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Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

mercoledì 15 gennaio 2014

Leggere ci cambia dentro (e non solo in senso figurato…)

Io non ho mai amato alla follia le trasposizioni cinematografiche dei romanzi, nemmeno quelle riuscite meglio. Più che aggiungere valore all’opera letteraria, ho sempre l’impressione che queste pellicole sottraggano bellezza e fascino all’originale. Il fatto è che leggendo, nella mente di ognuno si crea una realtà virtuale personalissima, i personaggi assumono contorni e fisionomie ben precise, le ambientazioni - soprattutto se ben descritte - appaiono vere, reali e ‘arredate’ a seconda del gusto del singolo lettore. In altre parole, pur nei perimetri tracciati dall’autore, ognuno è libero di dare sfogo alla propria fantasia. Ma tutto ciò, per forza di cose, viene meno nella rappresentazione cinematografica: in questo caso infatti saranno gli sceneggiatori, i registi, i costumisti, i curatori della fotografia a trasformare la fantasia in rappresentazione visiva. Allo spettatore dunque non resterà altro che il compito di assistere al pacchetto completo, al ‘chiavi in mano’ dell’arte letteraria divenuta immagine. Il che può anche andar bene - ancor meglio se si tratta di un prodotto di qualità - se lo spettatore non ha letto prima il testo da cui è tratto il film. Viceversa - almeno così accade a me - nella stragrande maggioranza dei casi s’innescherà subito il paragone, il confronto critico, la ricerca delle differenze, e il sentimento che si proverà, quasi sempre è la delusione. Il che è ampiamente comprensibile. D’altra parte come si può pensare di riprodurre, per esempio, ‘Anna Karenina’ o ‘Delitto e castigo’, mantenendo, o anche solo cercando di accostarsi, al livello artistico raggiunto da Tolstoj o Dostoevskij? Impossibile. E questo si verifica immancabilmente anche quando le pellicole dispongono di cast stellari e budget illimitati. Quando nel ’57 uscì nelle sale ‘Addio alle armi’ per esempio, c’erano tutti gli ingredienti perché il film fosse un capolavoro: protagonisti di prim’ordine e all’apice del successo (Rock Hudson e Jennifer Jones), registi famosi (Charles Vidor e John Huston), produttore d’eccezione (Selznick Studio, lo stesso che confezionò ‘Via col vento’). Eppure la critica nei confronti del film fu impietosa, e a buona ragione: il romanzo di Hemingway era stato ridotto ad una melensa storia d’amore e nulla più. Come volevasi dimostrare.
Guardare un film non è neanche lontanamente comparabile alla lettura di un libro: c’è poco da fare. Mentre nel primo caso siamo semplici osservatori, contenitori nei quali si riversa la ‘pappa pronta’, nel secondo siamo creatori di materia viva, registi noi stessi di un copione originale, unico, tutto a nostra disposizione. E davanti a noi non vi sono giganteschi schermi ultrapiatti e casse acustiche strombazzanti, ma praterie sterminate di colori, panorami, volti, lineamenti, sembianze pescate nel nostro recondito, nel nostro vissuto, a cui la nostra fantasia da razionalità e armonia. Un universo tutto per noi, creato unicamente per trasportarci sulle ali dell’immaginazione. Tutto ciò è la magia della lettura.
Tra l’altro recenti studi condotti dalla Emory Univerity di Atlanta (Usa), hanno appurato che leggere un romanzo, oltre ad ampliare l’apertura mentale di una persona, fa bene anche al cervello. La ricerca, pubblicata sulla rivista Brain Connectivity ha dimostrato infatti che leggere ha un significativo impatto sulla mente e sul cervello, in particolare con una accresciuta connettività in due zone dell’encefalo, note come “solco centrale” e “corteccia temporale sinistra”. I ricercatori, per valutare quale fosse l’impatto della lettura sul nostro organo del pensiero, hanno preso in esame diciannove studenti universitari alle prese con il romanzo di Robert Harris dal titolo ‘Pompei’. I partecipanti all’esperimento, durante le giornate di lettura, sono stati sottoposti a risonanza magnetica funzionale per immagini. I risultati degli esami hanno mostrato che la lettura di un romanzo provoca effetti duraturi nelle regioni del cervello responsabili del linguaggio e della ricettività e in quelle deputate alla creazione delle rappresentazioni sensoriali del corpo; si è osservato inoltre un’accresciuta connettività nella corteccia temporale sinistra, che è un’area del cervello legata alla ricettività del linguaggio. La lettura inoltre, sostengono i ricercatori, ha anche un impatto sulle esperienze vissute dal cervello: se per esempio incappiamo in parole come “caffè”, o “cioccolata”, o in immagini che ci richiamano il movimento, nel cervello si attivano immediatamente i neuroni associati al gusto e al movimento fisico: «Sapevamo già che le buone storie possono farci camminare con le scarpe di qualcun altro, in senso figurato – sostiene Berns, uno degli autori della ricerca – Ora stiamo vedendo che questo può anche accadere biologicamente». Il altre parole leggere non è solo uno straordinario viaggio nella galassia della fantasia e della creatività personale di ognuno di noi, ma ha la capacità di cambiarci dentro, a livello biologico, e di farci provare sensazioni reali, proprio come se i protagonisti del libro che leggiamo fossimo noi.
Ditemi voi se non è portentoso tutto ciò? Come può il cinema competere con tale meraviglia? Arrendetevi e uscite con le mani in alto…

Fonte: http://www.wired.com/wiredscience/2014/01/reading-a-novel-alters-brain-connectivity-so-what/

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