Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

giovedì 6 febbraio 2014

“Un’idea di destino”, ovvero l’ultimo Terzani

Il 28 luglio del 2004, all’età di 65 anni, moriva Tiziano Terzani. Un paio di mesi dopo, nelle librerie apparve Un altro giro di giostra, quello che per molti è considerato il suo testamento spirituale. Fu un successo editoriale e mediatico di proporzioni colossali. Altro che i libri di Gramellini…! E proprio per questa enorme onda di marea che tutto appiattiva in un entusiasmo senza discernimento, decisi di non leggere subito quel volume. Ci arrivai un paio d’anni dopo, quando il tempo aveva fatto scorrere la giusta distanza da quell’esaltazione di massa. Terzani fu per me una scoperta straordinaria, una porta che si spalancava sulla dimensione infinita del “viaggio”, dentro e fuori da se. Un altro giro di giostra fu il primo libro che lessi e lo scorrere di quelle pagine fece nascere in me il desiderio di leggere tutto ciò che aveva scritto questo autore. M’immersi così nella magia di Un indovino mi disse («Una buona occasione nella vita si presenta sempre. Il problema è saperla riconoscere e a volte non è facile. La mia, per esempio, aveva tutta l’aria di essere una maledizione: “Attento! Nel 1993 corri un gran rischio di morire. In quell’anno non volare. Non volare mai”, m’aveva detto un indovino…»); poi passai al meraviglioso Buonanotte, signor Lenin («Mi perdo a pensare quant’è umanamente particolare questo momento storico dell’Unione Sovietica. Il sistema comunista, che per decenni ha determinato la vita di tutti, e spessissimo anche la loro morte, sta crollando…»); e a seguire Lettere contro la guerra («Guarda un filo d’erba al vento e sentiti come lui. Ti passerà anche la rabbia»); In Asia; La Porta Proibita; Pelle di leopardo. Un libro più bello dell’altro. Attraverso le parole che Terzani metteva sul foglio bianco, si levavano gli ormeggi e si partiva alla scoperta di terre lontane, conosciute per sentito dire. E con lui ci si affacciava su mondi nuovi, si capivano culture diverse da noi, ci si entusiasmava e - cosa assai rara nel panorama dei reportage giornalistici - si provavano le sue stesse sensazioni. Perché in fondo Terzani, a differenza di tanti altri scrittori e corrispondenti esteri, aveva la capacità di trasmettere, attraverso i suoi scritti, l’enorme passione che lo spingeva per il suo lavoro. Che non era neanche più lavoro, a quel punto, ma possibilità di dare concretezza al suo sogno di viaggiare e scoprire il mondo. Postumi, a parte Un altro giro di giostra, seguirono La fine è il mio inizio (un libro intervista scritto a quattro mani col figlio Fosco) e Fantasmi (che racconta la guerra di Cambogia). L’ultimo in ordine di pubblicazione, Un mondo che non esiste più, è un libro fotografico, e raccoglie gli scatti di Terzani nel corso della sua lunga carriera di inviato.
Ora, a distanza di dieci anni dalla sua morte, Longanesi si appresta a mandare nelle librerie una raccolta dei suoi diari personali: Un’idea di destino. Gli scritti abbracciano il ventennio 1984-2004 e raccontano delle sue esperienze, e soprattutto delle sue riflessioni, durante in suoi viaggi in Cina, India, Vietnam, Cambogia, Stati Uniti. Si tratta evidentemente di scritti più intimi, riflessioni profonde, lettere ai propri cari, appunti raccolti e ordinati con molta cura dall’autore stesso, fino alle ultime ore della sua vita. Angela Staude, la vedova di Terzani, racconta in un’intervista a Il Messaggero, che il marito cominciò a scrivere i suoi diari subito dopo l’espulsione dalla Cina. In quell’epoca il regime comunista non tollerava che si potesse andare a spasso a raccontare la realtà dei fatti. Il giornale Der Spiegel permise a Terzani di scegliere un’altra meta di lavoro, e così giunse il Giappone (per inciso, nessun giornale italiano gli aveva mai offerto un lavoro…). Qui Terzani andò incontro ad una crisi depressiva («… vedere un pezzo dell’Asia trasformarsi in una brutta copia degli Stati Uniti lo ha fatto cadere in depressione», dice la moglie) dalla quale ne uscì grazie alla stesura di Un indovino mi disse. Con la malattia - aggiunge sempre Angela - Tiziano smise di fare il giornalista, ma continuò a viaggiare, e soprattutto fu libero di approfondire gli argomenti che più gli stavano a cuore («… quando faceva il giornalista, ed era contento di esserlo io invece tenevo un diario. E lui mi ha detto più volte “ti invidio, tu puoi riflettere, io devo subito passare a qualcos’altro”. Alla fine aveva più tempo anche lui»).
Lettura imperdibile per gli amanti di quest’autore…

Fonte: http://www.ilmessaggero.it/cultura/libri/angela_terzani_staude_diari_di_tiziano_terzani/notizie/483590.shtml

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