Molti dei mali delle attuali società capitalistiche e comuniste scompariranno con l’introduzione di un reddito minimo annuo garantito. Il nocciolo di quest’idea è che tutte le persone, che lavorino o meno, devono godere dell’incondizionato diritto a non morire di fame e ad avere un ricovero. Non dovranno ricevere più di quanto sia indispensabile per mantenersi, ma non dovranno neppure ricevere di meno. È un diritto che risponde a una concezione nuova oggi, benché si tratti di una antichissima norma di cui si è fatto paladino il cristianesimo, e che era messa in pratica in molte tribù «primitive», quello secondo cui gli esseri umani hanno un «incondizionato diritto a vivere, indipendentemente dal fatto che compiano o meno il loro “dovere verso la società”». È un diritto che concediamo ai nostri animali domestici, non però ai nostri simili. Una prescrizione del genere avrà per effetto di dilatare enormemente l’ambito della libertà personale; nessuno che sia economicamente dipendente da altri (da un genitore, da un marito, da un capo) sarebbe più sottoposto al ricatto di venir lasciato morire di fame; individui dotati, che vogliono cominciare una nuova vita, potrebbero farlo a patto che siano disposti a sobbarcarsi al sacrificio di vivere, per un certo periodo, in relativa povertà. I moderni stati assistenziali hanno quasi accettato questo principio: dove quel “quasi” significa “non effettivamente” : infatti, una burocrazia continua ad “amministrare” la popolazione, controllandola e umiliandola. Invece, per avere il reddito minimo garantito non occorrerebbe che nessuno fornisca la “prova” di trovarsi in condizioni di indigenza per ottenere una semplice stanza e un po’ di cibo; sicché, non sarebbe necessaria alcuna burocrazia che amministri un programma assistenziale con gli sprechi e le violazioni della dignità umana che gli ineriscono.
(Erich Fromm, Avere o essere 1976).
Nessun commento:
Posta un commento