Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

lunedì 16 giugno 2014

Esistono le fate? Esistono, esistono…

Sonno tremendo, maledico la cena di ieri sera e mi avvio torbido verso la Stazione di Morbegno, dove c’è un treno che parte alle 7.40…, pardon, alle 6.58 e mi porta in Centrale per la coincidenza per Napoli. E lei è lì, ferma davanti al binario uno, là dove sono solito salire sui vagoni di testa… E la testa mi gira, 90-95 gradi mentre le passo davanti, una nuvola dorata, luminosa, un incarnato chiaro come l’alba da poco creata, la prima alba dell’Uomo, stupito e sorpreso… Mi giro ancora a guardarla, e quasi mi sembra che anch’ella volga lo sguardo verso di me (ah, beate illusioni) poi salgo i tre scalini e lei è dietro di me, e quando mi fermo al sedile di sinistra mi accorgo che lei si è fermata a quello di destra; solo il corridoio ci separa. Mai viaggio fu più sofferto, novello alunno inginocchiato sui ceci sposto il mio peso/sguardo per spiare il suo viso, le sue mani, i suoi piedi - dorati anch’essi - calzati da un paio di sandali hippie… E già, perché nella scansione successiva mi accorgo che la sua elegante figura è in realtà vestuta in perfetto stile alternativo, sandali da frate, jeans marroni moooolto aderenti, camiciola di cotonina marrone appena decorata da bianchi fiorellini vezzosi e sopra a tutto (e soprattutto) una candida sciarpa di cotone indiano, che userà poi, a guisa di scialle, per avvolgere le morbide spalle nell’abbraccio del sonno che l’accoglie tra Calolziocorte e Monza Sobborghi. Nei pressi di Milano Centrale i suoi occhi si riaprono, ed è come quando gli aironi dispiegano le immense ali, lente, morbide e flessuose, e una lama di sole incendia la sua pupilla azzurra, come l’acqua dei torrenti che scorrono tra gli asfodeli delle sue virginee valli. Incantato, stupito, mi attardo alla discesa, proprio come lei che lascia fluire - granelli di rena fra le dita - gli ultimi frettolosi pendolari… Siamo soli, ora, afferro il trolley dalla cappelliera, poi la guardo ancora - in piedi davanti a me - e finalmente le parole fluiscono, troppo a lungo represse:
«È sempre in orario questo treno?»
«Be’ dipende…» mi risponde (e la sua voce è come il vento quando a primavera porta il suono di mille campanellini d’argento)… «qualche volta ritarda un po’…»
«Già - faccio io scuotendomi dall’estasi - meglio partire un’ora prima, però che sonno la mattina…»
«È vero…» - mi sorride complice, ed è come se ci fossimo risvegliati insieme.
«Buona giornata» le dico in un soffio.
«Grazie… arrivederci..!» mi rispondono le sue labbra mentre scendo dal Locale 2576, col cuore pieno di felicità…

Salvo

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