Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

venerdì 8 novembre 2013

Equazione bicicletta - felicità: ecco le prove

L’ho sempre detto e pensato, la bicicletta, prima di essere un mezzo di trasporto - il più efficiente che l’uomo abbia mai creato - è soprattutto una porta per la felicità. Il perché è presto detto: pedalare a cavallo delle due ruote ci riporta agli anni lontani dell’adolescenza, all’ebbrezza della velocità, alla seduzione del rischio da equilibrista improvvisato, alla libertà conquistata e che apre le porte dello spazio finito di un cortile condominiale. Pedalare, oltre agli echi ludici e nostalgici del passato, è anche gioco, socializzazione, interazione con l’ambiente che ci circonda, piacere per il mondo che ci rimbalza sul viso. Il movimento e l’esercizio fisico inoltre migliorano la circolazione, bruciano calorie mantenendoci in forma, creano endorfine regalando benessere psico-fisico al nostro organismo. Tutt’altra cosa rispetto all’isolamento obbligato dell’automobile, o alle sensazioni da palombaro che provano i motociclisti. Per non parlare delle sciagure quotidiane che affliggono i disgraziatissimi pendolari dei mezzi pubblici.
La mia prima bicicletta, tutta mia intendo, la ottenni verso i dieci-undici anni. Prima di allora usavo quella di mia madre, una Graziella pieghevole che grazie al suo snodo centrale entrava facilmente in ascensore. Andai a comprarla con mio padre presso il negozio di un “ciclista” (così si chiamano in gergo gli esercenti che riparano e vendono biciclette nuove e usate). Questi era un tizio grassoccio, semicalvo, con lo sguardo un po’ losco, e indossava una salopette blu alla Cipputi. Ci mostrò una serie di biciclette d’occasione e dopo lungo tira e molla sul prezzo, acquistammo una Atala blu da passeggio con cambio a sei marce. Più di quanto potessi mai sperare. Tornando verso casa in sella al mio nuovo bolide, mi pareva di volare. In realtà si trattava di un bel “cancello” (altra espressione tipica del gergo ciclistico), ma come prima bicicletta poteva andar bene. L’unica cosa che dovetti fare d’urgenza, fu cambiare i copertoni: erano talmente consumati che in più punti spuntava la camera d’aria. Ovviamente di questa usura ce n’accorgemmo solo dopo un paio di giorni: come era giusto che fosse…!
Su questa bicicletta i miei orizzonti si allargarono in maniera definitiva e il Parco di Monza, per esempio, divenne una delle prime conquiste: sette chilometri…, tanta era la distanza che separava il luogo dove abitavo da questa meravigliosa oasi di natura. Io e la mia Atala diventammo inseparabili. Di bello aveva che, pur essendo utile e funzionale, non aveva alcuna velleità da gran dama: non era appariscente, né suscitava sentimenti d’invidia o brama di possesso. Ed è per questo che, a differenza delle biciclette superlusso dei miei amici, essa non fu mai oggetto di furto. Potevo lasciarla ovunque, senza precauzioni particolari, ed ero certo che al mio ritorno l’avrei ritrovata. Al mio amico Marco invece, negli anni delle scuole superiori, rubarono impunemente la bellezza di tre mountain bike.
Furono più di dieci gli anni di onorato servizio della bicicletta azzurra Atala. Nel ’98 ne acquistai un’altra, una city-bike con cambio Shimano a diciotto velocità. Per lungo tempo fui tentato di portare la vecchia bici in discarica, ma ogni volta mi mancava il coraggio. Poi un giorno, rispondendo ad un ragazzo senegalese che bussava a casa per vendermi qualche mercanzia, ebbi l’illuminazione: presi la bicicletta e gliela offersi in regalo. Per quel ragazzo fu un dono gradito e inaspettato; per me la consapevolezza di averla salvata dall’oblio.
Ma tornando al punto di partenza, ovvero la relazione tra bicicletta e felicità, recenti indagini comparate tra di loro hanno dimostrato che l’assunto è tutt’altro che campato per aria: stando ai dati raccolti ed elaborati dalla European Cyclists’ Federation, i Paesi in cui si pedala di più sono anche quelli che occupano una posizione più alta nella classifica riportata nel World Happiness Report, ovvero la graduatoria delle nazioni più felici. E così, per esempio, si scopre che sul gradino più alto si colloca la Danimarca, ovvero la nazione in cui la bicicletta è il mezzo di trasporto più utilizzato. A ruota seguono l’Olanda, la Svezia e la Finlandia, paesi in cui le vendite delle biciclette sono altissime, l’attenzione e la sicurezza dei ciclisti è imperativo categorico ed il ciclo turismo una realtà diffusissima. L’Italia invece, nonostante il mercato delle biciclette sia in continua crescita (il 2012 è stato l’anno del sorpasso delle due ruote sulle automobili), si colloca nientemeno che al 45esimo posto nella classifica delle nazioni più felici. Ma noi siamo un caso a parte…! Ma al di là dell’aspetto “felicità”, emergono altri dati che non dovrebbero lasciare indifferenti data la situazione economica: stando sempre alla European Cyclists’ Federation, i benefici derivanti dall’uso della bicicletta nei 27 Paesi dell’Unione europea ammonterebbero a 217 miliardi di euro all’anno (minori spese, benefici sulla salute e minore mortalità, riduzione del traffico, abbassamento delle emissioni nocive etc…).
Un’altra buona ragione per lasciare l’auto a casa e inforcare le due ruote (a pedali).

Fonti: http://www.tgcom24.mediaset.it/perlei/2013/notizia/viaggiare-in-bicicletta-rende-piu-felici_2007906.shtml
http://life.wired.it/news/mobilita/2013/10/30/bikeconomics-tutti-i-vantaggi-di-una-societa-in-bicicletta.html
http://www.npr.org/blogs/parallels/2013/10/24/240493422/in-most-every-european-country-bikes-are-outselling-cars

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