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mercoledì 20 novembre 2013
La rimpatriata
Ieri sera ci siamo trovati in un locale molto accogliente e raffinato in zona Porta Venezia (naturalmente a Milano). Intorno ad un tavolo sontuosamente apparecchiato (c’era perfino il candelabro) abbiamo consumato il cosiddetto “apericena”, che è quel particolarissimo appuntamento mondano che non è né un aperitivo - un tempo consistente in un semplice analcolico (o al massimo un prosecchino) accompagnato da sue salatini - né una cena. Ora l’apericena si svolge così: si ordina del vino rosso (costosissimo tra l’altro: 30 euro alla bottiglia) e conversando amabilmente lo si sorseggia abbuffandosi di salumi e insaccati vari, formaggi di assai dubbia provenienza e qualche verdurina incolore. Ovvero come fare il pieno di trigliceridi e colesterolo spendendo anche una cifra infame per un povero disgraziato. Tra l’altro in questo locale le sedute erano molto scomode, e quindi assolutamente sconsigliate, per esempio, ad un prostatico. Ebbene, durante questa apericena abbiamo discusso di tante cose, ed il più loquace di tutti è stato Enrico. Una novità? Non direi. Tra l’altro il nostro caro amico è tornato l’altro ieri dal deserto sahariano, dove è stato per oltre un mese per lavoro. Unico italiano, in mezzo a centinaia di egiziani: sfido io che avesse voglia di parlare…! E così, tra una chiacchiera e l’altra (a proposito… si è discusso anche del prossimo Capodanno: Umbria; ciaspolata in Val Maira; San Pellegrino in Alpe-Appennino Tosco Emiliano etc…) si è pensato di festeggiare il ritorno di Salvo (dopo lunghissima permanenza capitolina - che detta così sembra “la cattività avignonese…), con un ritrovo a Milano sabato mattina. Appuntamento in Piazza Duomo alle 11 e lunga passeggiata verso i Navigli. Qui (essendosi fatta una certa…) daremo vita ad un altro di quei momenti mondani che caratterizzano l’urbe meneghina: il “brunch”. Ovvero come scrisse Laura tempo fa, “quella sorta di aperitivo mattutino che per forza di cose, nella Milano pullulante di brunchers, ha i minuti contati e deve concludersi prima che inizi il turno successivo”. Ecco magari non essendo giorno lavorativo, non sarà proprio un brunch, ma piuttosto un pranzo come si conviene per una piacevole rimpatriata: sui Navigli, come raccontava il compianto Piero Mazzarella, ci sono fior di osterie che si prestano alla bisogna. Che uno potrebbe pure dire, «ma scusa, perché non scrivi direttamente “pranzo”?». E bravi: vi pare che mi lasci sfuggire l’occasione di usare la parola brunch? In una città moderna, veloce, proiettata verso il futuro e alla moda, occorre adeguarsi: sennò si è tagliati fuori…!
Intorno alla tavola ci racconteremo le nostre vite, fin dove eravamo arrivati la volta scorsa. E programmeremo il futuro condiviso. Siete tutti invitati.

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