“Ale, sai tante volte - e sempre più spesso negli ultimi tempi - mi soffermo a riflettere sulle scelte che ho compiuto nel corso della mia vita, sulle decisioni prese, sul mio modo di vedere il mondo, che inevitabilmente ha condizionato la mia esistenza. E guardandomi indietro vedo bivi che hanno influenzato in maniera definitiva quello che sono oggi. Nel bene e nel male. Ma, se potendo tornare indietro, prendessi un’altra strada, come cambierebbe la mia vita? Sicuramente sarebbe diversa, forse mi piacerebbe di più, o magari no: l’unica certezza è che, avendo compiuto quella data scelta, non vivrò mai quella vita che mi sarebbe spettata se avessi optato diversamente”.
Così ragionavo con la mia amica Alessandra qualche settimana fa, durante una di quelle giornate tremendamente uggiose, umide e cariche di tinte grigie. Tipo queste ultime. D’altra parte, come diceva giustamente Flaiano, più si va avanti con l’età più i rimorsi lasciano campo ai rimpianti; e compiere gli anni durante i “giorni della merla” non aiuta affatto l’umore...! Certo che ci vuole una bella fantasia per far nascere un figlio nella stagione più brutta dell’anno…!
Va be’, ma a parte questo, è un dato di fatto che la maggior parte delle persone - ad un certo punto della loro vita - debbano fare dei bilanci. Ed i bilanci, per definizione, prevedono profitti e perdite. A chi infatti non è mai capitato di pensare che una scelta sbagliata abbia comportato conseguenze negative sulla propria vita? (Forse a Razzi, ma non ne sono certissimo…). Oppure che una scelta sbagliata in quel determinato momento storico della propria esistenza, si sia al contrario rivelata quella giusta sul lungo periodo. È il mistero della vita, e va accettato così com’è. Gli antichi per esempio credevano che il fato sopraintendesse alle esistenze di tutti i mortali, e che le scelte compiute più o meno consapevolmente da ognuno, altro non fossero che l’esecuzione automatica di ciò che era stato già scritto sul libro del destino. I protestanti, nei secoli hanno elaborato la teoria della predestinazione; e per Verga, cercare di allontanarsi dal sentiero tracciato per ognuno di noi (il naufragio della ‘Provvidenza’ dei Malavoglia), equivale alla rovina: “il ciclo dei vinti”. Per noi moderni invece, - abbagliati dal mito della ragione - il destino è qualcosa che risiede saldamente nelle nostre mani, e quindi ogni singola scelta compiuta nel corso della vita è un passaggio fondamentale per raggiungere le nostre aspirazioni. Già, ma proprio perché tutto dipende da noi, ecco che la scelta della strada giusta da percorrere diventa inevitabilmente un macigno carico di ansia e angoscia. Questo fino a ieri…! Come forse saprete, da oggi in poi abbiamo tutti uno strumento in più per non commettere errori: di alcun genere…! Il geniale Jonathan Jackson, esperto informatico, ha messo a punto uno straordinario programmino in grado di cavarci definitivamente dagli impicci: accettare o no un determinato lavoro? mollare o no la fidanzata? pizza ai peperoni e salsiccia, o una semplice margherita? Da questo momento non avrete più nessun assillo, più nessuna preoccupazione: decide per voi il programmino…! (che io peraltro, data l’importanza del compito che gli si affibia, chiamerei “programmone”). E come si chiama il fantasmagorico gingillo? “Choice Map”: semplicissimo anche il nome…! L’applicazione, come sottolinea l’inventore si basa su un algoritmo matematico, ed è in grado di risolvere questioni sociali: “Tutti facciamo errori, questo ha dato vita all’idea di una piattaforma digitale che aiutasse le persone a prendere le decisioni migliori”. Fantastico, non trovate? Si forniscono alla macchina tutti gli elementi, si delineano le varie soluzioni, e con un semplice click ecco pronta la risposta più idonea al nostro quesito esistenziale. Niente più dunque giornate gravide di pensieri, niente più tensione, inquietudine, turbamento…, e niente più “notti che portano consiglio”: la macchina eliminerà tutto ciò che non serve, tutto ciò che è sovrastruttura inutile e buona solo a ingabbiarci nelle nostre sterili “paranoie”, e stilerà una lista asettica di pro e contro. E da qui, ecco pronta la soluzione migliore. Che portento la tecnologia, non trovate?
Ecco, a parte gli scherzi, a me tutta questa fiducia cieca nel “sole dell’avvenire” fa tremendamente paura. Possibile che ci sia davvero qualcuno che affiderebbe il suo futuro, la sua vita, ad un ammasso di circuiti elettronici? Possibile che la ricerca spasmodica della comodità, della semplificazione, dell’esistenza senza “pensieri” possa condurci un giorno ad abdicare completamente alle nostre prerogative di esseri pensanti? Possibile? Noi siamo quello che siamo perché la vita ci ha messo di fronte a delle scelte dal giorno in cui abbiamo messo piede sulla faccia della Terra, e nel corso dei nostri giorni l’esperienza (che qualcuno definisce “la somma dei nostri errori”) ci ha plasmato, ci ha fatto crescere e ha modellato il nostro modo di vedere il mondo. Ma ve l’immaginate un’esistenza in cui i computer ci debbano dire ad ogni passo cosa fare e cosa non fare… persino sull’amore, che è per antonomasia la più grande e meravigliosa follia che ci sia data di vivere? I computer sono degli straordinari strumenti al nostro servizio, ma sono privi - almeno per il momento e speriamo ancora per molto tempo - di qualità che sole appartengono agli esseri viventi: emozioni, sensazioni, intuizioni, umanità, istinto, razionalità e irrazionalità…! Tutto questo, e molto altro ancora, rende l’uomo straordinariamente unico nell’Universo, e non c’è macchina al mondo in grado di eguagliarlo neanche lontanamente. E poi, chi ci dice che la scelta fatta da un computer si riveli per forza di cose la migliore? chi ci dà la certezza matematica che affidandoci ad un processore, ne verrà fuori qualcosa di buono per noi? Se non altro, se devo proprio sbagliare qualcosa, preferisco farlo in perfetta autonomia. O no?
La fiducia che riponiamo in tutto ciò che è moderno e razionale ci sta allontanando sempre più dalla nostra natura, dal nostro istinto, e da tutto ciò non credo che ce ne possa derivare un gran vantaggio.
In un articolo del 2009 così scriveva Massimo Fini: “Mi ricordo la vicenda del cieco e del suo cane il giorno dell’attentato alle Torri Gemelle. L’ordine, nei grattacieli in fiamme, era di stare calmi, di non muoversi, che sarebbero presto arrivati i pompieri e i mezzi a risolvere tutto. Ma il cane non sapeva né leggere né scrivere e, tantomeno, aveva orecchie per ascoltare. Fece ciò che l’istinto gli dettava; si precipitò giù dalle scale trascinandosi dietro il cieco, salvandosi e salvando il suo padrone. Anche noi siamo degli animali e dovremmo recuperare almeno un po’ di questa nostra natura oggi troppo sacrificata alla razionalità della tecnica”.
Fonte: http://www.repubblica.it/tecnologia/?ref=HRHM1-7
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