Prova


Non preoccuparti della pioggia, lasciala cadere” (Marco Brignoli, Rifugio Baroni al Brunone, Sentiero delle Orobie Orientali)

venerdì 23 novembre 2012

La riscossa dei riciclati

E così ci risiamo, tra qualche giorno, causa l’approssimarsi delle festività, ripartirà l’angosciante e irresistibile corsa all’acquisto dei regali natalizi. Ci troveremo come ogni anno immersi nel turbine degli eventi, nel chiasso dei centri commerciali a prezzi scontatissimi, nell’indecisione più assoluta circa la scelta tra una sciarpa acrilica tinta pisellino o una cravatta finta seta, color trota salmonata. C’è da prendere paura al solo pensiero. D’altra parte non sarà sfuggito all’occhio attento dell’osservatore, che già da diversi giorni imperversano, su private abitazioni e non, festoni e luci intermittenti, stelle filanti e decorazioni policrome - spesso di assai dubbio gusto, occorre dirlo - .
Tempo ancora un paio di giorni e compariranno anche gli orrendi Babbi Natale scalatori, appesi alle finestre - che qualcuno prima o poi prenderà a fucilate - , e i poveri pini derelitti, oberati di chincaglierie e “sistemati per le feste”. Quest’anno però non mi sono fatto trovare impreparato: nel box riposano, in attesa del grande exploit, ben cento fantasmagoriche palle decorative, di diverso colore e grandezza, che faranno del mio alberello da giardino, il più apprezzato di tutto il quartiere. E come mi ritrovo in questa posizione di vantaggio, vi chiederete? Semplice, ho risposto ad un annuncio pubblicato su un giornaletto di seconda mano. A dire il vero, quando lo lessi eravamo ancora in giugno, e la prima cosa che pensai tra me e me fu: “Ma chi cacchio comprerebbe mai cento palle di natale da addobbo in estate? Ci vuole proprio un bel citrullo”. Ed infatti, il giorno dopo chiamai l’inserzionista e corsi a ritirare il malloppo. Per giorni non seppi dove diavolo sistemare le cento palle, mi stavano sempre tra i piedi: un vero tormento. E cominciai pure ad avere seri dubbi sull’effettiva convenienza del mio affarone - oltreché sulla mia completa sanità mentale. Poi trovai un angolo in soffitta e dimenticai quel triste avvenimento. Oggi però, a distanza di mesi sono decisamente felice di tale acquisto, anche perché, oltre ad aver speso poco, è un pensiero in meno nell’approssimarsi delle tremendissime feste. Leggendo i quotidiani di questi ultimi giorni mi sono imbattuto in una ricerca condotta dall’istituto demoscopico Ipsos per conto di eBay Annunci (700 individui ambo sesso, residenti in tutta Italia dai 18 anni in su): dai dati emergerebbe che la crisi economica inciderà molto o abbastanza sulle spese di Natale (69%). E come si estrinsecherà tale congiuntura sulle scelte degli italiani riguardo ai regali? È presto detto: dovranno essere utili e soprattutto economici. Finalmente una buona notizia, bando al consumismo inutile e sfrenato: alleluia. E oltre a ciò pare stia prendendo sempre più piede la pratica del riciclo (72%), anche se i sensi di colpa attanagliano quasi due intervistati su tre. Già, i sensi di colpa: chi di noi non ha mai regalato un bel “riciclone”, andiamo siate onesti? Chi di noi non si è mai liberato con piacere di una qualche rara oscenità: d’accordo che “a caval donato non si guarda in bocca”, ma ad ogni limite c’è una pazienza - come diceva giustamente Antonio De Curtis, in arte Totò - . E quali sono le frasi che più spesso accompagnano l’impacchettamento dell’oggetto da riciclare? Ecco una breve antologia: «Madre Santissima, sta berretta non si può proprio guardare…, la regalo a Sandrino che tanto a lui qualunque cosa sta male: ulteriori danni non se ne fanno»; «Oddio oddio…, e sta grappaccia velenosa dove l’hanno scovata? Non va bene neanche per i gargarismi: gliela rifilo a Giannetto “palato di stagno”, che tanto lui butta giù qualunque porcheria, purché sia alcolica»; «Un paio di pantofole, un pigiama, una vestaglia da camera…, oh…, ma cos’è, il kit del perfetto lungodegente? Via, via…, riciclare…»; «Ecco, ci mancava anche il cane di maiolica…, ma si può? Questo finisce dritto dritto nel giardino di Alduccio: accanto ai nani e a Biancaneve farà un figurone!». Qualche anno fa partecipai ad una festa di amici: c’erano tanti invitati e ci trovavamo in montagna per trascorrere alcuni giorni, tra camminate per i boschi e gustose mangiate di canederli e gulasch. Era il ponte dell’Immacolata. Ognuno di noi aveva portato un dono impacchettato da scambiare con gli altri partecipanti e l’ultima sera ci fu una sorta di tremendo sorteggione per la distribuzione dei regali. A me capitò un completo guanti-sciarpa di lana che, tutto sommato, andava alla pari con ciò che avevo portato io, vale a dire un’elegante fusciacca. Alla mia amica Alessandra invece capitò un oggetto che non la soddisfece del tutto. E così, astuta come una volpacchiotta dell’alto lario, mi propose uno scambio ulteriore tra di noi. Vuoi perché ero sbronzo marcio, vuoi perché non sono mai stato troppo attaccato al voluttuario, accettai senza neanche sapere cosa fosse l’oggetto del baratto. Quando però, quale frutto dell’insano smercio, ricevetti tra le mani una bambola di pezza fatta con degli strofinacci, reagii con una certa qual volgarità. E non contento, nottetempo, sgattaiolai fuori dalla mia camera e procedetti all’impiccagione sommaria della bambola stessa, nel corridoi centrale del terzo piano dell’albergo. Il mattino seguente fui quasi linciato dai clienti, indignati per quel gesto sconsiderato. Che se solo costoro avessero saputo che anni dopo, l’artista Maurizio Cattelan avrebbe impiccato non uno, ma ben tre bambolotti in Piazza XXIV Maggio a Milano, forse mi avrebbero dedicato un applauso di profonda stima. Ma così purtroppo vanno le cose della vita. E quindi da quel giorno, nel profondo del mio animo, ho sempre provato grande turbamento per quell’onta, soprattutto pensando al dispiacere che il mio gesto aveva provocato in colui che aveva regalato quella bambola. Qualche tempo fa ho ricominciato a sentire via mail una ragazza che quell’anno era in montagna con me. Una ragazza che mi aveva colpito molto in quei giorni e che, nonostante i miei sforzi, non ero riuscito più a rintracciare. Ed ecco un breve, sorprendente estratto delle conversazioni:
«È strana questa faccenda, sai. In fondo ti ho vista solo una volta, eppure mi sei rimasta dentro. Non so perché, alle volte me lo chiedo. Forse perché in te c’ho visto qualcosa di speciale, di raro […]. Io spero che un giorno tu possa tornare a guardare questo nostro disgraziatissimo paese con occhi diversi. E non ultimo mi auguro un giorno di poterti rivedere…! Un abbraccio forte, fortissimo da toglierti il fiato».
«Che parole! E io che pensavo che mi avessi bocciata dopo aver ricevuto in regalo la mia bambola di strofinacci! [...]».
«No, davvero era tua la bambola di pezza…? Ecco svelato uno dei misteri più arcani della mia esistenza…! E io sbronzo come un ubriacone da bar che lanciavo il tuo regalo da una parte all’altra del tavolo insultandolo. Ora sono triste».
«Non essere triste per la bambola di strofinacci: esiste ancora un particolare che non conosci ancora e che completerà degnamente la storia… La bambola era un regalo riciclato! E non mi ricordo nemmeno da parte di chi fosse!».
«Quindi la bambola era un regalo riciclato…! Oddio, e non ti ricordi neanche chi te l’avesse regalata…! E io che per anni ho avuto manie di persecuzione, miraggi, palpitazioni, feroci extra-sistole… ogni volta che pensavo a quella situazione…! Da non credere....! Va beh, allora se non era una bambola a cui tenevi particolarmente, posso ricominciare a dormire sonni tranquilli… Grazie, grazie davvero tesoro…!».
«Si, si tranquillo: anzi, quand’è che rifacciamo una festicciola come quella? Ho di là un sacco di altra roba di cui liberarmi…».

Ecco, appunto.

Nessun commento:

Posta un commento