Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

lunedì 7 ottobre 2013

Le dieci cose che facciamo regolarmente anche se non vogliamo

Lunedì mattina, cielo plumbeo, pioggerellina fastidiosa (che a Roma chiamano “gnagnarella”), umidità che si insinua nelle scarpe e che risale dal basso come per capillarità. Traffico impazzito, odore di smog che si mischia agli effluvi malsani che si affacciano dai tombini e dai bordi delle strade. Forza vitale che si ribella, energia che scalpita, molla che si carica nel profondo e si prepara ad esplodere come magnitudo tellurica. Non c’è giorno migliore per riflettere su tutto ciò. Lo stacco del fine settimana ci ha regalato 48 ore di evasione dalla consueta routine quotidiana, ma puntuale come le tasse e la morte, ecco ripiombarci addosso tutto il carico delle cose che facciamo regolarmente, ma che, se poco poco ci fosse concesso, non faremmo affatto. Chi mai si leverebbe dal proprio lettuccio caldo - quando ancora l’ombra avvolge il giorno - per affrontare la triste fatica quotidiana, se non vi fosse obbligato da un dovere morale e civile, prim’ancora che da uno economico? E chi si sottoporrebbe a tutte quelle sciagurate azioni e attività imposteci dal nostro attuale modello di sviluppo, se non fosse che ormai, data la situazione, non se ne può più fare a meno? Passare quarant’anni dietro una scrivania per arrivare alla pensione, trascorrere gran parte della nostra vita chiusi in una scatola di metallo, incolonnati insieme ad altri milioni di disperati come noi nell’attesa che scatti il verde: ha qualcosa di logico tutto ciò? Sette anni, a tanto ammonterebbe il tempo che trascorriamo in auto...! E salire su di un treno affollato all’inverosimile, cinque giorni su sette, nella speranza - mal riposta - che non ci siano ritardi, ha qualcosa di sensato?
Il 3 settembre scorso il quotidiano scozzese The Scotsman ha pubblicato un sondaggio condotto dal sito di ricerca Ask Jeeves, sulle 10 cose che i cittadini britannici fanno regolarmente, ma che se potessero non farebbero. Andiamo a dare un’occhiata: al primo posto col 40 per cento delle risposte troviamo “dover essere gentili con persone che non ci piacciono”. La convivenza civile ci impone delle regole, e tra queste vi è anche quella di preservare sempre e comunque i buoni rapporti: anche se ci verrebbe voglia di scannare il vicino con una roncoletta sarda. Si potrebbe parlare a questo punto di ipocrisia, ma qui si tratta di pura e semplice sopravvivenza: c’è piaciuto vivere tutti appassionatamente insieme? Ebbene questo è il prezzo da pagare. Al secondo posto, e a sorpresa direi data la latitudine degli intervistati, troviamo “fare la fila”. Il 22 per cento del campione ha ammesso che fare la coda in luoghi come le fermate degli autobus, uffici postali e le banche è una gran seccatura, ma che purtroppo non resta che rassegnarsi. Che ingenui questi anglosassoni…! Noi italiani invece non ci siamo mai rassegnati di fronte a questo problema e la fila è da sempre uno di quei cimenti in cui è d’uopo far rifulgere tutta la nostra proverbiale “inventiva…!” Al terzo posto della classifica ecco una vera e propria sorpresa: “Mangiare le verdure”. In effetti mi sono sempre chiesto quale piacere si possa provare a “brucare” erbetta come caprette dell’Eubea. Che mi si dica “mangio quest’insalatone perché fa bene e non ingrasso” posso ancora accettarlo, ma che qualcuno provi profondo piacere a riempirsi la bocca di foglie di lattuga e rapanelli, proprio non ci credo. Ed infatti il sondaggio smaschera opportunamente quest’impostura. Scorrendo la graduatoria ecco un classico: “essere gentile con i suoceri”. Ovvero, come sparare sulla Croce Rossa. Si passa poi all’ambito lavorativo: “ridere alle battute del capo”. In questo caso siamo veramente di fronte ad un dramma umano: quando si arriva a ridere forzatamente perché di fronte a un potente, siamo davvero alla resa definitiva, all’abdicazione di ogni dignità. Ci si salva solo perché siamo in compagnia di moltitudini di disgraziati come noi, e l’onta non è questione strettamente personale: “È un bel direttore…” (Fantozzi subisce ancora). E a scendere troviamo ancora: “guardare un film per bambini per il bene dei propri figli”. L’altro giorno un’amica ha scritto su Facebook: “Io odio Peppa Pig” (uno dei cartoni animati più in voga in questi ultimi tempi: ndr). Un urlo di dolore straziante che fa sorgere spontanea una domanda: “Ma perché cavolo non prendi a badilate quella fottuta tv e non ti occupi un po’ di più dei tuoi pargoli…?”. E ancora, “partecipare a una cena noiosa”. E sempre più giù, a far strame di ciò che rimane del nostro perbenismo benpensante, ecco un bel trittico: “bere solo acqua” (possibilmente liscia e tiepida); “smettere di fumare”; “andare in palestra”.
Oh, finalmente qualcuno che afferma senza timore che bere solo acqua è una gran costrizione e che potendo ci si inciucherebbe ogni giorno di fiasche di vino dei Castelli; e ancora che fumare è un gran piacere, ma che si smette solo e soltanto perché sennò si schiatta; e che ci si reca in palestra per obbligo, non certo per piacere, e che se si potesse ottenere i benefici di una vita sana e sportiva senza - con rispetto parlando - fare un beneamato c…o, tanto meglio sarebbe. La vita è sacrificio, questo è scontato. Ma almeno risparmiamoci l’ipocrisia.

Fonte: http://www.scotsman.com/news/odd/10-things-we-regularly-do-but-don-t-want-to-1-3072572

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