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domenica 25 luglio 2010
Ospitalità fino all’estremo
Quando frequentavo l’università avevo una casa in affitto a Sesto San Giovanni con altri due amici. Fu un periodo straordinario anche se il rendimento degli studi crollò sotto il limite di guardia: tre esami in due anni. L’abitazione, sita al piano rialzato, dava sulla strada. Il portone d’ingresso era diventato un optional: si entrava direttamente dalle finestre. Una sera arrivarono i Carabinieri avvisati da alcuni condomini che, vedendo diversi figuri saltare dalle finestre, credettero che si trattava di una rapina. L’episodio non ci sconvolse più di tanto e dunque ogni sera continuò la baldoria: era un happening senza sosta. Una mattina venne a casa Mirko e mi disse senza mezzi termini: “stasera devi lasciarmi libera la casa. C’ho una tipa per le mani!”. Io ho sempre considerato l’ospitalità sacra e dunque ho accettato ponendo una sola condizione, quasi paterna: “d’accordo, però prima me la presenti, portala qua oggi pomeriggio”. Intorno alle 17.00 si presentarono tutti e due. Dopo due chiacchiere misi la moka sul fuoco e mi allontanai per un momento. Qualche istante dopo sentii un soffio violentissimo. Mi affacciai in cucina e tutto ciò che apparve sotto il mio sguardo era ricoperto di polvere di caffé sparata dalla moka a cui avevo dimenticato di mettere il filtro. Anche Mirko e la ragazza erano completamente anneriti e non avevano neanche la forza di dire mezza parola. Io scoppiai a ridere come un idiota e dissi: “porca miseria, ora mi tocca ritinteggiare i muri!”. E aggiunsi: “si però, visto che ti presto la casa, tu poi vieni a darmi una mano, d’accordo!”. Dopo qualche anno la ragazza sarebbe diventata sua moglie. (Da "Considerazioni sullo stato dell'Umanità").
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