L’altro giorno leggevo un articolo il cui titolo mi è parso interessante: “Ricerca: sistema per riconoscere persone dalla camminata”. Ho pensato subito ad una qualche analisi comportamentale, ad uno studio che, attraverso il modo in cui un individuo si muove, fosse in grado di gettare luce sulla personalità di una persona, sul suo carattere e dunque sulle inclinazioni, preferenze, modo di vedere ed affrontare la vita. In realtà la notizia era tutt’altra e la finalità della ricerca non ha alcunché di antropologico. Si tratta in sostanza di un sistema computerizzato, con tecnica biometrica, in grado di riconoscere la camminata di una persona al fine dell’identificazione delle generalità: l’applicazione (assai vantaggioso - dicono i ricercatori - dal momento che il riconoscimento può essere fatto in remoto e non richiede la cooperazione del soggetto) si esplica ovviamente nel campo della sicurezza, consentendo di rilevare comportamenti sospetti (videosorveglianza), controllare l’accesso agli edifici o alle aree riservate e permette analisi demografiche di una popolazione in termini di genere e di età.
Bello, bravi: complimenti. E se invece mi piacesse avere qualche informazione sul modo di camminare delle persone, tale che si possano delineare i caratteri salienti della personalità? C’è qualcosa di questo genere in giro? Mah...! C’è chi cammina a passo lento e con lo sguardo basso come se stesse portando un macigno sulle spalle; chi procede ben eretto e con lo sguardo proiettato sicuro davanti a se al pari di un
Grande di Spagna; c’è poi la cosiddetta camminata pelvica, ovvero quella del tipo con le mani eternamente nelle tasche dei calzoni e a “cui fumano i marroni”…; c’è il lottatore che si muove come se dovesse da un momento all’altro sparare un calcio rotante alla Chuck Norris; e c’è ancora il soggetto vittima della “sindrome Fantozzi”, ovvero colui che trattiene il respiro a più non posso, pur di tirare dentro il ventrone da malato di fegato (con asfissia assicurata); e quelli che camminano con un’andatura tipo gibbone di Sumatra, con le braccia penzoloni e il culo raso terra. Chissà che personalità si nasconde dietro ad ognuno di costoro? Per non parlare dell’andatura delle donne: ancheggiamenti vari, anche su trampoli vertiginosi, con rischio di cadute agghiaccianti; andature altere, al limite dello sprezzante (stile Regina Vittoria); sfilate di moda rapide, veloci ed eleganti; e poi ci sono quelle sempre di fretta, eternamente in lotta con borsette e t-shirt varie che non vogliono stare al loro posto. Mai. Si può capire tante cose da come cammina una persona. Se non altro che tipo di rapporto ha con se stessa e con il mondo che la circonda. Idem circa il proprio stato d’animo. Mio nonno, ad esempio, quando tornava dalla partitella a carte con gli amici aveva due sole andature: testa bassa ed espressione funerea voleva dire che era stato ripulito (il che accadeva assai di frequente); saltellante, fischiettante e con alcune monete a tintinnare nella mano destra, significava che aveva vinto qualche mano. Cristallino…!
Che poi a me è sempre piaciuto osservare le persone che camminano, ci trovo qualcosa di estremamente fascinoso e divertente nel modo di incedere di ognuno di noi. È come assistere al marchio di fabbrica. Una volta, durante un trekking in Bretagna, nelle lunghe ore di cammino sui sentieri costieri, osservai attentamente uno per uno i miei compagni di viaggio: ognuno aveva il proprio stile, le proprie sicurezze e incertezze, le proprie cadenze, gestualità, il proprio modo di osservare il mondo. Uno spettacolo nello spettacolo. Bukowski diceva: “L’umanità è il più grande spettacolo del mondo: e non si paga il biglietto”.
E così, al termine del nostro viaggio, seduti in un ristorante nei pressi del porto di Brest, decisi di fare l’imitazione di ognuno di loro. Fu un momento esilarante.
Un’altra volta mi recai a far visita ad un amico ricoverato presso un ospedale di Milano per l’asportazione di una cisti anale. Il poveretto, operato la sera prima, già poteva alzarsi dal letto anche se non era padrone al cento per cento della sua andatura. Ondeggiava claudicando, come se avesse una trota salmonata nella parte posteriore delle mutande. Lo presi sottobraccio per fare due passi, e quasi non accorgendomene, cominciai a camminare come lui: due perfetti pagliacci agli occhi dei presenti. Ed infatti le risate si buttavano via. Se la prese non poco, e solo per riguardo alla nostra vecchia amicizia, non mi cacciò via a badilate sulla schiena.
Un’altra volta avevo appuntamento con degli amici a Piazzale Loreto a Milano. In metropolitana vidi un tipo molto strano, abbigliato in maniera assai originale: basco rosso di traverso (nonostante fosse estate), palettò vecchio e sdrucito in più punti, cartella scolastica stile anni ’70 di traverso, mazzo di fiori ribaltato a testa in giù e tenuto con la mano destra. Camminava fissando i passanti e saltellando: chiaramente mi misi sulle sue tracce.
Il tizio faceva la mia stessa strada e ad un tratto si fermò dietro un angolo di palazzo e cominciò a spiare verso la piazza. Io dietro di lui. Poi all’improvviso saltò fuori e si diresse verso i miei amici. E già qui la sorpresa fu incredibile. Quando lo vidi consegnare i fiori alla mia cara amica Ester, e baciarla per giunta, rimasi quasi tramortito. Sapevo di una sua relazione con un ragazzo, ma mai avrei immaginato che si trattasse proprio di quel tipo là…!
E i miei amici? Come camminano loro? Lorenzo ha il passo del maratoneta stanco: per lui l’importante è arrivare. Quanto ci voglia non ha importanza. Dominique invece ha un incedere deciso, sicuro di se, a tratti nervoso e impaziente di raggiungere il suo scopo. Salvo quando va per montagne: in quel caso caccia le mani in tasca, mette su gli occhiali da sole e si gode la passeggiata. Come fosse sul corso di Cariati in Calabria, la sua antica terra. Alfio invece cammina guardandosi intorno, come a cercare sempre qualcosa d’interessante da fare. Alessandra invece non ama moltissimo camminare. O meglio preferisce andare in bicicletta: se potessi raffigurarla in termini mitologici, azzarderei un paragone con i centauri: metà donna, metà bicicletta. Simona al contrario ama passeggiare, e le sue belle forme, ancheggiando leggermente, disegnano volute aggraziate come onde del mare. C’è poi Robertino, che avanza con la stessa leggiadria de “la Cosa”, il personaggio dei
Fantastici Quattro. Enrico invece corre sempre, anche se non ha un bel niente da fare. E quando lo si costringe a rallentare, in automatico mette le mani dietro la schiena, come un vecchio rimminchionito. Giovanna avanza lenta, cadenzando i passi al ritmo placido e pacato delle sue parole; Davide invece cammina con un incedere marziale, come un militare in missione: svelto ed efficace; Laura avanza veloce e sorridente, in sintonia con il suo carattere aperto e spontaneo; Elena si muove con circospezione, silenziosa e guardinga, tipo un agente del Mossad nel suk di Teheran; Salvo passeggia con lentezza e
charme da lord inglese.
E mi fermo qui, scusandomi per non aver citato tutti. Ed io? Che tipo di camminata ho io? Ecco il ritratto fatto da un’amica sul mio modo di camminare:
Il mio compagno di viaggio è pigro e indolente: si guarda intorno con aria curiosa, il sorriso sornione di chi non si prende mai troppo sul serio. Figlio di terre ospitali e generose, porta con se un pezzetto di quel mondo. Cammina per strada col suo passo lento anche quando è di fretta. Lui vorrebbe cambiare vita.
Lui vorrebbe cambiare nome. Il sorriso è beffardo, i suoi modi gentili e un po’ antichi; è un timido cavaliere d’altri tempi. Di lui so che ha viaggiato in posti un po’ strani, che ha toccato e respirato ogni più piccola parte dei luoghi visitati e ne ha donato una parte a tutti noi attraverso i suoi libri.
Credo sia una bella persona, un potenziale buon amico. Di certo è un ottimo compagno di viaggio.
E scusate se è poco…!