Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

martedì 1 aprile 2014

Ma perché lo fai?

A proposito della “Stramilano”, Lorenzo mi invia alcune foto che lo ritraggono. E così commenta: “Ma perché uno si deve ridurre in questo stato…?”
Fa dell’ironia il novello Filippide…! In realtà, la frase è mia, e la usai come ultimo, estremo tentativo per cercare di dissuaderlo dall’insano proposito di correre quell’assurda gara, peraltro sotto un paventato diluvio. L’ultima edizione della competizione infatti si è tenuta un paio di settimane fa e si è svolta sotto acqua e grandine. Mi rispose: “Ma sì, poi vediamo: al limite faccio solo un pezzetto e poi mi ritiro”.
In realtà Lorenzo, nonostante appaia distaccato ed estremamente decubertiano nel suo approccio alla disciplina, è profondamente orgoglioso di ciò che fa. Come chiunque riesca a correre per 42 chilometri e passa. E questo lo si evince quasi sempre dalle risposte semi-serie che restituisce ai miei immancabili frizzi e lazzi colmi d’invidia: “Com’è andata la corsa? Ti hanno riso dietro anche sta volta?” - “Ma no, è andata bene: sono arrivato 295esimo” (omette peraltro sempre di dire quanti sono i partecipanti: ndr) - “Ah però, complimenti: hai nulla in contrario se vado in giro a vantarmi di avere un amico così forte?” - “No figurati, fai pure…”.
Ecco ora mi domando e dico: guardando la foto qui accanto, cosa vi viene in mente? Appena l’ho vista ho pensato: “O mamma, gli scappa uno sternuto fortissimo, ma ha visto il fotografo e si sta trattenendo”. Errore gravissimo peraltro, dato che queste manifestazioni corporali non vanno mai trattenute: e ciò che non esce dall’alto, per forza di cose deve uscire da qualche altra parte…!
Poi però, osservando bene il volto di Lorenzo, sofferente, sfinito, al limite del crollo psico-fisico, mi è sovvenuta una scena tra le più grandiose della cinematografia mondiale di ogni tempo: “Per arrivare a timbrare il cartellino d’entrata alle otto e trenta precise, Fantozzi sedici anni fa cominciò col mettere la sveglia alle sei e un quarto. Oggi, a forza di esperimenti e perfezionamenti continui, è arrivato a metterla alle sette e cinquanta: vale a dire al limite delle possibilità umane. Tutto questo salvo imprevisti […]”. Ecco, nel seguito del film il tragico ragioniere, salta giù dal terrazzino, si arrischia l’autobus al volo (trascinando con se tutti i passeggeri…), viene preso a calci e, dopo infinite peripezie, riesce ad arrivare alla mega ditta. “Sono in un ritardo pazzesco, devo timbrare il cartellino…” - dice ai portantini dell’ospedale che gli hanno concesso pietosamente un passaggio. Mancano pochi secondi allo scoccare dell’ora fatale e nel lunghissimo corridoio i colleghi tutti assistono con viva e vibrante partecipazione a questo sforzo supremo: “Coraggio ragioniere che ce la fa!” - “Un altro sforzo ed è fatta - “Mancano solo cento metri”. Poi, ad un soffio dal traguardo, il crollo: Fantozzi va giù a pelle di leone e i due uscieri che lo scortano fedelmente cercano di rialzarlo. Ma proprio in quel momento sopraggiunge un integerrimo direttore che inveisce: “No, non lo aiutate sennò è squalificato: deve farcela da solo”.
Ecco, ditemi voi se quell’espressione di Lorenzo non è più o meno la sintesi di tutto questo…!

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