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Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

giovedì 16 maggio 2013

Il denaro, la morale e il topolino

L’animo umano è davvero sorprendente: così facile alla commozione di fronte alle disgrazie umane, così suscettibile al cospetto delle tragedie ambientali e animali, eppure così pronto a difendere il proprio particolarissimo interesse. A qualunque costo. Tutti pronti ad indignarci di fronte allo sfruttamento della manodopera del terzo mondo, alle condizioni misere e insicure in cui operano i lavoratori, al regime di semi-schiavitù cui sono assoggettati spesso anche i bambini, ma poi prontissimi ad acquistare (e mercanteggiare) produzioni a basso costo; tutti solerti a spendere parole di fuoco contro l’inquinamento e la distruzione sistematica dell’ecosistema, ma non uno disposto a spendere un centesimo di più del dovuto pur di agevolare produzioni più rispettose dell’ambiente. Le solite frasi da qualunquista medio, direte. Già, può darsi, ma aspettate a trarre le conclusioni e leggete quanto segue. Una recente ricerca pubblicata sulla rivista Science, ha voluto sondare proprio questo aspetto (meschino) dell’animo umano, e ciò che ne è saltato fuori si può racchiudere nel titolo che gli studiosi hanno dato al loro lavoro: “Markets Erode Morals” (le situazioni di mercato erodono le leggi morali). Armin Falk dell’Università di Bonn e Nora Szech dell’Università di Bamberg, entrambi economisti, hanno confezionato un esperimento per capire quanto resistano i nostri valori morali di fronte ad un ritorno economico. Anche a discapito di altri. Per fare ciò hanno selezionato 800 partecipanti e li hanno sottoposti ad un gioco: dovevano decidere se alcuni topolini di laboratorio usati per la ricerca, ma ormai anziani e dunque inservibili ai fini della scienza, dovessero terminare la loro vita in maniera naturale oppure dovessero essere soppressi. Pollice alzato per tutti (ovviamente). Dopo di ciò è stato introdotto l’elemento economico nel gioco: “In cambio di dieci euro, acconsentireste alla soppressione del topo?”. Quasi uno su due (46 per cento) ha risposto sì. Mi direte, sì ma l’altra metà è rimasta irremovibilmente salda sui propri principi. Già, ma è bastato introdurre un ulteriore elemento nella vicenda, vale a dire stessa proposta, ma in un contesto aperto ad altre persone, perché la percentuale schizzasse immediatamente al 76 per cento. “In markets, people face several mechanisms that may lower their feelings of guilt and responsibility” sostiene Nora Szech (Nei mercati, le persone devono affrontare diversi meccanismi che possono abbassare i loro sentimenti di colpa e di responsabilità). L’utilità personale in altre parole viene prima delle preoccupazioni morali. “This logic is a general characteristic of markets – afferma Falk - If I don’t buy or sell now, someone else will” (Questa logica è una caratteristica generale dei mercati, se non compri o vendi ora, lo farà qualcun altro). Sapere che ad una propria rinuncia, corrisponderà quasi certamente un vantaggio economico per un’altra persona, consente ad un individuo medio di tacitare il proprio Superio (per usare un termine psicanalitico). E così, triste a dirsi, di fronte alla possibilità di mettersi in saccoccia una bella banconota da dieci euro, più di tre persone su quattro sono disposte a sacrificare la vita di una povera bestiola indifesa. Quando si dice “tutto ha un prezzo”…!
Il fatto è che ormai, siamo talmente invischiati nelle questioni economiche che non riusciamo più neanche a scindere le diverse sfere dell’agire umano. Ogni singola cosa ha un prezzo, ogni comportamento, ogni azione. Perfino la vita umana è soggetta a valutazioni monetarie. Basta dare un’occhiata alle tabelle assicurative: a seconda dell’individuo (sesso, età, attività professionale, censo etc…) ecco pronta una bella stima precisa al centesimo. Come se la vita umana non avesse un unico, immenso valore. E dunque figuriamoci se ci si può fare scrupolo di una cavia da laboratorio. Mark Gongloff, il notista dell’Huffington Post’s, commentando la ricerca afferma: «I mercati non sono per natura malvagi […], ma non sono neanche infallibili. Lo studio arriva al termine di lunghi decenni in cui i liberi mercati sono stati quasi elevati al livello di status sacro e hanno permeato le nostre vite, non sempre con buoni risultati. Michael Sandel, economista di Harvard ha avvertito che l’America rischia di diventare una “società di mercato”, un luogo senza più anima». Per bacco, e se lo dicono gli americani…! Oggi purtroppo gli unici valori che contano sono il denaro, la ricchezza, il successo. In qualsiasi modo vengano conseguiti. Anche calpestando qualsiasi norma etica e morale, come abbiamo visto. Nel nostro passato il denaro non era un fine, ma lo scopo per conseguire una vita tranquilla, un’esistenza senza grossi pensieri. Non per niente nel medioevo i mercanti (per non parlare dei banchieri e degli usurai) erano considerati, soprattutto dalla Chiesa, persone immorali, spregevoli. L’attaccamento al vil denaro era quanto di più disdicevole ci fosse al mondo. Perché in fondo il denaro altro non era che una promessa di utilità futura, e il futuro apparteneva a Dio. In India poi era proibito l’uso del denaro ai Bramini (gli esponenti della casta sacerdotale), e anche i samurai giapponesi ritenevano indegno avvicinarvisi. E a tutt’oggi i monaci buddisti non possono toccare il denaro e si servono di ciotole per raccogliere e conservare le offerte. Le cose cambiano in occidente solo con l’avvento della Rivoluzione industriale e con la trasformazione del mercante in imprenditore. È da allora che la società comincia ad adottare un codice etico improntato alla cultura dell’accumulo, dell’investimento fruttifero, del profitto, della speculazione, dell’arricchimento fine a se stesso e quant’altro. Prima di allora si lavorava quel tanto che bastava per vivere e tutto il resto del tempo era dedicato a se stessi, alla famiglia, alle relazioni personali, al culto. Ma tutto ciò, come detto, cede il passo ad un’altra filosofia, ad un altro modo di vedere il mondo. E con ciò, anche le figure che un tempo erano viste come dei modelli cui ispirarsi, vale a dire cavalieri, nobili, armigeri, filosofi, grandi pensatori, artisti, cedono il passo al nuovo che avanza, ovvero al Mercante, l’uomo dello sfolgorante successo economico. E da qui a scendere, sempre più verso il fondo, fino ad arrivare a vendersi la pellaccia di un topolino per dieci euro. Che progresso...!

http://www.huffingtonpost.com/2013/05/13/markets-morals-study_n_3267995.html?utm_hp_ref=business

 

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