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“Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)
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mercoledì 24 ottobre 2012
Il Paese degli "irresponsabili"
Un paio di giorni fa il Tribunale dell'Aquila ha emesso la sentenza di condanna nel processo che vedeva alla sbarra i presunti responsabili delle morti causate dal terremoto, che ha colpito l’Abruzzo nell’aprile 2009. Era una decisione molto attesa, non solo ovviamente dai familiari delle vittime, ma anche dall’opinione pubblica.
Oggi - a bocce ferme - si leggono i commenti dei personaggi più svariati su tutti i giornali, commenti estremamente critici nei confronti del giudizio. Si fa veramente fatica a trovarne uno, non dico a favore, ma neanche possibilista. I dubbi? Banditi completamente. Ci sono i soliti “Soloni”, sapientoni tuttologi, che sproloquiano di qualsiasi argomento, da come si cucina la pajata in umido alla teoria della relatività. Non possono mancare poi i politici, le autorità di ogni ordine e grado e le istituzioni (che però insistono - molto opportunamente - sulla necessità di abbassare i toni). Mancano fino ad ora all’appello le opinioni dei calciatori e delle veline. L’Italia tutta è in trepidante attesa. E cosa dicono nella sostanza tutti costoro? Semplice: la scienza non si processa. Qualcuno ha paragonato la sentenza dell’Aquila niente meno che ai processi della Santa Inquisizione, quelli che condannarono Giordano Bruno e Galileo Galilei. Certo messa così, la faccenda si presta a facili interpretazioni e distorsioni. “Nessuno può prevedere l’arrivo di un terremoto”.
Ovvio. Questa è stata la difesa degli esimi studiosi. In realtà la sentenza si basa proprio su questo argomento: dato che la scienza non è in grado di prevedere un terremoto, e soprattutto l’entità dello stesso, perché alla vigilia dell’evento, le autorità, basandosi su ben due comunicati diramati dalla Protezione Civile, hanno rassicurato la popolazione, a tal punto da convincerla a tornare nelle proprie abitazioni? Ecco, è per questa ragione che sono state irrogate le condanne, non perché gli scienziati non siano stati in grado di prevedere il terremoto. Come posso dire a qualcuno “stai bel tranquillo che non succede niente” se non sono in grado di prevedere ciò che accadrà. Che faccio, tiro a indovinare? Confido nella buona sorte? Accendo qualche cero alla Madonna di Loreto. Il Fatto Quotidiano riporta un’intercettazione telefonica di Guido Bertolaso, allora responsabile della Protezione Civile, in cui si legge: “Li faccio venire all’Aquila o da te - parla con Daniela Stati, assessore regionale abruzzese alla Protezione civile - o in Prefettura, decidete voi, a me non frega niente, di modo che è più un’operazione mediatica, hai capito? Così loro, che sono i massimi esperti di terremoti diranno: è una situazione normale, sono fenomeni che si verificano, meglio che ci siano 100 scosse di 4 scala Richter piuttosto che il silenzio, perché 100 scosse servono a liberare energia e non ci sarà mai la scossa, quella che fa male”. Ecco, l’idea era quella di tranquillizzare la popolazione, di rassicurare, di placare i mass media. Su quali basi scientifiche? Bah…, mistero della fede. A quel punto avrei accettato di più che il comunicato avesse detto: "Sentite un po', qua non vi possiamo dire niente di certo. Dunque arrangiatevi". Se non altro ognuno avrebbe agito secondo il proprio discernimento.
Leggendo di questi argomenti mi è sorta spontanea una considerazione: sull’Italia grava e graverà per sempre, tra le tante disgrazie, una condannata sopra ad ogni altra: la sciagura del “Capo in fuga”. Presidenti, comandanti, generali, tenenti, sottotenenti, mezzi-marescialli, responsabili (o meglio irresponsabili) che non solo non accettano le proprie responsabilità e quindi ne pagano le conseguenze. Ma soprattutto che le negano a priori e posteriori, e si mettono in fuga da esse. Crolla il regime fascista, firmiamo l’armistizio e i tedeschi s’incazzano? Bon, il Re se la da a gambe levate. Si ribalta la nave? Il comandante s’infila come un topo di fogna nella prima scialuppa. Lo Stato affonda sotto una valanga di debiti? Colpa della crisi del 2008 e un po’ anche di quella del ‘29. Viene giù il mondo intero e restano sotto le macerie centinaia di persone? E che volete da me, non sono mica il Mago Otelman. Ecco, è questo quello che indigna: il fatto che allo scempio, al disastro non corrisponda mai un responsabile. Come si può sopportare tutto questo, come può una persona continuare a vivere la propria esistenza, sapendo che in base ad un proprio gesto, parola, o altro, molte persona hanno perso la loro vita. Persone che quella notte si sono messe il pigiama, e si sono infilate nei loro letti, perché lo Stato vigilava sulla loro incolumità…! Per molto meno ci sono persone che ritengono poco dignitoso continuare a vivere e quindi si aprono il ventre con una katana.
A noi basterebbe che qualcuno, una volta tanto, dicesse: “Ok, l’ho fatta grossa. Chiedo scusa a tutti e mi ritiro”. Ma per fare ciò non dovremmo essere il Paese che siamo. Viva l’Italia.
leggi l’articolo su Il Fatto Quotidiano
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