambiente lavorativo – ma verrebbe da dire anche nelle scuole, negli ospedali, nei supermercati, sui mezzi pubblici e soprattutto negli ascensori – è tutto un fiorire di flatulenze di mirabile fattura. Ci sono soggetti che hanno affinato tecniche di rara abilità nel silenziare le emittenze, altri invece che usano tattiche di straordinaria mimetizzazione (boccetta di eau de toilette sempre a portata di mano), altri ancora, i più perfidi, che allentano i pertugi in prossimità di individui già ampiamente chiacchierati, e sui quali inevitabilmente ricade la colpa del tremendo misfatto. È una guerra agghiacciante che non fa prigionieri.
Ma tornado al caso del Maryland, pare che la commissione d’inchiesta sia stata chiamata a valutare una corposa memoria difensiva del 38enne petomane – con tanto di documentazione medica allegata – , nella quale si illustrava lo stato di salute del “paziente”. E nella quale si reclamava, come diritto inviolabile, la libertà di emissione. La conclusione cui è giunta la commissione al contrario è stata impietosa: “Nulla della documentazione presentata indica che la flatulenza è incontrollabile. Si ritiene che sia una condizione da poter tenere sotto controllo”. In altre parole, si intima al lavorato di sospendere immediatamente qualsiasi tipo di propagazione, pena l’allontanamento immediato del soggetto dal luogo di lavoro o il confino dello stesso in ambiente ben sigillato e a tenuta stagna. Tra le note a piè di pagina si consiglia di provare come rimedio, oltre all’intramontabile Trio-Carbone-Attivo, anche l’ultimo ritrovato in fatto di medicinali anti-meteorici: il Sugheron Forte (da due pollici e mezzo). Dagli atti pare che l’imputato abbia sdegnosamente rifiutato il suggerimento.
Questa storia mi ha ricordato un episodio di vita familiare: un tempo mio nonno materno si accompagnava con un tale detto compare Mimì, e da costui apprendeva nozioni e informazioni di basilare importanza. Fu costui infatti a insegnargli, tra le altre cose, come, quando è perché “indossare” la dentiera. Si chiudevano nel cesso per delle ore e provavano e riprovavano: compare Mimì afferrava i denti nuovi di porcellana di mio nonno, si metteva di fronte allo specchio e illustrava al discepolo il movimento corretto. “Ecco, tac…, semplicissimo”. Una volta applicata la protesi sulle gengive, compare Mimì mostrava spavaldo la dentatura e faceva vedere come la stessa aderiva correttamente. Poi la toglieva e la passava a mio nonno. E questi cercava maldestramente di emulare il compare, ma non vi riusciva. E così il maestro, con una pazienza infinita, ricominciava la stessa lezione. Se qualcuno avesse avuto un bisogno impellente da esplicare, faceva bene a recarsi al bar sottocasa.
E così un giorno, mentre i due parlavano animatamente dell’ultimo documentario sui baluba del Congo trasmesso dalla Rai, a compare Mimì scappò un rumorino incontrollato. Mio nonno lo guardò con severità e l’ammonì dicendo: «A no, questo non si fa. Se devi fare queste cose, vai in bagno». Ma compare Mimì, che aveva pur sempre fama di essere un esperto tuttologo – e di questo ne approfittava spudoratamente – ribatté con una tesi assai singolare: «Gaetano, ma cosa dici mai? Non lo sai che trattenersi in questi casi è pericolosissimo e sottopone a dei rischi gravi per la salute? Recenti studi clinici hanno dimostrato in modo inoppugnabile che arrestare, limitare o anche solo rimandare di pochi istanti i processi metabolici, soprattutto aerei, comporta conseguenze gravissime. E che in casi estremi si può arrivare anche a decorsi fatali».
Mio nonno, che a quel tempo già era gravato da altre malattie debilitanti, ascoltò tutta la tirata con sguardo preoccupato e, pallidissimo in volto, gli credette sulla parola.
Peccato che il petomane del Maryland non abbia conosciuto compare Mimì: forse la sua deposizione non avrebbe cambiato le sorti della vicenda, ma di certo sarebbe stato un piacere ascoltare le sue perle di saggezza.
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