Forse non tutti il listoniani sanno che il nostro Enrico , soprannominato “lo stambecco delle Orobie” per via delle sue spiccate doti da montanaro (resistenza quasi sovrumana alla fatica, equilibrio impareggiabile dato dal baricentro basso, assenza totale di vertigini, coraggio indomito etc…) è stato compagno di classe al liceo con uno dei più forti alpinisti degli ultimi decenni: Simone Moro.
Se io avessi una tale amicizia da vantare - invece che semplici avvocati, manager aziendali e docenti universitari vari - non perderei occasione di sbandierarla al mondo intero. Ma Enrico, si sa, è persona discreta, riservata, e quelle poche volte che ha avuto occasione di incontrare Simone Moro per eventi pubblici, se n’è rimasto in disparte, quasi vergognoso di appalesare al mondo quella sua conoscenza. Una sola volta pare che abbia infranto i muri della sua modestia e si sia presentato a Simone per salutarlo e ricordargli i vecchi tempi. E Simone, pur essendo in procinto di partire per una spedizione himalayana, e non avendo dunque molto tempo da perdere, pare che lo abbia abbracciato con grande entusiasmo.
Ora a Enrico farà senza dubbio piacere sapere che Simone in questi giorni si trova in Pakistan, impegnato in una prima assoluta: la scalata invernale del Nanga Parbat.
Con i suoi 8.125 metri, il Nanga Parbat è la nona vetta della Terra, ed è considerata una delle montagne più pericolose da scalare («È il secondo ottomila - subito dopo l’Annapurna - per indice di mortalità, ovvero rapporto tra vittime ed ascensioni tentate, con un valore che si aggira intorno al 28 per cento, tanto da essere spesso soprannominata anche “the killer mountain”» - Wipikepia).
Nanga Parbat, in lingua urdu significa “montagna nuda”. Ed in effetti basta dare un’occhiata alla sua vetta per scoprire che le pareti sommitali, a causa delle pendenze estremamente elevate, sono quasi prive di neve.
La storia della conquista del Nanga Parbat parte da lontano: il primo tentativo venne portato avanti dall’inglese Alber Mummary nel 1895, ma fallì tragicamente. Nel ’32 e nel ’34 ci provarono i tedeschi, ma anche sta volta l’impresa non fu coronata dal successo (tre alpinisti più sei portatori morti a causa di una tormenta). Dal ’37 al ’39, ancora i tedeschi (che avevano eletto il Nanga Parbat a loro montagna sacra) ci riprovarono, ma per varie vicissitudini, non ultima lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il successo non arrivò mai.
Il primo uomo a mettere piede sulla vetta fu l’intrepido austriaco Hermann Buhl, il 3 luglio del ’53. L’ultimo tratto lo fece da solo, e senza ossigeno. Un’impresa strabiliante per quei tempi.
Vi fu poi la salita del ’62 di Toni Kinshofer, Sigfried Löw e Anderl Mannhardt; e ancora quella tragica del ’70 di Reinhold e Günther Messner, raccontata da Reinhold in “Razzo rosso sul Nanga Parbat”.
Ecco, ora in questi giorni, come riporta il sito dell’Ansa «Simone Moro e il compagno di cordata David Gottler stanno tentando di raggiungere - in prima assoluta invernale - la vetta. “Simone e David sono a Campo Uno, dove si trovano anche due polacchi. La tendina non è stata danneggiata dal vento o dalla neve. Al momento a Campo Uno è molto freddo e ventoso” riferisce Emilio Previtali, membro della spedizione invernale al Nanga Parbat assieme a Simone Moro e David Gottler, che supporta il team dal campo base. Nelle prossime ore gli alpinisti riceveranno il bollettino meteo con le previsioni dei prossimi giorni, soprattutto per capire quanto durerà la finestra di bel tempo attesa all'inizio della prossima settimana».
In bocca al lupo ragazzi.
Fonte: http://www.simonemoro.com/content/nanga-parbat-2014
http://it.wikipedia.org/wiki/Nanga_Parbat
http://www.ansa.it/web/notizie/photostory/sport/2014/02/07/Simone-Moro-pronto-scalata-Nanga-Parbat_10029980.html
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